23 marzo 2009
'O Cetrulo
Riccardo Affinito

 

 

Ho già avuto modo di sottolineare in altri miei racconti, come le Terme di Telese fossero il grande scenario nel quale nascevano, si consumavano e morivano la maggior parte delle storie d’amore del circondario, specialmente quelle cosiddette “ estive”.

 

So che a volte le cose che si raccontano del passato potrebbero sembrare alquanto esagerate; eppure ricordo che una volta, nell’ambito di un incontro diocesano che si tenne a Cerreto Sannita, fu il Vescovo in persona a denunziare a tutti i giovani cattolici della Valle Telesina che la maggior parte dei peccati contro il 6° comandamento avvenivano nelle Terme di Telese ed esortò i giovani cattolici telesini a vigilare. Come raccomandare le pecore al lupo. Evidentemente il Vescovo non sapeva, che da questo punto di vista,  noi giovani cattolici telesini eravamo  “i peggio”.

 

Con questa premessa, voglio raccontare un aneddoto che riguarda uno dei più agguerriti

“ sciupafemmene”, che imperversava nelle terme negli anni sessanta, un noto avvocato di Solopaca con una spiccata attitudine alla bella vita, uno scialacquatore puro che dal punto di vista del divertimento, “ nun se faceva mancà niente”.

 

Eravamo agli inizi degli anni 60. In quei tempi, nelle terme c’erano due piste da ballo: Una più piccola e più illuminata alla destra del bar, guardandolo di fronte, frequentata prevalentemente “dall’alta società” ed un’altra più grande posizionata alla sinistra del bar  frequentata, prevalentemente, “dalla media e piccola borghesia”.

Quest’ultima era delimitata, nella parte più alta, da un muretto nel quale erano posizionate le famose luci psichedeliche che diffondevano una complice penombra.

 

Una sera eravamo seduti, come di consueto, sul muretto e, come di consueto, sbirciavamo tutt’intorno per scovare qualche ragazza da invitare a ballare. Il noto avvocato stava ballando con una ragazza di Foggia e quando il ballo finì, ritornò al muretto alquanto contrariato.

 

Quando gli chiedemmo le ragioni del suo disappunto, rispose:

 

-          Sta’ scema n’ce vò stà. Chiù ll‘astrégno, e cchiù chella se scosta. Ma dimanassera ‘a sistemo i’, me metto nu’ cetrulo dint’’a sacca, e po’ vedimmo.

 

 Allora noi obiettammo:

 

-          Ma si te mitte nu’ cetrulo dint’’a sacca, ‘a guagliòna se scosta cchiù assaje.

 

      -     E no! Pecché chella sente che a ccà è tuosto, e se vớtta a llà…e i’ llà ‘aspetto!

 

 

                                                                                                Riccardo Affinito      

 

 

     

  Il Cantastorie  Riccardo Affinito


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