La storiella che
racconterò fa parte di uno dei tanti pomeriggi
invernali che giovani e meno giovani
trascorrevano a Telese. Lo scenario è ,come
quasi sempre, lo storico
“dopolavoro” diventato
poi, all’epoca dei fatti,
“’o Bar ‘e
Cleonice”.
Sono le
due del pomeriggio e già ci sono dei tavolini
occupati da persone di una certa età che giocano
a scala quaranta:
Pietro Spigone,
Isidoro Verrillo-mio zio e altre persone
di cui ricordo molto bene la fisionomia ma non
più il nome.
In un'altro tavolo noi
ragazzi: Pasquale Iorio, Pasquale Vaporieri,
Michele Casbarre, a giocare a scala o a
calabresella. Più in la al bigliardo
qualcuno gioca a boccetta o a bazzica.
Il tempo scorre lentamente
il bar comincia a riempirsi di nuovi avventori e
tanto fumo, il silenzio viene interrotto
dalla voce stridula di Cleonice che ci ricorda
di fare qualche consumazione di tanto in tanto
con il consueto, simpatico invito:
Guagliù, nun v'affullate....a
uno a vòta!
Verso le cinque del
pomeriggio, quando il bar è già abbastanza
pieno, quasi contemporaneamente arrivano Nicola
Sparano e Pasquale Viola. Si cominciano a
stuzzicare come dei pugili prima di un mach
importante, il bigliardo rimane libero in pochi
minuti , senza neanche la necessità di essere
reclamato, e i due contendenti cominciano,
sempre istigandosi l'un l'altro, a far scorrere
le palline della boccetta per scaldarsi un pò e
provare il campo di gioco.
Una volta raggiunto l'accordo
sulla posta in palio, diecimila a partita ed
eventualmente la bella da venti, comincia la
serie di partite.
Un misterioso silenzio, rotto
solo dal rumore delle palline che schioccavano,
cala nella sala , i commenti del pubblico sui
vari tiri vengono fatti sotto voce, mentre
i contendenti continuano a stuzzicarsi in modo
fine e canzonatorio ma senza mai trascendere
anzi a volte facendosi anche degli apprezzamenti
quando un bel tiro produceva un buon risultato
tra gli applausi del pubblico. Io ci
vedevo una certa nobiltà in tutto questo.
Ad un
certo punto della partita Pasquale Viola
tenta un tiro magistrale , tre sponde ad
effetto, il tiro riesce ma non produce il
risultato desiderato allora cominciano i
commenti di Pasquale che ,borbottando come una
pentola di fagioli, cerca di attribuire il
mancato risultato alla malasorte piuttosto che
al colpo di tosse "ncopp’’a
menata" di
qualche spettatore o ad un poco di cenere di
sigaretta fatta cadere maldestramente sul panno
verde.
Intanto
Nicola si prepara al tiro e commenta le scuse di
Pasquale con un pesante:
Quanno uno nun sape jucà,
va
truvanno pelée"
e sferra un ancora più potente sfaccio da cui
viene fuori un filotto perfetto che chiude la
partita a favore suo che ad alta voce tuona
:" ‘a peléa va sempe arèta a chilli ch’anno péleàto!, raccoglie la
posta in gioco, paga da bere a tutti e sene va.
Non so se questa storia vi è
piaciuta, ma a me è rimasta impressa nella
mente per circa quarantacinque anni ed ho voluto
ricordarla a quelli che erano presenti e
condividerla con tutti quelli che ci leggono su
Vivitelese.
Pasquale
Vaporieri
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