Facendo una ricerca nei motori su internet, ho
trovato diversi interventi di Alessandro Visalli
(responsabile della ditta ABM-VoCem) su vari
blog o forum.
Poiché il nostro sito ViviTelese è molto
frequentato da cittadini che sono contrari alla
centrale a biomasse a San Salvatore, ci sono
pochissimi interventi di persone "a favore". E'
interessante leggere le risposte che il tecnico
fornisce agli interlocutori.
Giovanni Forgione
Alessandro
Visalli
Responsabile
dello studio di impatto ambientale
per la centrale a
biomasse a San Salvatore.
Responsabile
della procedura per conto di ABM-VoCem
fonte:
http://altocasertano.wordpress.com/2007/09/07/san-salvatore-telesinobn-l%E2%80%99inganno-nell-inganno-comunicato-da-comitato-civico-contro-l-inceneritore/
San Salvatore Telesino(Bn)
L'inganno nell'inganno - comitato civico
contro l'inceneritore
-Come Comitato Civico dobbiamo chiedere
scusa a tutti i lettori dei nostri
comunicati per un grave equivoco creato
finora anche per nostra responsabilità.
Quando abbiamo scritto la lettera aperta
al Presidente Nardone abbiamo sostenuto
che l’impianto progettato per San
Salvatore Telesino non era coerente con
il Piano energetico Ambientale dato che
nel PEA non erano previsti impianti a
biomasse della grandezza e potenza delle
due Centrali di Reino e San Salvatore
Telesino. Ne è scaturito un attivo e
interessante dibattito tra coloro che,
come noi, hanno discusso della
fondamentale assenza nella Provincia di
Benevento di BIOMASSE e del rischio
abbastanza concreto di camuffare nelle
biomasse parte del CDR disponibile in
Regione.
Invece la Vocem/ ABM, ad un certo punto,
ha deciso di cambiare completamente
richiesta di autorizzazione in nome
della ” massima trasparenza” e poiché il
CDR non sarebbe più stato conveniente,
ha richiesto direttamente
un’autorizzazione per bruciare RIFIUTI.
Noi lo abbiamo scoperto un po’ alla
volta, ma è stato solo nello scrivere la
relazione per l’Audizione alla Regione
Campania che abbiamo potuto accedere a
gran parte delle carte e documentarlo.
Un INGANNO nell’INGANNO. A San Salvatore
Telesino non c’è nessun progetto di
Centrale che prevede di bruciare
Biomasse. Se cosi fosse stato, come per
la Centrale di Reino, l’autorizzazione
sarebbe stata richiesta secondo il D.Lgs
387/03, mentre per l’impianto di San
Salvatore Telesino è stata chiesta ai
sensi degli artt.27 e 28 del D.Lgs 22/97
che molti ricorderanno come il Decreto
Ronchi, quello sui RIFIUTI!! Non hanno
bisogno di nascondersi dietro quantità
di biomasse inesistenti o nella
programmazione del PEA dove non sono
previste grandi centrali di biomasse.
Non hanno bisogno di nascondere il
contenuto dei camion a controlli
periodici, sono autorizzati, è un
INCENERITORE autorizzato dalla legge.
Ieri ne abbiamo parlato a lungo con il
responsabile dello studio sull’impatto
ambientale della Vocem, l’architetto
Visalli che ce ne ha spiegato le
motivazioni economiche. A questo punto
la domanda più importante è: possibile
che nessuno abbia capito tutto questo?
Al Consiglio Provinciale si è discusso
per ore, ancora, di progetti di centrale
di biomasse a San Salvatore, il
Presidente Nardone ha continuato a
parlare di stoppie, resti di granoturco,
ramaglie da bruciare… Invece alla
Regione avevamo parlato di una lista
lunghissima di “Codici CER” che non sono
altro che RIFIUTI. Non che la Regione
non lo sapesse, le autorizzazioni
vengono da li. Bene, abbiamo tutti un
altro argomento su cui produrre
documenti, dissertazioni e tanto altro.
Per la centrale di Reino si continuerà a
parlare di BIOMASSE e noi ribadiamo che
non vogliamo che sia costruito neanche
quello, non è un problema ideologico, è
un nostro diritto opporci ad un progetto
che sarebbe un disastro ecologico, e la
smettano tutti coloro che vorrebbero
accettare compromessi su questo
argomento, le centrali a biomasse
nascondono solo la realtà più che il
sospetto che per biomasse vengano
spacciati sempre e solo rifiuti.
A San Salvatore Telesino non potremo mai
più parlare dell’inganno di un
termovalorizzatore perché del vecchio
progetto della Vocem resta solo il nome.
Si chiama Inceneritore, è autorizzato a
bruciare rifiuti. Svegliatevi, leggete
davvero le carte, (come sempre ci
consiglia il presidente Nardone) ,e
adesso lottiamo solo contro un
inceneritore, senza perdere tempo con
tutti quelli che discutono su cosa siano
le biomasse e su quante tonnellate se ne
producono in Campania o nella provincia
di Benevento. Non si può continuare a
guardare, occorrono azioni concrete.
(Comunicato inviato da Referente
Comitato Civico: Maria Pia Cutillo )
Pubblicato da red. prov. Alto
Casertano-Matesino & dintorni |
Risponde Alessandro Visalli
7
settembre 2007
Gentile signora Maria Pia Cutillo, chiaramente
non possiamo vedere le cose nello stesso modo ed
in questo non c’è niente di male.
Tuttavia mi vorrei permettere, proprio per il
rispetto che è dovuto al diritto di
mobilitazione e di difesa di quelli che si
reputano essere i propri legittimi interessi e
della tutela dell’ambiente e della salute, di
precisare quanto segue: - la domanda di
autorizzazione della ABM-Vocem (che poi sarebbe
della sola Vocem, naturalmente) l’ho scritta
materialmente io, quindi posso assicurare che
non è mai cambiata.
