22 luglio 2007
Biomasse, gli inceneritori truccati
fonte: http://www.manduriavas.it/gli_inceneritori_truccati1.htm

 

 

Verdi Ambiente e Società - ONLUS,

è un'associazione ambientalista nata nel 1991 per essere un soggetto attivo nelle strategie nazionali ed internazionali sui diritti ambientali.

Nel servizio si parla di:

Cos'e' un termovalorizzatore a biomassa

Come si prende in giro la gente:

Inceneritori truccati >>> servizio completo

 


Estratto:

Cosa succede nella realta':

  • esempio n. 1

A PROPOSITO DI INCENERITORI-TERMOVALORIZZATORI
L'Unione Europea boccia l'inceneritore di Brescia


La Comunità Europea ha messo in mora l’inceneritore di Brescia, quello che viene proposto come esempio per il futuro inceneritore, o termovalorizzatore come pomposamente lo chiamano, di Rivalta Scrivia.
Il motivo?


Per assicurarsi maggiore snellezza burocratica la ASM (Azienda Servizi Municipali) aveva assicurato che sarebbero state bruciate solo biomasse, cioè materiale organico, costruendo a tal fine un separatore nella vasca di raccolta dei rifiuti.


Invece all’inceneritore sono arrivati da tutta Italia soprattutto rifiuti speciali, in particolare pulper di cartiera proveniente dalla lavorazione della carta da riciclo, rifiuti industriali e agroindustriali.


Ora naturalmente la ASM giurerà che si è trattato di un disguido, e che in futuro si atterrà alle normative, almeno fino alla prossima messa in mora, ma ribadirà che, visto che l’inceneritore ormai c’è, bisogna pur continuare a farlo funzionare.


Le previsioni che le associazioni ecologiste avevano fatto si sono avverate:
• l’impianto di Brescia era stato costruito per soddisfare le esigenze della provincia, 500.000 tonnellate annue, ed è stato poi ampliato per raggiungere le 750.000 annue, con previsione di ulteriori aumenti se gli affari vanno bene;
• pur di farlo funzionare a tempo pieno si è finito per incenerire qualunque rifiuto, soprattutto quelli che danno un maggior guadagno;
• Brescia è diventata una città con una delle più elevate contaminazioni al mondo da PCB e diossine;
• le casse della ASM (privatizzata) si sono arricchite, la salute dei cittadini si è impoverita..


A Tortona siamo ancora in tempo!


I nostri amministratori, avevano preso Brescia come modello per la trattazione dei rifiuti, a partire dall’inceneritore per finire alla privatizzazione della ASMT (non è un mistero che la ASM di Brescia sia interessata all’acquisto o a qualche forma di partecipazione).


Ora, mostrando un po’ di umiltà, ci ripensino e accettino di discutere delle altre modalità di trattamento dei rifiuti che, nella loro completa indifferenza, da tempo stiamo loro proponendo.


A proposito, lo studio commissionato alle università sulla localizzazione dell’inceneritore è misteriosamente secretato da più di un anno; che cosa non si vuol far sapere ai cittadini?

 

Comitato contro l’inceneritore di Tortona
 

 

  •  esempio n.2

Produrre basilico biologico per bruciare rifiuti

La società BioAgri-Energia Srl ha chiesto l’autorizzazione per la produzione biologica di basilico. Sì: b.a.s.i.l.i.c.o. Tale coltivazione sarà fatta in serre “alla cui illuminazione artificiale e al cui riscaldamento si provvede(rà) mediante l’utilizzo di una centrale di cogenerazione alimentata a biomassa”.

 

Molto pomposa e deviante la dizione utilizzata dalla società nel suo progetto, ma si tratta di un inceneritore che verrà alimentato  “principalmente”  con  “residui di lavorazione delle industrie agroalimentari” e con materiale derivante da “pulizia dei boschi e difesa idrogeologica dei fiumi e delle coste” (?) per produrre energia elettrica, calore e vapore che dovrebbero essere utilizzati solo per le serre.La giunta provinciale ha autorizzato, il 30 dicembre 2003, la realizzazione, a Mulazzo, di questo micidiale inceneritore mascherato da attività ecologica.

 

Un inceneritore mascherato

Il progetto, presentato dalla società alla provincia, per le autorizzazioni, è particolareggiatissimo sui metodi per coltivare, mettere in vaso, umidificare, commercializzare, mettere a dimora il basilico; si dilunga su come devono essere gli impianti delle serre, le opere infrastrutturali, gli impianti associati, le capriate, i pali, i canali, le testate, la copertura, la tamponatura, i divisori interni, la linea di smaltimento delle acque, la posa in opera del pavimento, l’impianto di ombreggiamento, quello di irrigazione automatizzato, gli ugelli di regolazione completi di antigoccia, ecc. (l’elenco continua per decine di pagine), ma quando si arriva a parlare della “Centrale di cogenerazione a biomasse da 5 Mwe”, stranamente, domina la reticenza. Al posto della relazione, alcune pagine di brevi slogan a caratteri cubitali e disegni elementari dell’impianto; specchietti per le allodole.

