31 gennaio 2008
LEX:  HANDICAP E ASSISTENZA
Aldo Maturo

 

 

 
Il problema dell’assistenza ai portatori di handicap in situazione di gravità rappresenta materia di continuo contenzioso tra il datore di lavoro (privato o pubblico) e il dipendente che chiede di beneficiare dei 3 giorni di permessi mensili previsti dalla legge 104/92 o di essere trasferito ad una sede di lavoro più vicina al luogo dove presta assistenza al familiare portatore di handicap (purchè non ricoverato a tempo pieno in un istituto specializzato.

 

Bisogna riconoscere che il contenzioso è alto anche perché molte volte questi familiari sono strumentalizzati e rappresentano l’unica via di uscita per riuscire ad ottenere i benefici previsti dalla legge.

I maggiori problemi sorgono quando la richiesta è avanzata da parenti o affini entro il 3° grado cui l’art.20 della L.53/2000 e l’art.33 della L.104/1992 estende la facoltà di: 

a – fruire di 3 giorni di permesso mensile (che possono essere anche cumulativi o orari)

b – scegliere, ove possibile, una sede vicina al proprio domicilio per assistere il familiare. La persona assunta per concorso o ad altro titolo in un ente pubblico ha diritto di scelta prioritaria tra le sedi disponibili (invero c’è giurisprudenza che non concorda totalmente con questa ipotesi)

c – opporsi al trasferimento disposto senza il proprio consenso ad altra sede di servizio,da dove non riuscirebbe ad assistere il  familiare con handicap.

E’ su queste ipotesi che ci soffermeremo brevemente, partendo dalla norma che  prevede:

“Le disposizioni dell'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, come modificato dall'articolo 19 della presente legge, si applicano anche qualora l'altro genitore non ne abbia diritto nonché ai genitori ed ai familiari lavoratori, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assistono con continuità e in via esclusiva un parente o un affine entro il terzo grado portatore di handicap, ancorché non convivente”. (Art.20 L.53/2000)

Cade il requisito della convivenza per richiedere i 3 giorni di permesso mensile  o avanzare l’istanza di trasferimento ad una sede di lavoro più prossima a quella del familiare handicappato (o il divieto di essere trasferito senza consenso dall’attuale sede di servizio se già si fruisce del beneficio). E’ richiesto comunque quello della continuità e della esclusività dell’assistenza oltre naturalmente all’esistenza di un posto libero nella sede dove si chiede di essere assegnati ed è chiaro altresì che lo stesso diritto viene meno nel caso in cui cessino i presupposti (ad es. morte dell'assistito o mutamento delle condizioni sanitarie), con conseguente revoca del provvedimento di cui si è beneficiato.

Secondo alcuni Enti assistenziali (es.INPS)l'esclusività dell'assistenza non è intaccata nel caso in cui il disabile sia assistito anche da badanti, assistenti domiciliari, volontari ecc.  L’esclusività invece è da escludersi quando il soggetto handicappato non convivente con il lavoratore richiedente risulta convivere, a sua volta, in un nucleo familiare in cui sono presenti lavoratori che beneficiano del medesimo permesso ovvero soggetti non lavoratori in grado di assisterlo.

Non può esserci di certo continuità in caso di oggettiva lontananza dall'abitazione principale del portatore di handicap, lontananza intesa sia in senso spaziale che temporale. In genere  una distanza tra le due abitazioni percorribile al massimo in un’ora configura l’ipotesi della continuità assistenziale quotidiana. In caso contrario spetta al lavoratore la prova concreta dei rientri in sede giornalieri e dell’assistenza al portatore di handicap non convivente.

 
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania – Napoli , Sezione VII, 28 febbraio 2007 ha stabilito invece che “ non può ritenersi che l’assistenza continuativa debba avere carattere quotidiano ed esclusivo, ma appare necessario che il dipendente sia il fondamentale punto di riferimento per l’assistenza del disabile, quanto meno per il profilo della costante organizzazione, supervisione delle cure necessarie, delle condizioni di vita e relazioni affettive.

 Tanto considerato, appare necessario che l’Amministrazione di appartenenza valuti caso per caso, sulla base della documentazione fornita dall’interessato la consistenza degli elementi probatori da tenere in considerazione e la sussistenza dei  presupposti ai fini del riconoscimento del beneficio”.

Ma che la materia sia in continua evoluzione in senso più favorevole ai familiari del portatore di handicap, lo si deduce anche dalla recentissima circolare INPS n.90 del 23.5.2007,  destinata a rappresentare una svolta storica nella gestione della materia. L’Istituto previdenziale, sulla base di numerose sentenze del Consiglio di Stato, Cassazione e Corte Costituzionale, ha dovuto rivedere i criteri di concessione dei permessi ex L.104 ed ha impartito per le sue sedi i seguenti indirizzi:  

 “….. Per la concessione dei benefici in parola non ha rilevanza il fatto che nell’ambito del nucleo familiare della persona da assistere si trovino conviventi familiari idonei a fornire l’aiuto necessario, né è indispensabile che l’assistenza sia quotidiana se sussistano i caratteri della sistematicità e dell’adeguatezza rispetto alle concrete esigenze del caso. I benefici……. debbono essere riconosciuti anche a quei lavoratori che, pur risiedendo o lavorando in luoghi anche distanti dalla persona disabile, offrono al medesimo disabile un’assistenza sistematica ed adeguata” . Addirittura il requisito dell’esclusività dell’assistenza - secondo l’INPS - è compatibile  anche ove sia presente e concomitante il ricorso alle strutture pubbliche e addirittura al ricorso di assistenza con personale “badante”, mentre resta escluso solo in caso di ricovero a tempo pieno per le intere 24 ore.