In
essa si è sempre fatta richiesta di rifiuti
rappresentati esclusivamente dai pochi codici
CER (classificazione europea di specifici
rifiuti distinti per provenienza e tipologia)in
essa indicati; tutti, come mi sembra sia stato
riconosciuto da tutti, riconducibili a scarti
ligneo-cellulosici (legno e carta e suoi
derivati)provenienti solo dai cicli produttivi;
non ci sono mai stati e non ci sono rifiuti
urbani, non c’è CDR, “eco-BALLE” e quanto altro
ci si voglia inventare per nascondere le oltre
3.500.000 di tonnellate che ogni anno
produciamo; - ciò significa sostanzialmente che
la ditta -se autorizzata- potrà ritirare secondo
la legge (in questo ha ragione ma spero che
almeno questa non sia una critica) gli scarti
che ha richiesto (e solo quelli) e,
naturalmente, quanti materiali vergini -che in
quanto “non rifiuti” non sono soggetti a
limitazioni ma sono merci- vorrà; - segnalo
anche che non c’è contraddizione tra dire che è
una “centrale a biomasse” e ritirare QUESTI
scarti (o rifiuti); infatti la definizione di
“biomasse” ammessa dalla legge (proprio nella
“387″) include la parte biodegradabile dei
rifiuti e solo quella. Il legno e la carta sono
biodegradabili.
Che il CDR non sia conveniente (a causa
dell’esclusione operata dalla finanziaria nel
2006, e quindi oltre un anno dopo la
presentazione dell’unica domanda ad oggi fatta
dalla società) è la mia opinione che confermo.
Non per difendere il Presidente Nardone che
secondo me lo merita (su questo) ma naturalmente
voi potete dissentire anche con ragioni migliori
delle mie, dato che io non vivo nel vostro
territorio, ma “stoppie, resti di granoturco,
ramaglie da bruciare” sono “biomasse” E RIFIUTI.
Sono, precisamente, alcuni dei codici che
abbiamo richiesto. Oltre a queste pensiamo a
rifiuti della produzione alimentare (i gusci di
noccioline, anche se costano abbastanza, sono un
bellissimo combustibile, quelli di pomodori
vanno essiccati ma dopo sono ottimi, etc.) e ad
alcuni flussi di materiali che non sono
pericolosi e oggi vanno inutilmente in
discarica. Penso, da persona che da più di dieci
anni si occupa di ambiente e non glielo ha
ordinato il medico, che sia meglio almeno
recuperare l’energia -e quindi risparmare
altrove gas e petrolio- che portarla in
discarica, “dimenticarla” o bruciarla all’aria
aperta.
Del resto è tutto scritto nello Studio di
Impatto Ambientale presentato nel 2005.
Ma
pensiamo anche a materiali vergini, abbiamo
infatti bisogno di fare un mix corretto per
produrre energia elettrica in modo costante che
è l’unico obiettivo dell’impianto.
I
materiali vergini l’impianto li comprerà sul
territorio pagandoli il giusto prezzo,
naturalmente da centri di prelavorazione e
preparazione che qualche imprenditore o
cooperativa locale (speriamo) farà.
Il
progetto, quindi, non è mai cambiato. In nessuna
delle sue parti. Come non è cambiata la domanda
di autorizzazione o la procedura.
Credo che questo comportamento, pur nelle
differenze di posizione e obiettivi, debba
essere riconosciuto come coerente e trasparente.
Non penso sia equo parlare di inganno. E’ vero
che la centrale non dovrà nascondere i camion a
controlli, perchè ha rispettato in pieno la
legge. Casomai, la invito a riflettere gentile
signora, è chi propone la “387″ che quando
stocca biomasse anche classificate come rifiuti
(una delle vituperate “D” che abbiamo chiesto)
ha qualcosa di problematico. Proprio per evitare
qualsiasi ambiguità ed il rischio di operare ai
limiti della legge che la ABM (che è azienda
pubblica) ha accettato la MIA PROPOSTA di fare
la procedura ambientale -più garantista- e non
quella della ‘387 che per le biomasse è -a mio
modesto parere- troppo ambigua.
Naturalmente, atteso che “biomasse” significa
materiale organico biodegradabile vergine e di
scarto, quindi significa anche rifiuti, “la
parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e
residui provenienti dall’agricoltura
(comprendente sostanze vegetali ed animali) e
dalla silvicoltura e dalle industrie connesse,
nonché la parte biodegradabile dei rifiuti
industriali ed urbani” (cfr
http://www.impattoambientale.it/definizioni.htm),
discutere di quante ce ne siano in Provincia di
Benevento e nel resto della Regione è pertinente
allo scopo di minimizzare i trasporti.
Dalla definzione che ho ripreso dalla legge e
che legge sopra, gentile signora, la invito anzi
a notare che la Vocem -che non ha fatto la ‘387
- paradossalmente potrà prendere MENO rifiuti
(ma in modo più corretto legalmente secondo me);
infatti l’impianto potrà ritirare solo i codici
richiesti (che sono sostanzialmente legno e
carta)e materiale vergime, mentre chi sta alla
definizione ed ha fatto la ‘387 che la contiene
può prendere anche la parte organica dei rifiuti
urbani (prima del 2006 poteva prendere anche il
CDR, noi no).
Vi
ringrazio per la pazienza e mi scuso se, per la
delicatezza ed il carattere specialistico di
qualche passaggio non sono stato capace di farmi
capire.
Alessandro Visalli (naturalmente quando
intervengo lo faccio a titolo personale
assumendomene la responsabilità)
fonte:
http://altocasertano.wordpress.com/2007/08/29/napoli-dott-marfella-a-difesa-dei-comitati-contro-il-termovalorizzatorecaro-presidente-nardone-ascolti-la-sua-gente/
Il dottor “Antonio Marfella”, noto
tossicologo e oncologo dell’ ospedale
Pascale di Napoli, impegnato nei
comitati civici contro i rifiuti e i
veleni tossici in Campania, in merito ad
articolo pubblicato in data 28 Agosto
sul quotidiano Repubblica di Napoli ed
in relazione alla polemica innescata
sugli inceneritori a biomasse di S.
Salvatore Telesino e Reino, ha inviato
presso la redazione del nostro portale
una rilfessione tecnica sull’ argomento,
che volentieri pubblichiamo. Di seguito
l’articolo del dott. Marfella:
LETTERA APERTA:
Napoli 28 Agosto- “Caro presidente
Nardone, non pensi a Zanotelli ma
ascolti la sua gente e protegga il
territorio. Alcune precisazioni
d’obbligo anche in risposta alla lettera
apparsa oggi su LA REPUBBLICA:
1) se i rifiuti solidi urbani non
attengono alle “piccole” centrali a
“biomasse” di S.Salvatore Telesino e
Reino perche’ questi “piccoli impianti”
sono destinati a bruciare in totale
circa e non meno di 250.000 tonnellate
di “biomasse” ?
