19 giugno 2007
Cerreto, dibattito sulla nuova piazza S.Martino
Giovanni Pio Marenna

 

 

Aperto il dibattito sulla nuova piazza. Pareri a confronto di architetti e storici.

L’arch. Nicola Ciaburri boccia la piazza: “Un disastro”.

Lo storico Pescitelli la promuove: “Gli elementi accessori non rovinano il contesto complessivo.

 

Si accende il dibattito intorno alla nuova piazza San Martino, soprattutto per via delle differenze rispetto al progetto originario finanziato. Difende il progetto, e d’altronde non poteva essere diversamente, uno dei due direttori dei lavori, l’arch. Luigia Massarelli: “Che io esalti l’importanza storica ed architettonica che ha piazza San Martino sarebbe superfluo e riduttivo. Lascio questo argomento ad altri. Per quanto riguarda i lavori di recupero della piazza dico, invece, di non soffermarsi solo sulle polemiche sterili sulle panchine senza schienale, sugli scalini e sulle mattonelle. E’ giusto che ognuno eserciti il proprio diritto di critica, però non ci si soffermi solo sulle polemiche. Si pensi anche all’ingente lavoro fatto dagli operai, al grosso impegno di spesa, ai due finanziamenti ottenuti, alle due gare d’appalto effettuate (una per la ristrutturazione della piazza e un’altra per la sua illuminazione), alle due imprese che hanno lavorato, al milione di euro speso in soli 10 mesi. Il tutto senza sforare nei tempi e nei soldi: un caso raro in Italia in materia di lavori pubblici. Il tutto con una grande collaborazione ed umiltà da parte di tutti gli addetti ai lavori. Pensiamo a questo e non alle polemiche sterili. Questa nuova piazza deve essere un vanto per i cerretesi. Essi devono essere orgogliosi di avere una piazza, che viene invidiata dai paesi limitrofi.

 

Tutte le scelte e le varianti fatte – continua Massarelli – sono state avallate dall’autorizzazione degli organi preposti (Regione Campania e Soprintendenza). Esprimo piena soddisfazione per il risultato finale ottenuto”. Il direttore dei lavori, poi, sente il bisogno di precisare alcune cose. “Il concetto di spazialità, presente nel progetto di Morone, non è stato ridimensionato, ma ampliato. Gli scalini seguono l’assetto naturale della piazza. L’altezza e lo spessore dei quattro pali dell’illuminazione non potevano essere diversi da come sono. Così come la loro disposizione all’interno della piazza. Infine le fontane, presenti nel progetto di Morone, sono state tolte perché all’Amministrazione non sono piaciute, in quanto potevano diventare un ricettacolo di rifiuti. Inoltre la Soprintendenza ha sostenuto che due fontane moderne avrebbero stonato con l’ottocentesca Fontana dei Delfini. Ripeto: tutto ciò che riguarda le scelte di piazza San Martino è stato avallato dagli organi preposti”.

 

L’arch. Nicola Ciaburri, invece, boccia la nuova piazza: “Sono rimasto scandalizzato e fuori dai panni perché l’amministrazione ha dato più importanza all’inaugurazione dell’illuminazione piuttosto che alla nuova piazza. E’ come se si andasse alla Reggia di Caserta per andare a vedere un lampadario. Non tutti hanno capito che l’architettura di Cerreto è unica e senza eguali. Perciò è essa che andrebbe esaltata come merita e non l’illuminazione (che non giudico perché non ho avuto modo di vederla ed anche perché comunque è un fatto accessorio). Evidentemente l’illuminazione è servita a coprire i numerosi errori della piazza. La piazza – dichiara Ciaburri – per com’è stata realizzata, è un disastro. Anzitutto è un disastro perché, essendo orfana di chi l’ha progettata, non ha subito il naturale processo di adattamento che solo l’ideatore del progetto può controllare in maniera proficua. Oltretutto il progettista Morone è noto come persona attenta e soprattutto carico di passione per l’architettura e per Cerreto. E’ un disastro perché gli accessi creati sono pericolosi.

 

Da quando faccio l’architetto è la prima volta che vedo delle scale fatte così male. Sono di una pericolosità impressionante per chi le percorre. E’ un disastro perché i particolari costruttivi lasciano molto a desiderare. Ricapitolando: l’errore primario è stato commesso relativamente al concetto spaziale di piazza; gli altri errori secondari sono stati compiuti sugli accessi, sugli arredi urbani e su tutto il resto. Per tutti questi motivi, il mio giudizio sulla nuova piazza San Martino è completamente negativo. Ed è negativo anche alla luce del fatto che, anche qualora fosse stata costruita una piazza stupenda con un’illuminazione ineccepibile, è sconcertante e inconcepibile che un’Amministrazione Comunale abbia messo in risalto più l’illuminazione che la piazza, la quale, bella o brutta che sia, è comunque il fulcro della nostra cittadina”.

