Cosa succede nella realta':
A PROPOSITO DI
INCENERITORI-TERMOVALORIZZATORI
L'Unione Europea boccia l'inceneritore
di Brescia
La Comunità Europea ha messo in mora
l’inceneritore di Brescia, quello che
viene proposto come esempio per il
futuro inceneritore, o
termovalorizzatore come pomposamente lo
chiamano, di Rivalta Scrivia.
Il motivo?
Per assicurarsi maggiore snellezza
burocratica la ASM (Azienda Servizi
Municipali) aveva assicurato che
sarebbero state bruciate solo biomasse,
cioè materiale organico, costruendo a
tal fine un separatore nella vasca di
raccolta dei rifiuti.
Invece all’inceneritore sono arrivati da
tutta Italia soprattutto rifiuti
speciali, in particolare pulper di
cartiera proveniente dalla lavorazione
della carta da riciclo, rifiuti
industriali e agroindustriali.
Ora naturalmente la ASM giurerà che si è
trattato di un disguido, e che in futuro
si atterrà alle normative, almeno fino
alla prossima messa in mora, ma ribadirà
che, visto che l’inceneritore ormai c’è,
bisogna pur continuare a farlo
funzionare.
Le previsioni che le associazioni
ecologiste avevano fatto si sono
avverate:
• l’impianto di Brescia era stato
costruito per soddisfare le esigenze
della provincia, 500.000 tonnellate
annue, ed è stato poi ampliato per
raggiungere le 750.000 annue, con
previsione di ulteriori aumenti se gli
affari vanno bene;
• pur di farlo funzionare a tempo pieno
si è finito per incenerire qualunque
rifiuto, soprattutto quelli che danno un
maggior guadagno;
• Brescia è diventata una città con una
delle più elevate contaminazioni al
mondo da PCB e diossine;
• le casse della ASM (privatizzata) si
sono arricchite, la salute dei cittadini
si è impoverita..
A Tortona siamo ancora in tempo!
I nostri amministratori, avevano preso
Brescia come modello per la trattazione
dei rifiuti, a partire dall’inceneritore
per finire alla privatizzazione della
ASMT (non è un mistero che la ASM di
Brescia sia interessata all’acquisto o a
qualche forma di partecipazione).
Ora, mostrando un po’ di umiltà, ci
ripensino e accettino di discutere delle
altre modalità di trattamento dei
rifiuti che, nella loro completa
indifferenza, da tempo stiamo loro
proponendo.
A proposito, lo studio commissionato
alle università sulla localizzazione
dell’inceneritore è misteriosamente
secretato da più di un anno; che cosa
non si vuol far sapere ai cittadini?
Comitato
contro l’inceneritore di Tortona
Produrre basilico biologico per bruciare
rifiuti
La società BioAgri-Energia Srl ha
chiesto l’autorizzazione per la
produzione biologica di basilico. Sì:
b.a.s.i.l.i.c.o. Tale coltivazione sarà
fatta in serre “alla cui illuminazione
artificiale e al cui riscaldamento si
provvede(rà) mediante l’utilizzo di una
centrale di cogenerazione alimentata a
biomassa”.
Molto pomposa e deviante la dizione
utilizzata dalla società nel suo
progetto, ma si tratta di un
inceneritore che verrà alimentato
“principalmente” con “residui di
lavorazione delle industrie
agroalimentari” e con materiale
derivante da “pulizia dei boschi e
difesa idrogeologica dei fiumi e delle
coste” (?) per produrre energia
elettrica, calore e vapore che
dovrebbero essere utilizzati solo per le
serre.La giunta provinciale ha
autorizzato, il 30 dicembre 2003, la
realizzazione, a Mulazzo, di questo
micidiale inceneritore mascherato da
attività ecologica.
Un inceneritore mascherato
Il progetto, presentato dalla società
alla provincia, per le autorizzazioni, è
particolareggiatissimo sui metodi per
coltivare, mettere in vaso, umidificare,
commercializzare, mettere a dimora il
basilico; si dilunga su come devono
essere gli impianti delle serre, le
opere infrastrutturali, gli impianti
associati, le capriate, i pali, i
canali, le testate, la copertura, la
tamponatura, i divisori interni, la
linea di smaltimento delle acque, la
posa in opera del pavimento, l’impianto
di ombreggiamento, quello di irrigazione
automatizzato, gli ugelli di regolazione
completi di antigoccia, ecc. (l’elenco
continua per decine di pagine), ma
quando si arriva a parlare della
“Centrale di cogenerazione a biomasse da
5 Mwe”, stranamente, domina la
reticenza. Al posto della relazione,
alcune pagine di brevi slogan a
caratteri cubitali e disegni elementari
dell’impianto; specchietti per le
allodole.
Ma c’è una parola che svela il trucco
degli slogan utilizzati per far credere
che verranno bruciati solo legna, foglie
secche e sfalci di prato: non si dice
infatti che la Centrale verrà alimentata
solo a biomasse, ma “principalmente” a
biomasse. Cosa significa
“principalmente”? Che in realtà
l’impianto può essere alimentato anche
con altri combustibili. Quali?