La produzione di biomassa d.o.c. stimata
per la sola provincia di Benevento
assomma a non piu’ di 15.000
tonnellate/anno, e a circa 60.000
tonnellate/anno per tutta la Regione
Campania (prima degli incendi di questa
estate…….) .Il resto delle molte
migliaia di tonnellate di materiale da
incenerire, da dove proverrebbero? Per
una popolazione infatti di circa 287.000
abitanti della provincia di Benevento
Nardone propone due “piccoli” impianti
che, sommati, dovrebbero bruciare anche
piu’ dell’ormai famoso inceneritore di
Vienna che serve invece circa due
milioni di persone e non funziona a
biomasse ma a rifiuti solidi urbani (CDR,
quelli veri…..).
In tutto il resto della civile Austria
esistono circa 300 impianti d.o.c. a
biomasse con portata di poche
tonnellate/anno ciascuno per lo piu’ per
il riscaldamento dei paesini di
montagna. Se questi impianti a biomasse
d.oc. dovessero avere ciascuno la
portata che Nardone invece propone per
la sola provincia di Benevento, essi
dovrebbero bruciare non meno di 30
milioni di tonnellate l’anno di
biomasse……….pressocche’ le intere
foreste Europee! Nella zona del Chianti,
altre volte citata, infatti, la portata
annua delle biomasse da utilizzare per
tale impianto non supera le 14.000
tonnellate/anno. Quanti miliardi di
tonnellate/anno di vino Solopaca pensano
di produrre per garantire biomasse
d.o.c. per 230.000 tonnellate/anno da
bruciare a Reino e S. Salvatore
Telesino? Io sono del tutto contrario
alla politica dell’ incenerimento , ma
la prima cosa che non io, ma i
concittadini di Nardone e numerosi
sindaci (Telese, Fragneto l’Abate,
Fragneto Monforte, Puglianello,
Faicchio, e numerosi altri), sotto la
spinta dei numerosi comitati civici,
hanno notato, è la assoluta e violenta
discrepanza nel sovradimensionamento di
impianti che di biomassa d.o.c. non
impiegheranno piu’ del 20 % della loro
portata complessiva.
Se Nardone stesso indica nella
dissociazione molecolare il destino dei
rifiuti di Benevento, cosa e da dove
verranno le altre migliaia di
tonnellate/anno necessarie per fare
funzionare quegli impianti?
2) ne discende quindi che l’unico a fare
confusione tra i veri e “piccoli”
impianti a biomasse che in tutta Italia
hanno una portata media di 20.000
tonnellate/anno pare sia proprio l’On.
Nardone, e lasci in pace il buon Padre
Alex che non ha vocazione per la
politica, almeno per quella cui lui
appartiene. E’ mai possibile che ogni
volta che un cittadino esprime un
parere, come nel caso di padre
Zanotelli, debba ricevere l’invito a
candidarsi…?
In troppi cominciano a pensare che
soltanto agli eletti è permesso parlare,
esprimere valutazioni. E’ questa una ben
strana concezione della democrazia e del
rispetto che si deve alle idee, ai
cittadini; è una strana concezione che
l’eletto ha del suo dovere di
rappresentare gli elettori! I suoi
concittadini lo hanno eletto con larga
maggioranza anche e soprattutto per
quella tutela del territorio che,
nonostante tutte le imprecisioni e le
inesattezze fatte comparire sui
giornali, gli chiedono con insistenza di
continuare a perseguire anche bocciando,
senza se e senza ma, i due mega-impianti
proposti.
Nardone non pensi a Padre Zanotelli, ma
ascolti con attenzione i suoi
concittadini, già suoi elettori, e
faccia intelligentemente il dovuto e
necessario passo indietro abiurando
questi maxi-impianti che di biomasse
d.o.c. non bruceranno piu’ del 20% della
loro portata, e dedichi il resto del suo
mandato e delle sue energie al controllo
di un territorio che, tra inceneritori e
incendi, di biomasse utilizzabili, tra
poco, non avrà più nulla da bruciare e
allora brucerà le cosiddette “biomasse
assimilate” e cioe’ rifiuti, e neanche
provenienti dalla Campania.
La Campania infatti produce ogni anno
circa 2.500.000 tonnellate di rifuti
solidi urbani e ora sappiamo, dalle
indagini della Magistratura, che a
questi vanno ad aggiungersi non meno di
un milione di rifiuti tossici
industriali provenienti per lo piu’ dal
Nord. Utilizzando tutte le discariche
legali e illegali, ora sappiamo sin
troppo bene quali catastrofici effetti
sono già stati raggiunti sulla salute
del nostro popolo da questo “affare” che
va avanti da oltre venti anni e che non
pare finire. Pare però che finalmente
anche la Camorra cominci a capire che
avvelenando il territorio avvelena se
stessa.
Se passasse in Campania il piano
sciagurato di produzione di energia
attraverso la termovalorizzazione e non
il recupero e riciclo, secondo la
filosofia, dall’on Nardone evidentemente
condivisa, di costruzione di
mega-impianti di incenerimento e di
mega-impianti a cosiddette “biomasse” ,
in Campania ci troveremmo ad avere maxi-
inceneritori (Acerra, S. Maria La Fossa,
Salerno) da non meno di due milioni di
tonnellate/anno complessivi, cui
dovrebbero aggiungersi non meno di
600.000 tonnellate/anno da almeno 5
“piccoli” ma in realtà maxi impianti a
cosiddette “biomasse” .
Se in Campania quindi, finalmente,
riuscissimo a raggiungere la quota di
legge del minimo del 35% di raccolta
differenziata e compostaggio, avremmo
alla fine una totalità di impianti che,
per funzionare a regime, dovrebbero
aggiungere non meno di un milione di
tonnellate/anno di materiale da
incenerire (rifiuti?) .
L’onorevole Nardone si ponga la semplice
domanda, come un qualunque cittadino di
questa martoriata Regione: da dove
verranno, cosa saranno, e chi li
gestirà? Alla sua coscienza la sin
troppo ovvia risposta”.
dott. Antonio Marfella, Tossicologo
Oncologo. Napoli 28 Agosto 2007
Pubblicato da red. “Alto
Casertano-Matesino & dintorni” * Per la
diffusione e la pubblicazione degli
articoli pubblicati sul nostro portale,
si prega di riportare in chiaro le
fonti, compresa quella del portale.
