18 luglio 2009
LEX, i furbi della 104
Aldo Maturo

 

 

 

 

 

  

 

   “ …stanare i farabutti e gli approfittatori” . Questo il nuovo motto di Brunetta, già fustigatore dei fannulloni di Stato, che – con il braccio “armato” dell’INPS - ha lanciato la nuova campagna contro gli statali che fruiscono della legge 104, quella che dal 1992 detta i principi  in materia di diritti, integrazione sociale e assistenza della persona.

 

La nuova sfida è partita forse dalla constatazione che nel 2007 i giorni di permesso fruiti da questi dipendenti-familiari sono stati 4.313.388, pari al 6% di tutte le assenze nel pubblico impiego e, benché i disabili siano ben presenti al nord come al sud, nel meridione la fruizione dei permessi è stata doppia rispetto alle altre zone d’Italia.

 

Materia del contendere è l’art.33 della legge 104/1992 nella parte in cui prevede  che, oltre ai genitori, anche i parenti  ed affini entro il terzo grado, conviventi, hanno diritto a tre giorni di permesso mensile fruibili anche in maniera continuativa a condizione che la persona con handicap in situazione di gravità non sia ricoverata a tempo pieno. Altro importante  beneficio era che il familiare lavoratore, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assisteva con continuità un parente o un affine entro il terzo grado handicappato, aveva diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non poteva essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede.

Da anni l’interpretazione di tali norme ha riempito gli scaffali delle segreterie dei Tar in un  infinito contenzioso tra i dipendenti e la Pubblica Amministrazione.

 

Bisogna riconoscere che sono stati rispolverati nonni, zii e congiunti ignorati da anni, si sono modificate fittiziamente residenze anagrafiche per istruire pratiche finalizzate soprattutto ad ottenere trasferimenti di sede o per restare comodamente nella propria sede di servizio anche quando all’avanzamento di grado e/o carriera era correlato per tutti gli altri colleghi il trasferimento di sede.

Brunetta ha saputo, ha sondato ed è partito contro i furbi della legge 104.

 

Il disegno di legge 1167 prevede che il beneficio dei tre giorni di permesso mensile compete qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti. Il predetto diritto non può essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per l’assistenza alla stessa persona con handicap in situazione di gravità.

Per i trasferimenti di sede, invece, il genitore o il familiare lavoratore, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assista con continuità un parente o un affine entro il terzo grado handicappato ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere (prima era al domicilio del dipendente) e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede

Ferma restando la verifica dei presupposti per l’accertamento della responsabilità disciplinare, il lavoratore  decade dai diritti  qualora il datore di lavoro, avvalendosi dei competenti organi della pubblica amministrazione, accerti l’insussistenza o il venir meno delle condizioni richieste per la legittima fruizione dei medesimi diritti.

 

Ma Brunetta sa che alla base di queste richieste ci deve essere il riconoscimento, per il familiare infermo, dello status di handicap in forma di particolare gravità.

 

Ed allora è andato alla fonte e, probabilmente senza nutrire una eccessiva fiducia per i medici delle Commissioni ASL, ha inserito nel decreto legge 26.6.2009 l’art.20, chiamandolo appunto, senza tanti scrupoli, “Contrasto alle frodi in materia di invalidità civile”. Con esso ha stabilito che:
1) A decorrere dall’1.1.2010, le commissioni di accertamento presso le Asl saranno integrate da un medico dell’INPS quale componente effettivo;

2) L’accertamento definitivo dell’invalidità civile e dell’handicap sarà effettuato dall’INPS. Il decreto non ne parla ma è’ da ritenere che dopo la visita alla ASL bisognerà essere risottoposti ad una nuova visita davanti ad una Commissione Medica INPS;

 

3) Spetterà alla commissione Inps il compito di accertare la permanenza dei requisiti sanitari nei confronti dei soggetti riconosciuti invalidi civili e portatori di handicap; in caso di comprovata insussistenza dei prescritti requisiti sanitari, verranno revocati i correlati benefici;

4)Dall’1.1.2010, le domande per il riconoscimento dell’invalidità civile (sordità, cecità, handicap e disabilità)  non si presenteranno più alle Asl ma all’Inps che le trasmetterà per via telematica alle Asl. All’istanza sarà allegata la certificazione medica completa attestante l’invalidità, le cui tabelle percentuali saranno comunque riviste (e certamente ridotte).