Moltissimi, dagli oli pesanti alle
bricchette, tanto per essere spicci. Già
un inceneritore a biomasse inquina
molto. Chi ha un camino in casa, sa
quanto fumo e nerofumo produca. Una
centrale di questo genere ne produrrà,
ovviamente, in quantità industriali,
anche se si tenterà di minimizzare,
dicendo che, raggiungendo temperature
molto più alte di un normale camino o di
una stufa a legna, la sua combustione
sarà molto più radicale.
Il business di operazioni come questa
non sta affatto nel bruciare biomasse,
di difficile reperimento e costose per
la movimentazione, lo stoccaggio e il
trattamento che richiedono, oltre che,
spesso, di scarso potere calorifico. Non
va dimenticato che il grosso
inceneritore del Pollino, a Pietrasanta,
è stato autorizzato e collaudato come
inceneritore a biomasse, ma, non
essendoci le biomasse a disposizione
(guarda caso!), oggi brucia rifiuti
sotto forma di cdr (l’equivalente
sfuso delle bricchette) prodotto
dall’impianto di Gallicano a Massarosa.
Dove saranno finiti i Paladini della
Versilia? Un grosso inceneritore a
Pietrasanta, altri più piccoli sparsi
nella provincia, l’impianti di
bricchettaggio ad Avenza, ma loro,
intrepidi, pensano al porticciolo
turistico. Forse per non polemizzare con
la giunta di destra di Pietrasanta?
“Principalmente” biologico
E’ qui che entra in gioco il
“principalmente”: se non si troveranno
nel mercato le biomasse, la centrale
verrà alimentata con qualcosa d’altro. E
siccome in provincia ci saranno, tra
poco, ben due impianti di bricchettaggio,
di cui uno, quello di Albiano, da 90.000
tonnellate annue, finirà che il basilico
(rigorosamente biologico) verrà fatto
crescere con l’energia, il calore e il
vapore prodotto con le bricchette.
Questi piccoli inceneritori sono solo
l‘avanguardia di impianti molto più
grandi. Per Avenza, una società genovese
aveva proposto, già nel ‘98/’99, la
realizzazione di una centrale (da 400
Mwe) a biomasse, per produrre energia
elettrica e vapore. Impensabile reperire
in provincia la quantità enorme di
biomasse che un tale inceneritore
avrebbe richiesto. Facile prevedere che,
una volta entrato in funzione, avrebbe
ottenuto, per mancanza di biomasse,
l’autorizzazione e bruciare altri
combustibili rinnovabili, come le nocive
e poco costose bricchette,
rigorosamente antibiologiche.
E se manca il biologico?
Bricchette
Niente vieta perciò che, tra qualche
tempo, la Società BioAgri-Energia Srl,
adducendo la non economicità della
Centrale chieda l’autorizzazione ad
ampliarla e ad utilizzare bricchette,
pena la cessazione delle proprie
attività e il licenziamento dei
dipendenti. E’ una storia già accaduta,
nel 1980, alla Farmoplant che, con
questo ricatto, potè raddoppiare la
potenzialità del suo inceneritore.
La società Bio-Agri-Energia, per
alimentare questa centrale, dovrebbe
accaparrarsi, ogni anno, almeno 76.000
tonnellate di legname delle 100.000 che
possono essere ricavate dai boschi della
nostra provincia. Obiettivo
difficilmente raggiungibile, anche in
considerazione del fatto che le centrali
a biomasse, in Lunigiana e a Massa
Carrara, sembrano diventate il business
del momento.
Un altro inceneritore mascherato
La società Aerimpianti SpA ha proposto,
per Villafranca, un’altra centrale a
biomasse per la vendita di energia
elettrica e termica, da circa 10 Mw. Non
si sa se il progetto sia andato in
porto. Ma dove trovare le biomasse
necessarie, il doppio circa delle 76.000
tonnellate necessarie per una da 5, se.
complessivamente. la provincia ne
produce 100.000? Inevitabile il ricorso
alle bricchette, anche se si fa finta di
credere e si vuole far credere alla
popolazione che possa bruciare solo
biomasse, che, comunque, innocue non
sono, neanche loro. Anche perché, conti
alla mano, nel progetto della centrale
di Villafranca, c’è scritto che per “il
recupero e la movimentazione esterna
delle biomasse” ci vogliano 7 operai,
divisi su due turni. Se si
utilizzassero le bricchette o il Cdr il
numero degli addetti alla loro
movimentazione si ridurrebbe quasi a
zero.
Manca la “V.I.A.”, grazie a Ronchi. Ma
l’Europa la pretende
Naturalmente per autorizzare queste
centrali a biomasse (ma anche a
bricchette, quando le biomasse non ci
sono), la provincia non ha mai chiesto
la valutazione di impatto ambientale
(Via), applicando, erroneamente, gli
sciaguratissimi e devastanti decreti
dell’ex Ministro verde per l’ambiente
Ronchi. Una recente sentenza della
commissione dell’Unione Europea ha
sconfessato sia una parte del Decreto
Ronchi (art. 31 e 33 DL 22/97) che
estendeva la procedure semplificate
(esonero dal Via) per le autorizzazioni,
agli impianti di incenerimento di
rifiuti se destinati al recupero
energetico, sia il DPCM 3.9.1999, sempre
di Ronchi, che estendeva le procedure
semplificate agli impianti di
incenerimento alimentati a biomasse. Si
tratta, né più né meno, di inceneritori,
ha decretato la Comunità europea e
quindi, per autorizzarli, occorre il
Via.
Ecoapuano |