Grazie!
|
Risponde Alessandro Visalli
8
settembre 2007
Esimio dott. Marfella,
Dopo aver avuto il piacere di
parlare con Lei in occasione
dell’audizione delle Commissioni
Consiliari a Napoli, provo ad
iniziare a ripondere alle sue
argomentate obiezioni
all’impianti a biomasse in
provincia di Benevento. Come Le
ho detto non ho conoscenza
dell’impianto di Reino ma posso
dire qualcosa su quello di San
Salvatore.
Lei affronta sostanzialmente
quattro questioni:
1- dimensionamento e
disponibilità di materiale in
Regione Campania,
2- taglia media degli impianti a
biomassa,
3- questione della democrazia,
4- politica dei rifiuti.
Vorrei rispondere su questi ma
devo fare una premessa:
- gli impianti citati non sono
promossi da Nardone, i soldi con
i quali verranno realizzati (per
San Salvatore ca. 110 miliardi
di vecchie lire) non sono suoi;
sono privati, salvo per il 20 %
che sono finanziamenti ordinari;
- si tratta dunque di iniziative
private di produzione
(stabilimenti industriali che
producono energia, non impianti
pubblici) condotte secondo la
legge ed i regolamenti;
- la Regione Campania, torno a
dire nel caso di san salvatore,
lo ha già definito compatibile
con la programmazione due volte,
nel decretare la compatibilità
ambientale e nel dichiarare
parere positivo da parte
dell’assessorato all’industria
ed agricoltura;
- l’ordinamento prevede,
infatti, che la materia della
produzione enrgetica
-liberalizzata da anni- sia
sottoposta a pianificazione di
scala nazionale e regionale; il
piano provinciale è un documento
importante ed ammirabile, ma non
può avere effetti “conformativi”
ma solo di “indirizzo” (si
tratta di una distinzione chiave
della disciplina della
programmazione del territorio).
1- Ciò
detto, Lei afferma che in
Regione Campania sarebbero
disponibili solo 60.000 t/a di
“biomassa d.o.c.”. Mi piacerebbe
capire che cosa intende per
“biomassa d.o.c.” e quale è la
fonte dei suoi dati.
Infatti, da una parte, la
“biomassa” è quella definita
dalla legge e quindi: “la parte
biodegradabile dei prodotti,
rifiuti e residui provenienti
dall’agricoltura (comprendente
sostanze vegetali ed animali) e
dalla silvicoltura e dalle
industrie connesse, nonché la
parte biodegradabile dei rifiuti
industriali ed urbani”.
(Definizione Europea inclusa
nella 387/03 sull’incentivazione
delle fonti rinnovabili, cfr.
http://www.impattoambientale.it/definizioni.htm).
D’altra parte, si tratta di
stime molto specialistiche e
difficili.
Per la parte che è legno
appositamente prodotto (es. in
colture a rapida rotazione,
certo non tagliando le foreste
che è proibito), la domanda
stimolerà l’offerta e quindi, in
assenza di questa è normale non
ce ne sia.
Per la parte che è scarto (per
la legge “rifiuto”) di attività
in corso bisogna considerare
che, come si vede sempre nel
settore, l’assenza di
destinazioni rende i flussi
difficilmente registrabili.
Spesso chi ha del materiale,
visto che non interessa a
nessuno lo “dimentica”, lo
brucia all’aperto etc.
La Regione
Campania,nelle sue più recenti
valutazioni, (cfr.
http://www.det.cnr.it/materiale/Di%20Santo.pdf)
non sembra dello stesso avviso.
La Regione indica in ben
1.500.000 t/a le biomasse al
netto delle utilizzazioni
attuali delle quali il 40 % per
impianti da 10 MW elettrici. Può
darsi sia esagerato ma la
distanza è molta.
2- Riguardo alla taglia media
degli impianti, le devo una
risposta articolata, ma può
vedere che la stessa regione
chiama impianti da 10 MW
“piccoli” (come sa un impianto è
molto grande quando è da 1.600
MW -es. carbone-, grande quando
è da 800 MW -es. turbogas-,
medio quando è da 400 MW
-”piccola turbogas”-). Dai dati
che normalmente raccogliamo e
che Le sto facendo aggiornare ad
oggi, a me sembra che la taglia
media nazionale -degli impianti
a legna, non di quelli a biogas
che sono diversi- è 10 MWe.
3- Sulla questione che il
Presidente Nardone non avrebbe
rispetto della democrazia perchè
non ascolta e si adegua ai suoi
cittadini le ricordo che il
“vincolo di mandato” (noto
istituto politologico sovietico)
non è applicato nelle democrazie
occidentali nelle quali vige il
principio della rappresentanza e
della divisione di ruoli e
funzioni. Le amministrazioni,
nella loro articolazione
territoriale e funzionale (io,
personalmente, mi sento
rappresentato su piani diversi
dal mio sindaco, dal presidente
della mia provincia e regione,
dal presidente del consiglio e
dal capo delo Stato e dal
Presidente della Commissione
europea) funzionano sulla base
di un madato ricevuto anche per
prendere decisioni che talvolta
scontentano qualcuno. Se si
dovessero piegare sempre alla
volontà dei comitati, Lei
capisce saremmo in una ben
preoccupante direzione. Da
almeno due millenni il tema
-chiaramente controverso- è
quello del rischio dei
demagoghi, o -se preferisce-
della emotività. Il principio è
che le decisioni devono essere
razionali ed informate, il
dialogo deve formarsi senza
pressioni e violenza (ce ne sono
molte forme), le competenze
devono essere in grado di
esercitarsi. Quando mio padre si
è ammalato di cancro si è fatto
operare a Milano all’IEO e non
ha indetto un referendum tra i
parenti per scegliere la cura.
Pensavamo, scusi, che i medici
ne sapessero più di noi e ci
siamo fidati (avevamo ragione).
Perdoni il tono, non è mia
intenzione essere polemico
soprattutto con una persona
intelligente e disponibile come
Le, ma cerco di essere colorito
per farmi capire.
