Rispondo alla interessante lettera del sig.
Pascale il cui tema primario mi sembra quello
dello sfruttamento "irreversibile" dei beni
comuni e della, conseguente, insostenibilità
delle pratiche di valorizzazione energetica
delle biomasse di scarto.
Apro un piccolo
inciso, come ho ripetuto molte volte, almeno a
partire dalla fase nella quale il progetto è
stato definitivamente progettato -e quindi
proposto per le autorizzazioni (metà 2005)-
l'impianto di San Salvatore Telesino (che è
progettato in due linee da 5 MW ciascuna) è
dedicato esclusivamente a biomasse sia vergini
sia di scarto ma
solo
ligneo-cellulosiche. La ipotesi, peraltro
immediatamente scartata, di dedicare una linea
(facendo un "letto fluido") ad altra
destinazione non è andata mai oltre una semplice
-peraltro incongrua da molti punti di vista-
lettera.
L'unico progetto
sul tavolo, l'unico che ha avuto la valutazione
di impatto ambientale positiva (quindi per il
quale è stato decretata la compatibilità -e
quindi sostenibilità- ambientale), è dedicato ai
codici rifiuti elencati e solo a quelli. Quindi
il dott. Avitabile ha ragione nel dire che
l'amministrazione sapeva tutto, e ha diritto di
opporsi al progetto, ma lo prego di prendere
atto che non si tratta di
rifiuti
urbani.
Quindi, piccola notazione tecnica, non
l'impianto è soggetto alla programmazione
pubblica nè del/i piani rifiuti urbani
(provinciale o regionale) nè ricade nella
responsabilità dell'ATO (quindi nella
provincializzazione).
Tornando al suo articolo, sig. Pascale, debbo
dirle che non ritengo lo sviluppo (a maggior
ragione se calcolato con il rozzo strumento del
PIL) metro unico di valutazione della qualità
della vita o addirittura del "ben-essere" che ha
profonde implicazioni ed ha a che fare, casomai,
con la "buona vita", degna e profonda, con la
saggezza personale e collettiva, appunto con
l'essere e non con i beni di cui si gode. Se
esiste una "tale schiera" non sento di farne
parte.
Non credo che, in generale, sia una "necessità
ineludibile" costruire centrali a biomasse o
inceneritori, ma credo che i problemi debbano
trovare soluzioni e non essere ignorati.
Il tema è complesso, ma proverò a riassumerlo
anche in base ai suoi stimoli:
- lo sfruttamento dei beni comuni è un tema
estremamente serio, l'umanità lo ha sempre fatto
e lo fa sempre. In un certo senso non si può
fare a meno di farlo, almeno sino a che si resta
vivi. Il tema è se questo sfruttamento (brutta
parola) è, e in che misura, "irreversibile". Poi
se questo sfruttamento è legittimo. Sotto il
primo profilo è irreversibile sicuramente lo
sfruttamento di fonti energetiche fossili
(almeno sul metro della vita della specie) e dei
suoi derivati (energia elettrica, calore da
riscaldamento della casa o della pentola con
metano, plastiche, energia per autotrazione,
...); quindi quello di materie prime
difficilmente, e non indefinitamente,
sostituibili anche a causa dei consumi
energetici necessari per produrli etc.
(metallo, cemento, pietra, ...). E' sfruttamento
dei beni comuni anche il danno ambientale
conseguente alla produzione di energia, al
trasporto, a moltissime pratiche agricole, a
quasi tutte le forme di allevamento e
sicuramente quelle intensive, etc. Non continuo
perchè l'esercizio è troppo facile.
Vorrei solo
avanzare il dubbio che la valorizzazione
energetica di biomasse (vergini, cioè
naturalmente cresciute sul territorio) o di
scarto (cioè usate, buttate, ed intercettate
prima che vadano in discarica o peggio) sia
meno
sostenibile di produrre la stessa energia con
una turbogas che fa arrivare metano dalla Russia
(o da un rigassificatore) o con centrali a
carbone o ad olio pesante (qualcuna è ancora
accesa).
Il problema,
casomai, è
dove
sono quelle
altre
centrali...
ma l'energia
è a Benevento.
Riguardo al bilancio di massa ed energia
dell'impianto (ceneri, acqua, emissioni) è
sicuramente vero -basta leggere quello che
io
ho scritto- che emette PM10, ed altro, che
consuma acqua, che produce ceneri. Ma
ogni
altra centrale lo fa. Le ceneri, le PM10,
l'acqua consumata è contenuta nell'energia che
stiamo usando in questo momento per scrivere,
trasmettere, ricevere, leggere. Si tratta di
vedere se è sostenibile dall'ambiente (ed è
stato già affermato da commissioni competenti) e
se è inferiore ad altre alternative (e questo è
stato deciso dalla UE, dato che ha deciso di
incentivarne la produzione).
- l'invito a
interessarmi delle pratiche di risparmio e
riduzione sono lieto di averlo
già
accolto. Ho presentato alla regione Sicilia un
progetto per realizzare un servizio di aiuto
alle decisioni per calcolare automaticamente
quale scelta di acquisto (es. di pubbliche
amministrazioni o imprese) è a minore impatto
ambientale sotto i diversi profili calcolabili
(Analisi del Ciclo di Vita). Poi sto cercando di
convincere la Regione Sicilia ad avviare
sperimentazioni avanzate sulla raccolta
differenziata.
Quindi sto portando avanti progetti: sul
fotovoltaico, sulle biomasse a ciclo chiuso,
sugli oli vegetali, sul bioetanolo,
sull'idroelettrico. Mi manca solo il geotermico
e l'eolico dei quali non mi sono mai occupato.