 

Ma c’è una parola che svela il trucco degli slogan utilizzati per far credere che verranno bruciati solo legna, foglie secche e sfalci di prato: non si dice infatti che la Centrale verrà alimentata solo a biomasse, ma “principalmente” a biomasse. Cosa significa “principalmente”? Che in realtà l’impianto può essere alimentato anche con altri combustibili. Quali? Moltissimi, dagli oli pesanti alle bricchette, tanto per essere spicci. Già un inceneritore a biomasse inquina molto. Chi ha un camino in casa, sa quanto fumo e nerofumo produca. Una centrale di questo genere ne produrrà, ovviamente, in quantità industriali, anche se si tenterà di minimizzare, dicendo che, raggiungendo temperature molto più alte di un normale camino o di una stufa a legna, la sua combustione sarà molto più radicale.

 

Il business di operazioni come questa non sta affatto nel bruciare biomasse, di difficile reperimento e costose per la movimentazione, lo stoccaggio e il trattamento che richiedono, oltre che, spesso, di scarso potere calorifico. Non va dimenticato che il grosso inceneritore del Pollino, a Pietrasanta, è stato autorizzato e collaudato come inceneritore a biomasse, ma, non essendoci le biomasse a disposizione (guarda caso!), oggi brucia rifiuti sotto forma di cdr (l’equivalente sfuso delle bricchette) prodotto dall’impianto di Gallicano a Massarosa. Dove saranno finiti i Paladini della Versilia? Un grosso inceneritore a Pietrasanta, altri più piccoli sparsi nella provincia, l’impianti di bricchettaggio ad Avenza, ma loro, intrepidi, pensano al porticciolo turistico. Forse per non polemizzare con la giunta  di destra di  Pietrasanta?

 

 “Principalmente” biologico

E’ qui che entra in gioco il “principalmente”: se non si troveranno nel mercato le biomasse, la centrale verrà alimentata con qualcosa d’altro. E siccome in provincia ci saranno, tra poco, ben due impianti di bricchettaggio, di cui uno, quello di Albiano, da 90.000 tonnellate annue, finirà che il basilico (rigorosamente biologico) verrà fatto crescere con l’energia, il calore e il vapore prodotto con le bricchette.

 

Questi piccoli inceneritori sono solo l‘avanguardia di impianti molto più grandi. Per Avenza, una società genovese aveva proposto, già nel ‘98/’99, la realizzazione di una centrale (da 400 Mwe) a biomasse, per produrre energia elettrica e vapore. Impensabile reperire in provincia la quantità enorme di biomasse che un tale inceneritore avrebbe richiesto. Facile prevedere che, una volta entrato in funzione, avrebbe ottenuto, per mancanza di biomasse, l’autorizzazione e bruciare altri combustibili rinnovabili, come le nocive e poco costose bricchette, rigorosamente  antibiologiche.

 

 E se manca il biologico?

Bricchette

Niente vieta perciò che, tra qualche tempo, la Società BioAgri-Energia Srl, adducendo la non economicità della Centrale chieda l’autorizzazione ad ampliarla e ad utilizzare bricchette, pena la cessazione delle proprie attività e il licenziamento dei dipendenti. E’ una storia già accaduta, nel 1980, alla Farmoplant che, con questo ricatto, potè raddoppiare la potenzialità del suo inceneritore.

 

La società Bio-Agri-Energia, per alimentare questa centrale, dovrebbe accaparrarsi, ogni anno, almeno 76.000 tonnellate di legname delle 100.000 che possono essere ricavate dai boschi della nostra provincia. Obiettivo difficilmente raggiungibile, anche in considerazione del fatto che le centrali a biomasse, in Lunigiana e a Massa Carrara, sembrano diventate il business del momento. 

 

 Un altro inceneritore mascherato

La società Aerimpianti SpA ha proposto, per Villafranca, un’altra centrale a biomasse per la vendita di energia elettrica e termica, da circa 10 Mw. Non si sa se il progetto sia andato in porto. Ma dove trovare le biomasse necessarie, il doppio circa delle 76.000 tonnellate necessarie per una da 5, se. complessivamente. la provincia ne produce 100.000? Inevitabile il ricorso alle bricchette, anche se si fa finta di credere e si vuole far credere alla popolazione che possa bruciare solo biomasse, che, comunque, innocue non sono, neanche loro. Anche perché, conti alla mano, nel progetto della centrale di Villafranca, c’è scritto che per “il recupero e la movimentazione esterna delle biomasse” ci vogliano 7 operai, divisi su due turni. Se si utilizzassero le bricchette o il Cdr il numero degli addetti alla loro movimentazione si ridurrebbe quasi a zero. 

 

Manca la “V.I.A.”, grazie a Ronchi. Ma l’Europa la pretende

Naturalmente per autorizzare queste centrali a biomasse (ma anche a bricchette, quando le biomasse non ci sono), la provincia non ha mai chiesto la valutazione di impatto ambientale (Via), applicando, erroneamente, gli sciaguratissimi  e devastanti decreti dell’ex Ministro verde per l’ambiente Ronchi. Una recente sentenza della commissione dell’Unione Europea ha sconfessato sia una parte del Decreto Ronchi (art. 31 e 33 DL 22/97) che estendeva la procedure semplificate (esonero dal Via) per le autorizzazioni, agli impianti di incenerimento di rifiuti se destinati al recupero energetico, sia il DPCM 3.9.1999, sempre di Ronchi, che estendeva le procedure semplificate agli impianti di incenerimento alimentati a biomasse. Si tratta, né più né meno, di inceneritori, ha decretato la Comunità europea e quindi, per autorizzarli, occorre il  Via.

Ecoapuano

 

 

     

 Valle Telesina


Per intervenire: invia@vivitelese.it