Aperto il dibattito sulla nuova piazza. Pareri a
confronto di architetti e storici.
L’arch. Nicola Ciaburri boccia la piazza: “Un
disastro”.
Lo
storico Pescitelli la promuove: “Gli elementi
accessori non rovinano il contesto complessivo.
Si
accende il dibattito intorno alla nuova piazza
San Martino, soprattutto per via delle
differenze rispetto al progetto originario
finanziato. Difende il progetto, e d’altronde
non poteva essere diversamente, uno dei due
direttori dei lavori, l’arch. Luigia
Massarelli: “Che io esalti l’importanza
storica ed architettonica che ha piazza San
Martino sarebbe superfluo e riduttivo. Lascio
questo argomento ad altri. Per quanto riguarda i
lavori di recupero della piazza dico, invece, di
non soffermarsi solo sulle polemiche sterili
sulle panchine senza schienale, sugli scalini e
sulle mattonelle. E’ giusto che ognuno eserciti
il proprio diritto di critica, però non ci si
soffermi solo sulle polemiche. Si pensi anche
all’ingente lavoro fatto dagli operai, al grosso
impegno di spesa, ai due finanziamenti ottenuti,
alle due gare d’appalto effettuate (una per la
ristrutturazione della piazza e un’altra per la
sua illuminazione), alle due imprese che hanno
lavorato, al milione di euro speso in soli 10
mesi. Il tutto senza sforare nei tempi e nei
soldi: un caso raro in Italia in materia di
lavori pubblici. Il tutto con una grande
collaborazione ed umiltà da parte di tutti gli
addetti ai lavori. Pensiamo a questo e non alle
polemiche sterili. Questa nuova piazza deve
essere un vanto per i cerretesi. Essi devono
essere orgogliosi di avere una piazza, che viene
invidiata dai paesi limitrofi.
Tutte le scelte e le varianti fatte – continua
Massarelli – sono state avallate
dall’autorizzazione degli organi preposti
(Regione Campania e Soprintendenza). Esprimo
piena soddisfazione per il risultato finale
ottenuto”. Il direttore dei lavori, poi, sente
il bisogno di precisare alcune cose. “Il
concetto di spazialità, presente nel progetto di
Morone, non è stato ridimensionato, ma ampliato.
Gli scalini seguono l’assetto naturale della
piazza. L’altezza e lo spessore dei quattro pali
dell’illuminazione non potevano essere diversi
da come sono. Così come la loro disposizione
all’interno della piazza. Infine le fontane,
presenti nel progetto di Morone, sono state
tolte perché all’Amministrazione non sono
piaciute, in quanto potevano diventare un
ricettacolo di rifiuti. Inoltre la
Soprintendenza ha sostenuto che due fontane
moderne avrebbero stonato con l’ottocentesca
Fontana dei Delfini. Ripeto: tutto ciò che
riguarda le scelte di piazza San Martino è stato
avallato dagli organi preposti”.
L’arch. Nicola Ciaburri, invece, boccia
la nuova piazza: “Sono rimasto scandalizzato e
fuori dai panni perché l’amministrazione ha dato
più importanza all’inaugurazione
dell’illuminazione piuttosto che alla nuova
piazza. E’ come se si andasse alla Reggia di
Caserta per andare a vedere un lampadario. Non
tutti hanno capito che l’architettura di Cerreto
è unica e senza eguali. Perciò è essa che
andrebbe esaltata come merita e non
l’illuminazione (che non giudico perché non ho
avuto modo di vederla ed anche perché comunque è
un fatto accessorio). Evidentemente
l’illuminazione è servita a coprire i numerosi
errori della piazza. La piazza – dichiara
Ciaburri – per com’è stata realizzata, è un
disastro. Anzitutto è un disastro perché,
essendo orfana di chi l’ha progettata, non ha
subito il naturale processo di adattamento che
solo l’ideatore del progetto può controllare in
maniera proficua. Oltretutto il progettista
Morone è noto come persona attenta e soprattutto
carico di passione per l’architettura e per
Cerreto. E’ un disastro perché gli accessi
creati sono pericolosi.
Da
quando faccio l’architetto è la prima volta che
vedo delle scale fatte così male. Sono di una
pericolosità impressionante per chi le percorre.
E’ un disastro perché i particolari costruttivi
lasciano molto a desiderare. Ricapitolando:
l’errore primario è stato commesso relativamente
al concetto spaziale di piazza; gli altri errori
secondari sono stati compiuti sugli accessi,
sugli arredi urbani e su tutto il resto. Per
tutti questi motivi, il mio giudizio sulla nuova
piazza San Martino è completamente negativo. Ed
è negativo anche alla luce del fatto che, anche
qualora fosse stata costruita una piazza
stupenda con un’illuminazione ineccepibile, è
sconcertante e inconcepibile che
un’Amministrazione Comunale abbia messo in
risalto più l’illuminazione che la piazza, la
quale, bella o brutta che sia, è comunque il
fulcro della nostra cittadina”.