4- Ultima e più delicata
questione, i rifiuti. Lei sembra
alludere a che gli impianti
prenderanno rifiuti urbani o CDR
(cioè eco-BALLE).
Richiamo la definizione di cui
sopra di “biomasse”. In essa ci
sono a pieno titolo i rifiuti
(la frazione biodegradabile,
quindi non il metallo, gli
inerti e la plastica).
Ma i rifiuti non sono solo
quelli urbani. Se consulta in
rete i rapporti APAT vedrà che
ci sono:
- diciamo 3.000.000 t/a di
rifiuti urbani,
- ca. 1.800.000 t/a di rifiuti
speciali non pericolosi,
- ca. 200.000 t/a di rifiuti
speciali pericosi,
- ca. 2.000.000 t/a di rifiuti
inerti,
- ca. 3.500.000 t/a di fanghi di
depurazione.
Nella definizione di “biomasse”
entrano:
- la parte biodegradabile degli
RSU (anche da raccolta
differenziata),
- i rifiuti speciali non
pericolosi biodegradabili
(legno, carta, tessuti vegetali
di scarto),
- i fanghi di depurazione se
essiccati.
Come vede, non c’è bisogno di
andare fuori regione.
L’impianto di Vocem di tutto ciò
-ed esplicitamente- chiede di
essere valutato per ritirare
solo 100.000 t/a di rifiuti
speciali non pericolosi di
matrice ligneo-cellulosica. Si
tratta dei dieci codici che sono
stati letti e solo di quelli.
NON AVENDO FATTO LA 387 NON PUO’PRENDERE
ALTRO.
E’, casomai, chi ha chiesto la
‘387 che può chiedere tutta la
lista, purchè biodegradabile.
Io capisco che la vicenda
rifiuti urbani campana è una
tale tragedia e vergogna che
“ipnotizza” tutti. Ma ci sono
anche altre realtà tra l’altro
non inferiori in termini
dimensionali.
L’impianto, per concludere, come
è scritto in tutti i documenti
della ditta, è programmato per
ritirare 1/3 di biomasse vergini
appositamente prodotte (da
qualche agricoltore e
imprenditore telesino, non certo
dai bergamaschi) e 2/3 di scarti
o “rifiuti” ligneo-cellulosici
accuratamente individuati ed
elencati. Tra questi ultimi, mi
creda, è come navigare nel mare,
ce ne sono quanti se ne vuole.
Credo che produrre energia
elettrica (e cosa che piu conta
lo crede la UE) sia meglio che
inviarli in discarica (passando
per l’autostrada per Bari) o
“dimenticarli”.
Spero potremo continuare il
dialogo anche da vicino o in
altre occasioni,
saluti
alessandro visalli
fonte:
http://ingeambiente.freewordpress.it/2007/07/26/biomasse-nella-valle-telesina-la-posizione-di-legambiente/
Biomasse, la posizione di Legambiente
Legambiente Valle Telesina
Impianto a biomasse di San Salvatore Telesino
Dalla lettura della documentazione da noi
visionata relativa alla “Centrale per la
produzione di energia elettrica con
termovalorizzazione di biomasse”da realizzarsi
nella zona PIP del comune di san Salvatore
Telesino, ai confini con i comuni di Amorosi e
Puglianello, troppe domande sono ancora inevase.
Le caratteristiche salienti dell’impianto a
biomasse da realizzarsi a San Salvatore Telesino
desunte dallo “Studio di Impatto
Ambientale-Sintesi in Linguaggio non Tecnico”, e
dalla comunicazione in data 3 luglio 2007 della
società VO.CEM. S.r.l. alla Conferenza dei
Servizi, sono: produzione di 10 MWe; utilizzo di
110.000 t/anno di combustibile; produzione di
circa 50 t/ora di vapore surriscaldato; una
capacità di stoccaggio di circa 12.000 m3; due
linee di processo a griglie mobili raffreddate
ad acqua; approvvigionamento di acqua
direttamente dalla falda ammontante a 3 l/s;
l’energia elettrica prodotta verrà convogliata
alla sottostazione di Telese Terme con un
cavidotto; realizzazione di un accesso diretto
alla strada statale “Fondo Valle Isclero”,
infrastrutturata dall’Ente Comunale; afflusso
veicolare all’impianto previsto di 30 camion e
15 auto al giorno, con sosta prolungata anche
notturna davanti allo slargo dell’impianto.
La
prima, e più importante, le autorizzazioni non
sono state richieste all’Assessorato
all’Agricoltura della Regione Campania,
trattandosi di agroenergie, ma all’Assessorato
all’Ambiente, che si occupa di autorizzazioni
per trattamento di rifiuti, quindi l’impianto
verrebbe autorizzato come impianto per il
trattamento di rifiuti speciali, e non
comprendiamo perché la società VOCEM si ostina a
non voler cambiare orientamento, pur essendo
stata sollecitata in tal senso. Le
autorizzazioni all’esercizio sono state
richieste ai sensi dell’ex art. 28 del Decreto
legislativo 22/97 (Decreto Ronchi) sui rifiuti.
D’altra parte, dalla stampa locale bergamasca si
apprende che proprio la modifica del Piano
industriale apportato da Abm, multiutility della
Provincia di Bergamo, starebbe alla base del
mancato accordo con AceaElectrabel per la
cessione del 51% della società. Dallo Studio di
Impatto Ambientale (S.I.A.) in linguaggio non
tecnico la Vocem prevede di trattare il 30% da
rifiuti della lavorazione del legno, il 20% di
scarti agricoli, il 40% di scarti forestali e il
10% di pellet, e, dalla nota del 3 luglio 2007
in seguito alla Conferenza dei Servizi del 25
giugno 2007, si prevede a regime un
approvvigionamento di 40 t/a , pari al 35% , da
colture dedicate nel territorio regionale, per
il quale adesso, si dice, ”… tale contributo non
è stato stimato…” Ci chiediamo, come si prevede
di arrivare al 35% di colture dedicate? Quali
tempi si prevedono per andare “a regime”, con un
approvvigionamento di 40.000 t/a da colture
dedicate?
