Gentili sig. Pagliarulo e signora Cutillo,
prendo ancora una volta spunto dei vostri
interventi per provare a far capire meglio il
mio pensiero su una vicenda che ha sicuramente
aspetti tecnici complessi ma, mi sembra, anche
elementi esemplari, che stanno emergendo dal
dibattito, di un diverso modo di percepire i
beni pubblici e le dinamiche decisionali.
Non potrei essere più d’accordo circa
l’affermazione del sig. Pagliarulo quando dice
che le entità politiche non sono pertinenti, in
quanto qui si tratta di “salute, ambiente e
gente”. Così come con la constatazione della
signora Cutillo in merito alla costante tendenza
dei proponenti (e della politica, soprattutto
locale) a non “mettere in piazza” i progetti sin
da subito.
Personalmente conduco sempre una battaglia
(normalmente con scarso successo) perché tale
momento di conversazione con la cosiddetta
“comunità locale” sia promosso quanto prima
possibile ed in modo corretto (impatti temuti
verso garanzie ambientali, elementi di
detrazione verso mitigazioni,
malefici economici –anche potenziali- verso
compensazioni e benefici economici certi),
senza scambi impropri (es. ambiente con
compensazioni economiche). Paradossalmente con
la vicenda Vocem, forse perché di azienda
pubblica, la ditta era disponibile a farlo e lo
ha anche chiesto.
Credo che, cambiando provvisoriamente tema, le
obiezioni del sig. Pagliarulo e della signora
Cutillo (pur entro differenze anche importanti)
illuminino un fondo inespresso del conflitto
quando si denuncia il danno ambientale
(enfaticamente chiamato “morte”) come
“risultante consequenziale del progresso”,
perché connesso all’economia ed al profitto
(sig. Pagliarulo), e quando si denuncia un
ambiente “completamente distrutto da idee
fintamente progressiste” (signora Cutillo).
Per come mi sembra il tema è il rifiuto –quanto
meno il sospetto- della industrializzazione e
della economia di mercato (cioè della
legittimità del profitto condotto secondo le
leggi e le regole della civile convivenza). Ma
anche, scusate, l’indisponibilità a sopportare
la propria parte del carico necessario per
l’esistenza di una società moderna ed
industrializzata; significativo a tal fine la
censura della signora Cutillo verso quella che
lei chiama “delocalizzazione democratica degli
agenti inquinanti” e che potrebbe definirsi come
equa ripartizione e quindi delocalizzazione
delle infrastrutture a potenziale detrazione
ambientale. In altre parole, come principio di
pianificazione per il quale non tutti i sistemi
attrattivi di traffico, potenzialmente
inquinanti, debbono localizzarsi nelle aree già
sature ma occorre (per ragioni di efficienza ed
equità) quando possibile decentrarli.
Bisogna, infatti, notare che anche nella valle
telesina arriva l’energia elettrica -altrove
prodotta tramite centrali a turbogas o altre
fonti per lo più non rinnovabili-, di lì vengono
portati via i reflui -per andare a sistemi di
depurazione altrove localizzati-, come anche i
rifiuti etc. I benefici, in altre parole,
arrivano.
Naturalmente “il conto” non può consistere in
“un ambiente completamente distrutto” –ciò
sarebbe, se fosse, inaccettabile- ma trovo
singolare che venga inserito nell’elenco lo
“sviluppo sostenibile” e le “energie
alternative” che sono proprio la rubrica del
progetto in esame (insieme, è la mia opinione,
alla creazione di nuova occupazione per la
difesa della salute e dell’ambiente almeno
alla scala provinciale e regionale).
Il
materiale che l’impianto intende valorizzare,
rispondo al sig. Pagliarulo, è materiale di
scarto che oggi viene abbandonato, va in
discarica o comunque è gestito male e può
evitare di bruciare la corrispondente quantità
di gas metano o olio pesante (già non a San
Salvatore Telesino ma sotto casa di qualcun
altro). Questo materiale non è certo a Bergamo
(portarlo da lì potrebbe costare oltre 1.200,00
€ a viaggio e sarebbe assurdo, sotto il profilo
economico, oltre che non consentito dalle
attuali norme) è in Campania. Non solo a
Benevento ma anche nelle province limitrofe (è
tutto scritto nel SIA dal 2005).