Nel sottolineare gli aspetti negativi della
piazza, l’arch. Vincenzo Ciaburri pone
due domande: “La piazza, con le sue
suppellettili aggiunte, esprime l’identità di
chi l’ha voluta, rompendo qualsiasi lessico
architettonico che identifica la specificità di
uno spazio urbano concepito nel periodo dei
lumi. I verticalismi accessori sembrano
ripercorrere le necessità espressive dei
totalitarismi più assoluti. Le ispirazioni
metropolitane degli ingressi agli ipogei
infrastrutturati sembrano offrire al visitatore
il senso del non compiuto. Concludendo. A cosa
servono le deduzioni di encomiabili studiosi
dell’architettura, che tanto si sono prodigati
per individuare il giusto modo per gli
interventi nei tessuti storici di pregio? Penso
al libro di Roberto Pane sul rapporto tra nuovo
e antico, in cui è definito il senso
dell’inserimento di un intervento moderno in un
tessuto di pregio monumentale. A cosa serve
studiare questi encomiabili studiosi, se poi il
tutto è subordinato ad un’interpretazione
effimera? Provo grandissimo dolore nel
constatare che i valori delle identità culturali
vengano cancellati da esercizi di potere. E poi
ci sarà sempre qualcuno che pagherà: il famoso
Pantalone!”.
L’arch. Nicoletta Festa, invece, approva
l’idea di unificare le due piazze. “La piazza
nel corso del XVII secolo (arte Barocca) assume
un aspetto monumentale e viene pensata in
stretto rapporto con le facciate di chiese e
palazzi privati, il nuovo linguaggio deve
coinvolgere emotivamente l’osservatore e deve
essere capace di meravigliare, non a caso l’Arte
Barocca fu anche detta l’Arte della Meraviglia”.
Nella sistemazione di Piazza San Martino ritrovo
i principi che caratterizzarono il linguaggio
architettonico del Barocco; non voglio entrare
nel merito delle scelte progettuali effettuate
dai tecnici che si sono occupati
dell’intervento, come il disegno della
pavimentazione, l’uso dei materiali, gli
elementi di arredo urbano, ecc., che sono
comunque scelte soggettive. Voglio affermare che
condivido l’idea progettuale di unificare i due
spazi che precedentemente esistevano e il
recupero del rapporto con le facciate degli
edifici concepiti come scenario urbano (Quinte
Sceniche). Per quanto riguarda – conclude Festa
– l’illuminazione della piazza, ritengo che sia
stato interpretato pienamente lo spirito di
coinvolgimento e di meraviglia che si deve
provare quando si ci trova al cospetto di spazi
barocchi”.
E
se l’arch. Raffaele Moccia
preferisce non entrare nel merito della
valutazione, gli architetti Umberto Di Crosta
e Giovanna Masella affermano di non poter
esprimere alcun parere perché, al momento in cui
sono stati contattati da questo giornale
(qualche giorno dopo l’inaugurazione), non
avevano ancora potuto osservare la piazza nella
sua interezza, comprensiva dell’illuminazione
serale.
I
due storici di Cerreto Sannita Renato
Pescitelli e don Nicola Vigliotti
promuovono all’unisono la nuova piazza.
Per il primo “la piazza va bene. Gli elementi
accessori (come, ad esempio, i passamano) non
rovinano il contesto complessivo della nuova
piazza perché, appunto, sono solo elementi
accessori, cioè secondari”. Secondo il preside
del Liceo Classico “Luigi Sodo” di Cerreto
occorrerà valorizzare principalmente il Palazzo
del Genio. “Per com’è stata realizzata, la
piazza è bellissima. Ci sono degli elementi
(come, ed esempio, i passamano e l’illuminazione
composta da tante luci colorate) che potevano (e
possono) essere migliorati, ma ciò non toglie
che la piazza sia magnifica. Penso che, per
l’importanza culturale che ricoprirà, andrà
valorizzato soprattutto il Palazzo del Genio”.
Il
giornalista Billy Nuzzolillo evidenzia in
particolare la “disarmonia” della piazza e la
validità della decisione di chiudere la strada:
“L’elemento che salta agli occhi con evidenza è
l’asimmetria che si è creata nel contesto, che
rende il colpo d’occhio particolare,
obbrobrioso. Ci sono, poi, degli elementi
discutibili, come i moderni passamano,
collocabili fuori dal contesto della piazza. Va
lodata, invece, la scelta di chiudere
definitivamente al traffico via Isidoro
Mastrobuoni, così come avevo auspicato alcuni
mesi fa, creando in questo modo un unicum
tra le due piazze”.
Giovanni Pio Marenna
Progetto
originario di piazza San Martino, di come doveva
essere realizzata al posto di quella attuale
Stravolto il progetto originario di piazza San
Martino che intendeva restituire a Cerreto la
piazza del ‘700.