Secondariamente, non comprendiamo qual ‘è la
reale filiera all’impianto previsto dal progetto
della Vocem? Ci sono gli accordi con i
produttori? Dalla nota del 3 luglio 2007 in
seguito alla Conferenza dei Servizi, la Vocem
dichiara che “…Le valutazione sul mercato di
conferimento sono state condotte…su stime o
interviste dirette agli operatori…” e che “…sono
stati consultati documenti ufficiali aggiornati,
quali il Piano Energetico della Provincia di
Benevento e il Piano Stralcio Regionale per i
rifiuti speciali…”. Il dimensionamento è stato
fatto sulla base di una analisi inestimabile di
materiali da bruciare. Manca uno studio
sull’approvvigionamento.
Inoltre, se ci sono i presupposti per la
cogenerazione, perché questa non viene prevista
nel Quadro Progettuale? Perché non si prevede di
studiare le condizioni per una piccola rete di
teleriscaldamento attraverso un accordo con
l’Amministrazione comunale di San Salvatore
Telesino? Nella nota n. 3.001.CR.013 del
28.06.2007 il presidente del Cda della Vocem
indica tra i vantaggi per il territorio la “
fornitura di energia termica a tariffe
agevolate…” . Qual’ è la verità, se nel progetto
non si fa riferimento a produzione di calore da
distribuire? E le alterazioni al microclima
apportate dalle variazioni termiche legate alle
attività dell’impianto?
“Chiediamo alla società VOCEM di voler chiarire
questi dubbi, in un incontro da prevedersi prima
della convocazione della prossima Conferenza dei
Servizi– afferma Grazia Fasano, presidente di
Legambiente Valle Telesina - .” “Legambiente
Valle Telesina ha finora chiesto (circa due anni
fa) a referenti della Provincia di Bergamo
alcune garanzie prioritarie: la prima, che non
si prevedesse di bruciare rifiuti, e la seconda
, che la filiera fosse corta, affinché i
trasporti non incidessero negativamente sul
bilancio ambientale complessivo. Dopo le
rassicurazioni di massima, è da due anni che
attendiamo un incontro pubblico di informazione.
La prima perplessità che ho avuto nel leggere la
documentazione dell’impianto, è che la filiera
dell’approvvigionamento che lo alimenterà, a due
anni di distanza, non è tuttora definita a
livello progettuale. Finora siamo stati
fiduciosi perché gli impianti a biomasse, che
utilizzano legno e altre biomasse ( paglia,
ecc.) sono una fonte energetica rinnovabile
importante per raggiungere gli obiettivi del
Protocollo di Kyoto e ridurre di circa il 20% le
emissioni di CO2 entro il 2012 e di incrementare
l’uso delle energie rinnovabili del 20% entro il
2020.
“Ma cosa diversa è ciò che si evince dal piano
industriale della Società Vocem che, ai sensi
della legge n. 152/2006 ha chiesto
l’autorizzazione per codici di rifiuti speciali
e poi in modo sibillino ha proposto di poter
essere autorizzato a termovalorizzare anche
Combustibile Derivato dai Rifiuti (CDR).
Questi sono impianti che a noi non piacciono,
perché non hanno una dimensione “locale,
utilizzando solo in piccola parte le biomasse
locali e senza recupero di calore. In questo
senso condividiamo le preoccupazioni espresse
dai cittadini e dalle amministrazioni.”. Il
problema è quindi a nostro avviso che la VOCEM
faccia fino in fondo chiarezza, recuperando
anche la carenza di comunicazione fin qui avuta.
La
proposta di Legambiente a livello nazionale, per
un’agricoltura che può contribuire attivamente
agli obiettivi di Kyoto, è di realizzare le
filiere agroenergetiche a biomasse a bilancio
energetico positivo, ecosostenibili e solo con
l’utilizzazione integrale del vegetale messo a
coltura. Legambiente propone un progetto
sistemico in agricoltura, per “raggiungere
Kyoto”, che si può realizzare a partire dai
territori rappresentati dalle PROVINCE, dove le
filiere agroenergetiche rispettose delle
caratteristiche agronomiche dei siti, la
dimensione flessibile e piccolo-media degli
impianti si integrino e siano funzionali con le
altre filiere di vocazione locale, realizzando
la filiera corta energetica per l’impiego, il
più efficiente possibile, di tutta l’energia
prodotta.
L’attività di start up è rappresentata da un
Protocollo di Intesa, che costituisce un
intervento propedeutico, necessario e
strategico, condiviso con tutti gli attori
pubblici e privati del territorio, sia per la
tutela del settore agricolo, sia per
l’occupazione. Il Protocollo di Intesa deve
avvenire nel rispetto dei PSR e del Piano
Energetico Ambientale Regionali e provinciali.
C’è il tempo per rivalutare la vicenda nel suo
complesso e ripartire dal Piano Energetico
Provinciale? Per la nostra provincia, a
vocazione agricola e naturalistico-ambientale,
pensiamo che si debbano prevedere solo impianti
di produzione a impatto zero, preferendo la
generazione distribuita. In questa ottica,
proponiamo che si avvii uno studio per
verificare una possibile filiera corta per l’uso
di biomasse locali.”
I
dati, le esperienze positive e negative in
Italia sulle Biomasse: La produzione totale di
energia da fonti rinnovabili in Italia oggi è
pari al 7% della produzione totale di energia
primaria, corrispondente a 16,5 megatep, di cui
solo i 4 da biomasse. Eppure sono in crescita i
Comuni italiani che utilizzano impianti a
biomasse. Oggi grazie a impianti che utilizzano
legno e biomasse (e non rifiuti come purtroppo
considera la normativa italiana) si produce
elettricità pari a 1.981GWh per un fabbisogno di
792mila famiglie. Sono in rapida diffusione
esperienze locali virtuose di impianti capaci di
utilizzare biomasse locali che producono
elettricità ma soprattutto calore che grazie a
una rete di teleriscaldamento permette di
riscaldare case (come a Brunico e Tirano),
scuole e edifici pubblici (come a Camporgiano e
Casole D’Elsa).
In
negativo segnaliamo le centrali a biomassa di
Crotone e Strongoli, rispettivamente da 22MW e
40 MW, che rappresentano un chiaro esempio di
ciò che Legambiente intende per centrale a
biomassa non sostenibile. Le due centrali in
questione infatti utilizzano la biomassa solo
per la produzione di energia elettrica,
disperdendo nell’ambiente tutto il calore
prodotto che potrebbe soddisfare una buona
percentuale di fabbisogno di acqua calda
sanitaria delle utenze dei due Comuni. Inoltre
le due centrali richiedono per il loro
funzionamento circa 700 mila tonnellate di
biomassa, che in buona parte non è reperibile a
livello locale e dunque viene importata via mare
dal Brasile, dal Centro America e dal
Portogallo.
|
Risponde Alessandro Visalli
4 settembre 2007
provo a fornire qualche risposta.