Qualche anno prima la stessa INPS, con circolare 128 del 2003, aveva preso atto che sono da riconoscere come validi i motivi di indisponibilità all’assistenza a carico di quei parenti che hanno in famiglia più di tre minorenni o un bambino di età inferiore a 6 anni.

 

Invero anche la giustizia amministrativa da anni è pervenuta a conclusioni più estensive tanto che il Consiglio di Stato, con sentenza del 19.01.1998, n. 394/97 della  Terza Sezione, aveva già affermato che “non si può negare il beneficio allorché sussista il presupposto dell’effettiva assistenza continuativa da parte del lavoratore medesimo sulla considerazione che il rapporto possa essere instaurato da altri familiari”. Nella stessa sentenza il Consiglio di Stato aveva evidenziato che “il beneficio in questione non è subordinato alla mancanza di altri familiari in grado di assistere il portatore di handicap”.

Anche la Corte di Cassazione Sezione Lavoro, con la sentenza n. 7701 del 16.05.2003, ha stabilito che la presenza in famiglia di altra persona che sia tenuta o possa provvedere all’assistenza del parente con disabilità in situazione di gravità non esclude il diritto ai tre permessi mensili retribuiti al familiare che contribuisca all’assistenza aiutando il congiunto non lavoratore.

La stessa Corte, con la sentenza n. 13481 del 20.07.2004,superando se stessa, ha poi confermato il proprio precedente orientamento, ulteriormente specificando che:

“Si deve concludere che né la lettera, né la ratio della legge escludono il diritto ai permessi retribuiti in caso di presenza in famiglia di persona che possa provvedere all’assistenza”  e quindi l'esclusività dell'assistenza non è intaccata nel caso in cui il disabile sia assistito anche da badanti, assistenti domiciliari, volontari ecc

La Corte Costituzionale, nella sentenza n. 325/1996, aveva posto in evidenza la necessità di superare o contribuire a far superare i molteplici ostacoli che il disabile incontra quotidianamente nelle attività sociali e lavorative e nell’esercizio di diritti costituzionalmente protetti. Non è immaginabile invero che l’assistenza al disabile si fondi esclusivamente su quella familiare, stabilendo i seguendo criteri:

1. a nulla rileva che nell’ambito del nucleo familiare della persona con disabilità in situazione di gravità si trovino conviventi familiari non lavoratori idonei a fornire l’aiuto necessario;

2.  la persona con disabilità in situazione di gravità - ovvero il suo amministratore di sostegno ovvero il suo tutore legale – può liberamente effettuare la scelta su chi, all’interno della stessa famiglia, debba prestare l’assistenza prevista dai termini di legge;

3. tale assistenza non deve essere necessariamente quotidiana, purché assuma i caratteri della sistematicità e dell’adeguatezza rispetto alle concrete esigenze della persona con disabilità in situazione di gravità;

4.  i benefici previsti si devono riconoscere altresì a quei lavoratori che – pur risiedendo o lavorando in luoghi anche distanti da quello in cui risiede di fatto la persona con disabilità in situazione di gravità - offrono allo stesso un’assistenza sistematica ed adeguata.

Anche il Tribunale di Roma, con sentenza sez.IV Lavoro del 6.4.2004, ha ammesso che:”  in base alla normativa in materia è condizione necessaria e sufficiente per aver diritto al beneficio che il lavoratore richiedente sia di fatto l'unico ad assistere il parente o affine, essendo del tutto irrilevanti i motivi (fisici, lavorativi o in ipotesi anche solo egoistici), per cui altri non lo sostituiscano o lo coadiuvino”

 

La ratio della legge in esame, infine, è ben illustrata dalla  sentenza del TAR Napoli, Sez. VII, 28 febbraio 2007 / 10 maggio 2007, n. 4909 (Pres. Guerriero, est. Camminiti) quando dice che:

la finalità della norma non è infatti volta solo al riavvicinamento del soggetto al nucleo familiare, ma è diretta ad evitare che il portatore di handicap si trovi senza assistenza a causa della lontananza della sede di servizio della persona che se ne occupa in modo continuativo” ed aggiunge : “ il legame che la norma intende tutelare…. è  diretto in modo specifico verso quel soggetto su cui ricadono il maggior sforzo e la maggiore responsabilità nell’assistenza al portatore di handicap tanto da potersi qualificare, solo per tale persona, come continua ed esclusiva, circostanza che richiede, al riguardo, una esplicita dichiarazione e documentazione da parte di chi aspiri al beneficio”.

 

 


     

  LEX di Aldo Maturo


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