- La pregherei, anche se capisco la polemica, di
non affiancarmi al sig. Watson che offende
principalmente se stesso e tutti noi, il
problema è proprio di rallentare il consumo
delle risorse del pianeta (e di risparmiare
qualche ignobile guerra; tema quest'ultimo che
dovrebbe essere particolarmente presente dato
che il sig. Bush si prepara ad attaccare anche
l'Iran per confermare il suo potere sul
petrolio, e quindi su di noi). Quello che lei
chiama, giustamente, "reperimento disperato di
risorse energetiche" (se aggiungiamo "non
fossili") è il problema della metà di secolo che
ci apprestiamo a vivere. Ci sono buone ragioni.
- produrre
energia da fonti non fossili (tutte) è una
necessità
inderogabile.
Ciò non significa che non si debba cercare di
riequilibrare il modello di sviluppo. Però
bisogna considerare, se non si vogliono fare
solo parole, i costi e
chi li
paga.
Se vuole possiamo analizzare insieme i costi del
fotovoltaico, ma se vogliamo produrre ognuno
quello che consuma con il fotovoltaico il costo
sarebbe ca. 1.000,00 €/anno/abitante (quindi
3.000,00 €/anno/famiglia) da caricare sulla
bolletta ENEL per produrre i 700 GWh necessari
ogni anno alla Provincia di Benevento
(calcolando di ripartire il costo su 300.000
abitanti) alla tariffa incentivante attuale
("conto energia") di 0,44 €/Kwh.
Il problema è che soluzioni facili (ed uniche)
non esistono. Ridurre i consumi passa per
incentivi che hanno un costo che paghiamo noi,
oppure per norme costrittive, che ne hanno
altri, oppure? Per la chiusura d'imperio di
fabbriche, per il razionamento dell'energia per
fasce orarie, per il blocco della circolazione,
per il divieto di lavorare e spostarsi oltre,
poniamo i 50 km? Non credo sarebbe pensabile.
Non credo lo vorremmo.
Mi perdoni se scivolo nella provocazione, lo
faccio perché -come per lei- l'argomento mi sta
a cuore.
Vede, è proprio l'argomento "tasso di consumi
superiore alla capacità di rigenerazione" che
spinge (insieme alle guerre) per le fonti
rinnovabili. Qualcuno dice che con le
"rinnovabili" non ce la faremo mai e che,
quindi, bisogna andare a fare il nucleare. Io
non sono daccordo, ma se non si può fare neppure
una centralina a biomasse (va bene, anche di
scarto) delle quale ce ne vorrebbero centinaia
per avvicinarci ai 15.000 GWh necessari alla
Campania (ognuna ne fa 70 all'anno) allora
qualche ragione ce l'hanno (una centrale
nucleare al posto di cento biomasse, duecento
pale eoliche etc. farebbe da sola 10.000 GWh).
Peccato che l'uranio è altrettanto non
rinnovabile e le scorie...
- Tutte le politiche che lei indica, e molte
altre, sono giuste, sagge e da promuovere; ma
non hanno a che fare con il progetto di Vocem.
Quest'ultimo non toglie i sacchetti dalle
strade, non ritira i rifiuti urbani (quindi non
il vetro, non la plastica delle bottiglie, etc.)
al massimo ritira i rifiuti di legno e biomassa
degli impianti industriali di trasformazione
della filiera agro-industriale, quelli degli
impianti di selezione meccanica (di nuovo, solo
legno e carta) etc. Quanto allo "stringere" la
fonte che produce i rifiuti urbani, va bene.
Purtroppo siamo noi.
In attesa di "stringerla" abbiamo i rifiuti in
strada. Proprio perchè diciamo sempre che il
problema "è un altro". Le racconto una storia;
quando ero (più) giovane avevo un amico al quale
volevo e voglio bene; in alcuni luoghi e gruppi
facevamo politica giovanile. Quindi discutevamo
molto sui problemi, le analisi, il "che fare".
Quando si arrivava a tale tema lui diventava il
"compagno del si, ma però..." Parlavamo per ore
e poi, ... niente.
Non voglio dire che lei sia un "compagno del si,
ma però..." (nè, naturalmente che sia un
"compagno") anche perchè siamo diventati grandi.
Tuttavia le cose devono essere fattibili.
Dobbiamo fare pannelli fotovoltaici sugli
impianti pubblici. Però sappiate che costano
molto, non sono convenienti persino con il
livello altissimo di incentivi (circa il doppio
dei "certificati verdi") e comunque li paghiamo
noi. Il ritorno di immagine è sicuro, quello
ambientale bisognerebbe vedere -perchè i
pannelli sono prodotti, trasportati, consumano
risorse etc.-, quello economico non è sicuro se
si fanno tutti i conti.
Comunque facciamoli. Ma non risolveranno da soli
il problema. Se si arriva all'obiettivo
nazionale (3.000 MW di potenza installata)
produrranno in tutta Italia ca. 4.500 GWh (1/3
del fabbisogno della Campania).
Infine, gentile
sig. Pascale, non mi metta insieme ai politici.
Io ho
sempre
avuto una sola parola, non ho paura di dirlo in
ogni sede (come sanno bene i comitati) e
rispetto da sempre la "consapevolezza e
partecipazione politica", la "passione politica"
che condivido, la "delega politica vigilata". La
mia lettura preferita (che ho fatto veramente
molto a lungo) è Habermas.
cordiali saluti
Alessandro Visalli
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