Dato lo spazio limitato sarò breve.
sull’argomentata e ben costruita
posizione della Lega Ambiente
Telesina posso dire intanto che se
vogliono lo Studio completo è a
disposizione basta chiederlo o
andarlo a visionare (presente in
Provincia, Comune, Regione, ben
diciannove enti). In esso lo studio
sull’approvvigionamento è presente.
Anche sulla base di esso è stato
espresso parere positivo. Comunque
in sostanza bisogna comprendere che
l’impianto non è esso stesso
filiera. si candida come terminale,
ma la filiera la dovranno fare gli
operatori sanniti non i bergamaschi.
Questi ultimi si limiteranno a
comprare il materiale. In incontri
con i consiglieri (riferimento a
partito politico censurato per
rispettare l’apoliticità del blog,
ndr) nel 2004-2005 è stato detto
dalla ditta di essere disponibile a
fornire supporto, nessuno si è fatto
avanti.
In effetti si tratta di mestieri
diversi.
ma quello di un’azienda che vuole
produrre energia non è illegale.
Per il calore bisogna dire che è
un’effettiva carenza. Purtroppo una
rete di distribuzione costa molti
milioni di euro, non è detto si
ripaghi con i soli soldi privati (le
banche hanno il vizietto di chiedere
i conti).
Occorrerebbe lo sforzo anche della
amministrazione/i o dele forze
locali. Anche qui silenzio.
la filiera corta. Se ne parla molto,
ma poi dove si fa? In Italia nel
2003 (dati disponibili Itabia) solo
4 impianti su 34 sono sotto i tre MW
elettrici. Sarà perchè non si
ripagano?
Per fare un impianto qualcuno deve
investire e l’investimento deve
essere competitivo altrimenti non è
(perchè le banche si defilano).
Quindi la teoria della filiera corta
è bella ma poco realizzabile.
Facciamo “filera media”, allora; ma
da qualche parte bisogna partire. In
un settore dove, come si vede, si
parte con tutti gli accordi e dopo
due anni di procedure tutti iniziano
a protestare 8anche i protagonisti
della prima ora) vi sembra singolare
che qualcuno voglia prima vedere se
viene autorizzato? A fare qualcosa
di previsto da tutte le norme?
Voi dite “l’impiego più efficiente
possibile”. Pienamente daccordo. Ma
“possibile” significa fattibile,
tecnicamente, economicamente e
normativamente. se non è possibile
economicamente una cosa non è. Se
non vogliamo che tutto sia fatto con
i soldi pubblici (e pagare le
corrispettive tasse) deve essere
così.
Dove, scusate, sconfinate nella
demagogia è quanto dite “solo
impianti di produzione a impatto
zero, preferendo la generazione
distribuita”. Premesso che Rifkin
l’ho letto e sentito (è meglio
leggerlo) anche io, “impatto zero”
non esiste. MAI.
(tra parentesi neppure le società
preindustriali alle quali
evidentemente molti vogliono tornare
erano a impatto zero, anzi.)
Infine, brutta cosa (e stupida) le
biomasse dal Brasile, ma 700.000?!
Qui si tratta di trovarne nella
regione più popolosa d’Italia
100.000.
Circa il commento. Scusate, le
analisi strumentali condotte
indicano il dato di 12 mc /h
compatibile (nella misura di 1/3)
con la capacità di rigenerazione
della falda nel mese di agosto. Per
farle sono stati fatti pozzi, messi
misuratori, validati dati con
perizie giurate. Voi?
Comunque per questo l’autorità di
bacino ha le sue valutazioni e dirà
se è compatibile.
Il vapore surriscaldato viene
ricircolato e recuperato per
salvaguardare la risorsa idrica.
Anche qui, quali sono i calcoli?
grazie, veramente. E’ bello un
intervento nel merito.
Alessandro Visalli
Gentile sig. Visalli la ringraziamo per
aver visitato e partecipato attivamente
alla vita del nostro blog, con il suo
intervento spero si siano chiariti
alcuni dei dubbi espressi dalla sezione
telesina di Legambiente .
Riguardo il nostro commento le possiamo
dire che il dubbio sulla capacità di
ricarica della falda è nato
semplicemente dalla costatazione della
grande portata emunta, ma come
giustamente lei afferma solo l’autorità
di bacino ha gli strumenti per
dichiararne la compatibilità.
Da iniziali
notizie sull’impianto avevamo appreso
che il vapore veniva immesso
direttamente nell’ambiente, inoltre sul
sito
www.vivitelese.it
abbiamo appreso da un’intervista ad un
professore esperto di salvaguardia delle
acque che l’impianto sverserà acque di
scarico non depurate in un vallone
vicino compromettendo la falda
superficiale e l’equilibrio
idrogeologico locale.
Detto ciò volevamo chiarire che in
qualità di futuri ingegneri per
l’ambiente non abbiamo nessuna
intenzione di fomentare falsi allarmi
ambientali, ma nemmeno appoggiare
impianti il cui impatto sia
insostenibile specie in zone molto
sensibili sul profilo ambientale.
L’errore che si è commesso a San
Salvatore e che si continua a commettere
in altre regioni d’Italia è quello di
avvisare la popolazione sempre alla fine
di un certo processo decisionale, una
struttura del genere deve essere
accettata prima dalla popolazione e poi
da industriali e imprenditori, in sede
di conferenza dei servizi bisognerebbe
invitare rappresentanti civici e di
associazioni ambientali in modo da
informarli in anticipo su quello che si
vuole fare a casa loro…se ciò avviene
alla fine la frittata è già fatta, viene
meno la fiducia tra le parti e con essa
l’eventuale futuro rapporto di
collaborazione.
Su una cosa comunque siamo completamente
d’accordo, sull’esigenza di confrontarsi
e discutere civilmente.
Grazie dell’intervento e buon lavoro.
|
Risponde Alessandro Visalli
6 settembre 2007
Vi ringrazio per la cortesia.