Circa l’allusione della signora Cutillo sui
rifiuti speciali (certo catalogati ma non in
internet, dalla Unione Europea), dato che siamo
in argomento, faccio notare che dire “rifiuti
speciali” significa solo “non urbani”. E’ ciò
che ripeto sempre: non prenderemo mai rifiuti
urbani. Dei rifiuti “speciali” prenderemo
solo quelli che abbiamo chiesto (inutile
ripetere la lista).
Nel prosieguo la signora Cutillo sembra ancora
non comprendere che non ritiriamo rifiuti
urbani, quindi evidentemente non abbiamo ragione
di trovare “alluminio ed altri metalli” o di
avere tanta cenere (cioè un così alto tenore di
inerti). Poi che le discariche naturalmente non
fanno parte del progetto ma sono impianti (fuori
regione) che ci avranno come clienti. Infatti si
tratta di discariche per rifiuti speciali non
pubbliche per rifiuti urbani. Infine, che le
bucce di pomodoro naturalmente le ritireremo
solo se previamente essiccate da terzi (e che le
bucce di noccioline, magari ne trovassimo tante,
hanno un potere calorifico altissimo). Il legno
da costruzione (un codice del quale non ce ne
sono grandi quantità realmente disponibili nelle
condizioni adatte e che quindi si potrebbe anche
togliere se preoccupa) naturalmente è “non
pericoloso” (quello “pericoloso” ha un altro
codice con l’asterisco), quindi non è trattato
con le temute, giustamente, sostanze citate. La
carta e cartone di regola non saranno ritirate
salvo che quando il mercato (che oscilla)
impedisce il conferimento alle cartiere di
macero. Plastica e polistirolo da agricoltura
non sono comprese nei codici citati, non sono
biodegradabili, non ci si prendono i certificati
verdi.
Se
però il punto è un altro. Cioè che la
disponibilità di biomasse vergini accreditate
dall’ing. Tombolillo (che se ne assume
personalmente la responsabilità come faccio io
per le mie osservazioni) per gli impianti
programmati in Regione Campania (la lista
casomai è biomasse in combustione diretta e per
fare biogas, oli vegetali e non “industriali”,
mentre non capisco le “discariche”) non sarebbe
sufficiente ad alimentarli. Allora, mi permetto
sommessamente di sottolineare che bisognerebbe
al più riconoscere che l’impianto di proposto
dalla Vocem è una voce fuori dal coro.
E’
l’unico che francamente lo riconosce e cerca una
soluzione, apertamente.
Ultimo commento: mi spiace di essere percepito
come sprezzante. Ci rifletterò.
Tuttavia vorrei provare a esprimere meglio il
mio pensiero: la reazione contro il progetto,
come tutte le reazioni verso qualcosa che ci
sembra ci danneggi e ci aggredisca, non può che
avere anche contenuti emotivi (una signora mi ha
chiamato “spacciatore di morte”, non è una frase
carica di emozioni?); ma in ciò non trovo nulla
di male. La nostra intelligenza si esprime anche
tramite le emozioni altrimenti saremmo dei
robot.
Il
punto è solo che le decisioni dovrebbero essere
sensibili anche ad altri registri della
razionalità e quindi essere informate,
opportunamente soppesate, espressive delle
diverse dimensioni dei problemi in gioco,
rispettose di tutti gli interessi (non solo di
quelli locali) ed esigenze (anche di quella
regionale di produrre energia senza metano e di
utilizzare correttamente gli scarti).
Comprendo quindi, e vorrei rispettare in pieno,
le “giuste preoccupazioni dei cittadini”
soprattutto se “giuste”.
E’
per questo che cerco di parlarne.
Grazie a tutti per la pazienza
Alessandro Visalli
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