22 febbraio 2004
Carnevale 2004 e storia del paese
da Repubblica.it - 22 febbraio 2004

 

 

PAOLO RUSSO

AMOROSI - Festa, farina e bagliori di antiche guerre. Il vecchio campanile domina un paesino mite e accogliente, anche se qui, per per mille anni, ai banchetti si sono alternate le battaglie. I marchesi contro i loro coloni. I baroni contro i capipopolo, fino all´ultimo colpo d´archibugio. La pace la portavano le stagioni ricche di grano e di vino. A luglio e a novembre il raccolto e il mosto placavano ogni ardore almeno fino al Carnevale successivo, giorno di penitenza, ma come un esorcismo della natura, anche di liberazione e quindi, di festa. Piccolo e placido, anche se un tempo sfrenato, Amorosi anche quest´anno si trasforma in paese dei balocchi. E si mette in maschera con 12 carri allegorici che sfilano tra vecchi granai, nella grande piazza che raccoglie in un pugno tutti i vicoli che sfiorano le case basse dai tetti in cotto. C´è ancora molto di quanto accadeva mille anni fa. Di sicuro la festa del Carnevale, che con orgoglio qui dicono «è il più bello e importante del Sannio», riporta Amorosi indietro di secoli, e offre uno spettacolo che val la pena scoprire. Da domani a martedì.

La storia del paese. L'amore non c'entra. Amorosi è il sigillo di una famiglia longobarda, che ebbe in possesso un territorio chiamato prima «casalis Amorusii», poi «castrum Amorusii», infine Amorosi. Data di nascita intorno all´anno mille. Il paese fu «proprietà» di principi, marchesi e baroni. Nel 1734 vi si fermò, ospite dei Caracciolo, Carlo di Borbone, che veniva alla conquista del Regno di Napoli. Il principe vi ricevette la promessa di fedeltà e di resa dal legale rappresentante della città di Napoli.

La città-mercato. Nella seconda metà dell´Ottocento, con l´abbattimento di buona parte dell´antico borgo feudale e la costruzione di una bella, ampia e simmetrica piazza, oggi alberata, Amorosi assunse un aspetto più aperto e moderno. Un monsignore dell´epoca non esitò a chiamarla «commerciante cittaduzza». Da allora divenne infatti un grande mercato, sede di fiere stagionali e di baratti. Senza intermediari, in una filiera «biologica» che ancora oggi non si è spezzata: direttamente dai campi alla tavola i prodotti dei campi, il vino e l´olio.

 

 

 

     

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