Io sono l’estensore della
valutazione di Impatto Ambientale
(che naturalmente ha visto coinvolti
numerosi esperti e l’Università di
Napoli)ed ho seguito il proggetto se
non proprio dall’inizio almeno dal
maggio 2005.
Posso dire in tutta sincerità che
per comunicare ai cittadini la
natura e le condizioni del progetto
si doveva fare molto di più. Ciò è
stato sempre programmato ma mai
attuato. Cioò che (ma dal 2005) è
stato fatto è incontrare le
amministrazioni, i consiglieri, gli
assessori.
E’ chiaro che non basta. Ma per una
serie di motivi sempre diversi
sembra che non fosse mai il momento
buono.
Comunque, visto che anche se tardi
adesso il canale di comunicazione è
aperto io sarei per parlare.
saluti
alessandro visalli
Potreste cominciare riallacciando i
rapporti con la sezione di Legambiente e
con i comitati civici intercomunali
costituiti, in ogni caso il nostro blog
è disponibile per pubblicare ulteriori
sviluppi della vicenda e per ospitare
eventuali scambi di opinione di entrambe
le parti. Buon lavoro a tutti!! |
Risponde Alessandro Visalli
7 settembre 2007
A titolo personale sono disponibile
a dialogare con chiunque ed ho, in
tal senso, già iniziato a parlare
con i cittadini ed i membri dei
comitati che mi hanno voluto
ascoltare e che ho ascoltato.
Per incontri ufficiali,
naturalmente, è la ditta che deve
esprimersi ma sono convinto che sarà
disponibile.
grazie
alessandro visalli
Curriculum
Arch. Alessandro Visalli
Napoli
fonte:http://www.ecopraxis.it/curriculum/06.06.26%20Curriculum%20Visalli.pdf
Titoli di Studio:
-
luglio 1998, conseguimento del titolo di dottore
di ricerca in Pianificazione Territoriale ed
Urbanistica, giudizio finale: ottimo.
Discussione di una tesi di dottorato dal titolo
“Proposta di principi per una <<base di
dialogo>> come interazione regolata tra
strumenti indirizzanti ed obbliganti”. La tesi
discute, a partire dal caso della pianificazione
strategica e intorno ad alcune recenti proposte
di riforma degli strumenti urbanistici, della
possibilità di ripensare la strumentazione
urbanistica enfatizzando la valutazione di
variazioni anziché il progetto del futuro
ottimo.
-
marzo 1992, laurea in architettura, Università
degli Studi di Napoli, punteggio 110/110 e lode.
Discussione della tesi di laurea, dal titolo:
“Lo spazio del tempo libero. Un parco urbano
allo Scudillo”. Nell'ambito del lavoro di tesi
svolgimento di una ricerca sulle tecniche, e
lecorrispondenti logiche, di rappresentazione in
ambiente urbano, e conseguente redazione diuna
relazione dal titolo: "Linee di indirizzo per
una rappresentazione urbana".
Appartenenza ad organizzazioni:
-
dall’aprile 2006, Consigliere di Amministrazione
della società Depurazioni Industriali S.p.a.
(mista tra il Consorzio ACSA di Caserta e alcuni
privati selezionati a mezzo di gara pubblica).
-
dal gennaio 2004 al marzo 2005, Vicepresidente
del Consorzio STA. Sviluppo Tecnologie
Industriali.
-
Dal luglio 2003 al giugno 2005, Amministratore
Unico della società informatica Kappasystem
S.r.l.
-
dal novembre 1998, socio ed Amministratore Unico
della società
Ecopraxis Networking S.r.l. svolgendo
anche le funzioni di responsabile tecnico:
La società si occupa di consulenza ambientale,
assistenza procedimentale e localizzativa ed
attività di servizio nel campo della gestione
del ciclo dei rifiuti sia speciali sia solidi
urbani; in particolare è impegnata nella
promozione di progetti per la realizzazione di
impianti di trattamento rifiuti speciali,
coordinando più iniziative già presenti nel
settore.
In
tal senso è stato sviluppato:
-
attività di intermediazione rifiuti senza
detenzione con riferimento a rifiuti di
provenienza industriale e da attività del
piccolo commercio e terziario; attività
media annuale intorno alle 30-50 operazioni;
invio a impianti di recupero, discarica e
incenerimento.
-
assistenza alla bonifica industriale di
attrezzature presso lo stabilimento della
Pirelli a Pozzuoli;
-
bonifica da amianto presso la scuola della
NATO della Isola della Maddalena (Sardegna);
-
assistenza localizzativa per la
Federindustria Campania (ricerca sito per la
Piattaforma Polifunzionale per il
trattamento dei rifiuti
industriali);-assistenza alla procedura
autorizzativa per la società Piattaforma
S.p.a. (un impianto polifunzionale e due
discariche);
-
assistenza alla comunicazione sul territorio
e con le istituzioni; -assistenza alla
procedura autorizzativa per la società
Campania Ambiente S.r.l. (inceneritore
“riposizionabile”);
-
Studio di Impatto Ambientale ed assistenza
ai procedimenti autorizzativi della società
Vocem S.r.l. per un impianto a Biomasse
presso San Salvatore Telesino (BN);
Tra le altre attività può essere ricordato:
-indagine sui rifiuti da imballaggio in Campania
su commissione del CONAI e del COREPLA;
-progettazione esecutiva ed assistenza alla
realizzazione del Sistema di Aiuto alle
Decisioni e di alcuni servizi del Portale del
Sistema SIRENETTA del Commissariato di Governo
per l’Emergenza Rifiuti (Monitoraggio siti ed
automezzi di trasporto rifiuti in Campania).
-
dal novembre 1998, iscritto all’ordine degli
architetti.
-
dal 1993 al 2000 socio dell'Istituto Nazionale
di Urbanistica (INU).
Incarichi:
-
novembre 2001, partecipazione alla ricerca MURST
40 % sugli Standard Urbanistici. Nell’ambito
della ricerca è stata sviluppata una riflessione
sui concetti di Interesse Pubblico e Valori
Collettivi.
-
settembre-ottobre 1991 partecipazione ad una
ricerca, coordinata dal Prof. arch. Giovanni
Cerami, dal titolo “Parchi urbani recenti
esperienze tipologiche e gestionali”, relativa
alla redazione di una monografia concernente
studi e proposte per la sistemazione di parchi
naturali ed urbani. |