 

Nel sottolineare gli aspetti negativi della piazza, l’arch. Vincenzo Ciaburri pone due domande: “La piazza, con le sue suppellettili aggiunte, esprime l’identità di chi l’ha voluta, rompendo qualsiasi lessico architettonico che identifica la specificità di uno spazio urbano concepito nel periodo dei lumi. I verticalismi accessori sembrano ripercorrere le necessità espressive dei totalitarismi più assoluti. Le ispirazioni metropolitane degli ingressi agli ipogei infrastrutturati sembrano offrire al visitatore il senso del non compiuto. Concludendo. A cosa servono le deduzioni di encomiabili studiosi dell’architettura, che tanto si sono prodigati per individuare il giusto modo per gli interventi nei tessuti storici di pregio? Penso al libro di Roberto Pane sul rapporto tra nuovo e antico, in cui è definito il senso dell’inserimento di un intervento moderno in un tessuto di pregio monumentale. A cosa serve studiare questi encomiabili studiosi, se poi il tutto è subordinato ad un’interpretazione effimera? Provo grandissimo dolore nel constatare che i valori delle identità culturali vengano cancellati da esercizi di potere. E poi ci sarà sempre qualcuno che pagherà: il famoso Pantalone!”.

L’arch. Nicoletta Festa, invece, approva l’idea di unificare le due piazze. “La piazza nel corso del XVII secolo (arte Barocca) assume un aspetto monumentale e viene pensata in stretto rapporto con le facciate di chiese e palazzi privati, il nuovo linguaggio deve coinvolgere emotivamente l’osservatore e deve essere capace di meravigliare, non a caso l’Arte Barocca fu anche detta l’Arte della Meraviglia”. Nella sistemazione di Piazza San Martino ritrovo i principi che caratterizzarono il linguaggio architettonico del Barocco; non voglio entrare nel merito delle scelte progettuali effettuate dai tecnici che si sono occupati dell’intervento, come il disegno della pavimentazione, l’uso dei materiali, gli elementi di arredo urbano, ecc., che sono comunque scelte soggettive. Voglio affermare che condivido l’idea progettuale di unificare i due spazi che precedentemente esistevano e il recupero del rapporto con le facciate degli edifici concepiti come scenario urbano (Quinte Sceniche). Per quanto riguarda – conclude Festa – l’illuminazione della piazza, ritengo che sia stato interpretato pienamente lo spirito di coinvolgimento e di meraviglia che si deve provare quando si ci trova al cospetto di spazi barocchi”.

E se l’arch. Raffaele Moccia preferisce non entrare nel merito della valutazione, gli architetti Umberto Di Crosta e Giovanna Masella affermano di non poter esprimere alcun parere perché, al momento in cui sono stati contattati da questo giornale (qualche giorno dopo l’inaugurazione), non avevano ancora potuto osservare la piazza nella sua interezza, comprensiva dell’illuminazione serale.

I due storici di Cerreto Sannita Renato Pescitelli e don Nicola Vigliotti promuovono all’unisono la nuova piazza. Per il primo “la piazza va bene. Gli elementi accessori (come, ad esempio, i passamano) non rovinano il contesto complessivo della nuova piazza perché, appunto, sono solo elementi accessori, cioè secondari”. Secondo il preside del Liceo Classico “Luigi Sodo” di Cerreto occorrerà valorizzare principalmente il Palazzo del Genio. “Per com’è stata realizzata, la piazza è bellissima. Ci sono degli elementi (come, ed esempio, i passamano e l’illuminazione composta da tante luci colorate) che potevano (e possono) essere migliorati, ma ciò non toglie che la piazza sia magnifica. Penso che, per l’importanza culturale che ricoprirà, andrà valorizzato soprattutto il Palazzo del Genio”.

Il giornalista Billy Nuzzolillo evidenzia in particolare la “disarmonia” della piazza e la validità della decisione di chiudere la strada: “L’elemento che salta agli occhi con evidenza è l’asimmetria che si è creata nel contesto, che rende il colpo d’occhio particolare, obbrobrioso. Ci sono, poi, degli elementi discutibili, come i moderni passamano, collocabili fuori dal contesto della piazza. Va lodata, invece, la scelta di chiudere definitivamente al traffico via Isidoro Mastrobuoni, così come avevo auspicato alcuni mesi fa, creando in questo modo un unicum tra le due piazze”.

Giovanni Pio Marenna

  


 

 

Progetto originario di piazza San Martino, di come doveva essere realizzata al posto di quella attuale

 

Stravolto il progetto originario di piazza San Martino che intendeva restituire a Cerreto la piazza del ‘700.