I
colori accesi di una piazza sbiadita
Blu, azzurro, verde chiaro, verde prato, giallo,
rosso, sabbia, viola. Luci colorate a San
Martino, anche troppe. Talmente tante che
qualcuna può sfuggire. Giochi di luci colorate
anche straordinari, ma molti sono inadatti:
stonano nel contesto di una piazza barocca. Un
tripudio di colori alternanti talmente vistoso
che, talvolta, oscura il Palazzo che intende
illuminare. Si avvicenderanno a seconda delle
serate, delle circostanze. Basta che ciò non
significhi che quando il sindaco Barbieri sarà
di umore nero, il Palazzo verrà illuminato da
colori scuri. Palazzo che, ribattezzato “del
Genio”, è stato fatto risaltare da
un’illuminazione multicolore che non è stata
certo una genialata. Un’illuminazione che mette
in risalto i colori accesi di una piazza
sbiadita. Sbiadita, anzitutto, perché orfana dei
suoi tre padri che l’hanno progettata,
l’architetto Lorenzo Morone, l’ingegnere Franco
Barile e il geometra Maurizio Genito, autori del
progetto approvato e finanziato dal Por Campania
2000-2006. Cortesia di chi li ha “sfrattati” (ma
chi sarà mai il sindaco?). Sbiadita perché il
progetto originario dei tre padri è stato
stravolto. “Cortesia” anche della Soprintendenza
che non sempre vigila come dovrebbe. Insomma la
regola numero uno della nuova piazza è stata
quella di fare “piazza pulita” degli autori e di
gran parte degli elementi presenti in
quell’opera originaria.
Sbiadita perché ridimensionata della filosofia
di fondo del progetto finanziato, riguardante
due aspetti che intendevano conservare
l’identità non solo di piazza San Martino, ma
della stessa Cerreto Sannita: la spazialità e
l’utilizzo di materiali locali. Per quanto
riguarda il primo, il progetto di
Morone-Barile-Genito voleva restituire ai
cerretesi l’originale concezione spaziale della
piazza San Martino del ‘700, presente nella
progettazione scenografica di G. B. Manni, che
esaltava la visuale della Collegiata di San
Martino e dei Palazzi. Tale concezione è stata
ridimensionata soprattutto dai quattro
prominenti pali dell’illuminazione, pugno
nell’occhio alla spazialità della piazza.
Inoltre bisognerà vedere l’ulteriore effetto che
faranno, una volta rivestiti in ceramica. Nel
secondo aspetto l’esaltazione dell’identità
cerretese sarebbe stata messa ancora più in
evidenza da una pavimentazione composta da
materiali locali come il brecciato, il cotto e
la ceramica che, realizzata su refrattario,
avrebbe raffigurato gli stemmi delle 32 Città
della Ceramica. L’eliminazione delle mattonelle
in ceramica e l’inserimento della pietra lavica
(non certo un materiale locale, a meno che nel
territorio cerretese, di recente, non sia stato
scoperto un vulcano) hanno distorto quel
concetto di identità che si voleva tutelare ed
elogiare.
Una piazza sbiadita per la scelta non armoniosa
delle quattro soluzioni d’angolo diverse delle
scale. Sbiadita per la scelta discutibile delle
moderne panchine rettangolari, senza schienale e
illuminate. Quando le scomodità del moderno sono
rinforzate dall’invito a nozze, in estate, per
le zanzare e gli altri insetti, è difficile non
restare in piedi. Le stesse identiche panchine
saranno presenti anche a Bilbao (come proclamato
dal sindaco), ma in un contesto (il Museo)
ultramoderno e non settecentesco (praticamente
una bestemmia). Sbiadita perché era prevista una
rampa per i disabili che è stata “dimenticata”.
Sbiadita perché i passamano (illuminati
anch’essi, tanto per cambiare), in una piazza
settecentesca, sono esteticamente indecenti.
Sbiadita perché erano previste delle fontane ai
lati, tolte per due motivi: 1) l’Amministrazione
aveva paura che potessero riempirsi
d’immondizia; 2) la Soprintendenza sosteneva che
due fontane moderne avrebbero cozzato con la
Fontana dei Delfini (detta anche di
Masaniello). Se la prima motivazione fosse
stata valida, altrettanto valido sarebbe il
surreale sillogismo “non si costruiscono le
fontane perché le sporcano” (e allora, in questo
caso, lo stesso identico discorso andava fatto
anche per la Fontana dei Delfini). Se la seconda
motivazione fosse stata coerente, non andavano
neanche lontanamente immaginati, in quel modo,
elementi come le panchine, i passamano e i pali.
La
chiusura al traffico di via Isidoro Mastrobuoni
(per la verità, ancora provvisoria perché il
sindaco ha annunciato un referendum
sull’argomento), che così congiunge le due
piazze in un corpo unico, è una nota positiva.
Avviene dopo la prima chiusura: quella in un
cassetto del progetto originario finanziato.
Quello che, in realtà, avrebbe dovuto essere
realizzato al posto delle tante modifiche. Che,
inevitabilmente, fanno finire la piazza dietro
la lavagna. Anch’essa, per l’occasione,
rigorosamente luminosa ma, possibilmente, con un
colore solo, please.
Giovanni Pio Marenna
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