Ultimo passaggio interessante è che anche nei procedimenti giurisdizionali civili relativi a prestazioni sanitarie previdenziali, nel caso il giudice nomini un consulente tecnico d’ufficio, all’indagine dovrà assistere un medico legale dell’INPS, su richiesta, a pena di nullità, del consulente nominato dal giudice. Il medico INPS potrà assistere alle udienze, compiere indagini,  chiedere chiarimenti alle parti, assumere informazioni da terzi.

 

Questi medici dell’INPS di certo  saranno molto  rigorosi visto che se il Ministero dell’Economia e delle Finanze da solo, o in solido con l’INPS, viene condannato, è l’INPS che dovrà pagare le spese legali, di consulenza tecnica o del beneficio assistenziale (Art.20/ 5 D.L.26.6.2009).

E visto che era in vena di potenziamento dei poteri dell’INPS, il nostro Ministro ha previsto, con l’art.19 dello stesso decreto, che al fine di assicurare un quadro completo delle assenze per malattia nei settori pubblico e privato, nonché un efficace sistema di controllo delle stesse  in tutti i casi di assenza per malattia, la certificazione medica sarà inviata per via telematica, direttamente dal medico o dalla struttura sanitaria che la rilascia, all’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale e dal predetto Istituto sarà immediatamente inoltrata, con le medesime modalità, all’amministrazione o al datore di lavoro privato interessati (chissà quanto tempo aspetterà il capo ufficio prima di sapere perché il Sig.Fantozzi non è presente in ufficio….)

Ritornando alla 104, certo è che l’INPS dovrà di certo rivedere alcune sue posizioni. Con la circolare n.90 del 23.5.2007,  destinata a rappresentare una svolta storica nella gestione della materia, aveva impartito alle sedi periferiche il seguente indirizzo : 

 

 “….. Per la concessione dei benefici in parola non ha rilevanza il fatto che nell’ambito del nucleo familiare della persona da assistere si trovino conviventi familiari idonei a fornire l’aiuto necessario, né è indispensabile che l’assistenza sia quotidiana se sussistano i caratteri della sistematicità e dell’adeguatezza rispetto alle concrete esigenze del caso. I benefici (…) debbono essere riconosciuti anche a quei lavoratori che, pur risiedendo o lavorando in luoghi anche distanti dalla persona disabile, offrono al medesimo disabile un’assistenza sistematica ed adeguata” . Addirittura il requisito dell’esclusività dell’assistenza - diceva l’INPS - è compatibile  anche ove sia presente e concomitante il ricorso alle strutture pubbliche e addirittura al ricorso di assistenza con personale “badante”, mentre resta escluso solo in caso di ricovero a tempo pieno per le intere 24 ore.

 

Solo qualche anno prima la stessa INPS, con circolare 128 del 2003, aveva preso atto che sono da riconoscere come validi i motivi di indisponibilità all’assistenza a carico di quei parenti che hanno in famiglia più di tre minorenni o un bambino di età inferiore a 6 anni.

 

Anche la magistratura dovrà rivedere posizioni spesso consolidate.  Il Tribunale di Roma, con sentenza sez.IV Lavoro del 6.4.2004,ad esempio, aveva ammesso che:”  in base alla normativa in materia è condizione necessaria e sufficiente per aver diritto al beneficio che il lavoratore richiedente sia di fatto l'unico ad assistere il parente o affine, essendo del tutto irrilevanti i motivi (fisici, lavorativi o in ipotesi anche solo egoistici), per cui altri non lo sostituiscano o lo coadiuvino”.

 

Il Tar di Napoli, sez.VII, 10.5.2007 aveva ritenuto che “ la finalità della norma non è infatti volta solo al riavvicinamento del soggetto al nucleo familiare, ma è diretta ad evitare che il portatore di handicap si trovi senza assistenza a causa della lontananza della sede di servizio della persona che se ne occupa in modo continuativo” ed aveva aggiunto : “ il legame che la norma intende tutelare…. è  diretto in modo specifico verso quel soggetto su cui ricadono il maggior sforzo e la maggiore responsabilità nell’assistenza al portatore di handicap tanto da potersi qualificare, solo per tale persona, come continua ed esclusiva, circostanza che richiede, al riguardo, una esplicita dichiarazione e documentazione da parte di chi aspiri al beneficio”.

 

Ora si cambia. Tutto azzerato, tutto da rivedere. Brunetta ordina, l’INPS esegue, i furbi tremano.

 

     

  LEX di Aldo Maturo