I colori accesi di una piazza sbiadita

Blu, azzurro, verde chiaro, verde prato, giallo, rosso, sabbia, viola. Luci colorate a San Martino, anche troppe. Talmente tante che qualcuna può sfuggire. Giochi di luci colorate anche straordinari, ma molti sono inadatti: stonano nel contesto di una piazza barocca. Un tripudio di colori alternanti talmente vistoso che, talvolta, oscura il Palazzo che intende illuminare. Si avvicenderanno a seconda delle serate, delle circostanze. Basta che ciò non significhi che quando il sindaco Barbieri sarà di umore nero, il Palazzo verrà illuminato da colori scuri. Palazzo che, ribattezzato “del Genio”, è stato fatto risaltare da un’illuminazione multicolore che non è stata certo una genialata. Un’illuminazione che mette in risalto i colori accesi di una piazza sbiadita. Sbiadita, anzitutto, perché orfana dei suoi tre padri che l’hanno progettata, l’architetto Lorenzo Morone, l’ingegnere Franco Barile e il geometra Maurizio Genito, autori del progetto approvato e finanziato dal Por Campania 2000-2006. Cortesia di chi li ha “sfrattati” (ma chi sarà mai il sindaco?). Sbiadita perché il progetto originario dei tre padri è stato stravolto. “Cortesia” anche della Soprintendenza che non sempre vigila come dovrebbe. Insomma la regola numero uno della nuova piazza è stata quella di fare “piazza pulita” degli autori e di gran parte degli elementi presenti in quell’opera originaria.

Sbiadita perché ridimensionata della filosofia di fondo del progetto finanziato, riguardante due aspetti che intendevano conservare l’identità non solo di piazza San Martino, ma della stessa Cerreto Sannita: la spazialità e l’utilizzo di materiali locali. Per quanto riguarda il primo, il progetto di Morone-Barile-Genito voleva restituire ai cerretesi l’originale concezione spaziale della piazza San Martino del ‘700, presente nella progettazione scenografica di G. B. Manni, che esaltava la visuale della Collegiata di San Martino e dei Palazzi. Tale concezione è stata ridimensionata soprattutto dai quattro prominenti pali dell’illuminazione, pugno nell’occhio alla spazialità della piazza. Inoltre bisognerà vedere l’ulteriore effetto che faranno, una volta rivestiti in ceramica. Nel secondo aspetto l’esaltazione dell’identità cerretese sarebbe stata messa ancora più in evidenza da una pavimentazione composta da materiali locali come il brecciato, il cotto e la ceramica che, realizzata su refrattario, avrebbe raffigurato gli stemmi delle 32 Città della Ceramica. L’eliminazione delle mattonelle in ceramica e l’inserimento della pietra lavica (non certo un materiale locale, a meno che nel territorio cerretese, di recente, non sia stato scoperto un vulcano) hanno distorto quel concetto di identità che si voleva tutelare ed elogiare.

Una piazza sbiadita per la scelta non armoniosa delle quattro soluzioni d’angolo diverse delle scale. Sbiadita per la scelta discutibile delle moderne panchine rettangolari, senza schienale e illuminate. Quando le scomodità del moderno sono rinforzate dall’invito a nozze, in estate, per le zanzare e gli altri insetti, è difficile non restare in piedi. Le stesse identiche panchine saranno presenti anche a Bilbao (come proclamato dal sindaco), ma in un contesto (il Museo) ultramoderno e non settecentesco (praticamente una bestemmia). Sbiadita perché era prevista una rampa per i disabili che è stata “dimenticata”. Sbiadita perché i passamano (illuminati anch’essi, tanto per cambiare), in una piazza settecentesca, sono esteticamente indecenti. Sbiadita perché erano previste delle fontane ai lati, tolte per due motivi: 1) l’Amministrazione aveva paura che potessero riempirsi d’immondizia; 2) la Soprintendenza sosteneva che due fontane moderne avrebbero cozzato con la Fontana dei Delfini (detta anche di Masaniello). Se la prima motivazione fosse stata valida, altrettanto valido sarebbe il surreale sillogismo “non si costruiscono le fontane perché le sporcano” (e allora, in questo caso, lo stesso identico discorso andava fatto anche per la Fontana dei Delfini). Se la seconda motivazione fosse stata coerente, non andavano neanche lontanamente immaginati, in quel modo, elementi come le panchine, i passamano e i pali.

La chiusura al traffico di via Isidoro Mastrobuoni (per la verità, ancora provvisoria perché il sindaco ha annunciato un referendum sull’argomento), che così congiunge le due piazze in un corpo unico, è una nota positiva. Avviene dopo la prima chiusura: quella in un cassetto del progetto originario finanziato. Quello che, in realtà, avrebbe dovuto essere realizzato al posto delle tante modifiche. Che, inevitabilmente, fanno finire la piazza dietro la lavagna. Anch’essa, per l’occasione, rigorosamente luminosa ma, possibilmente, con un colore solo, please.

 

Giovanni Pio Marenna

 

 

     

 Valle Telesina


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