25 gennaio 2008

A proposito di Caruso e di De Gennaro….

segnalazioni di Maria Pia Cutillo

 

 

Amici lettori di ViviTelese, vi segnalo i seguenti articoli.

Maria Pia Cutillo

 

 


A proposito di Caruso e di De Gennaro….

 

http://www.carta.org/campagne/genova+2001/12554

 

 

Ecco perché stiamo con gli imputati del Sud ribelle

 

La vicenda giudiziaria dei militanti della rete “Sud Ribelle”–degli altri coimputati calabresi nonché del napoletano Francesco Caruso e del veneziano Luca Casarini–ha avuto inizio quasi sei anni fa, quando la nostra città viveva ancora quella sua fase di rinascita culturale e rinnovamento urbanistico. A quei tempi, Cosenza costituiva un riferimento non solo per le altre città calabresi ma anche per quelle, di dimensioni urbane analoghe, sparse per tutto il Meridione.
Va detto subito, per l’intelligenza di tutta la vicenda, che, all’epoca, anche l’amministrazione cittadina era diversa, talmente diversa da organizzare subito, all’indomani degli arresti, assieme a centinaia di giovani militanti no-global di ogni parte d’Italia, una grande manifestazione di protesta contro i provvedimenti giudiziari e di solidarietà attiva verso coloro che ne erano colpiti.
Si è trattato di una delle più grandi manifestazioni, per numero di partecipanti e fusione collettiva, che Cosenza abbia mai conosciuto nel corso della sua lunga storia. La città era quasi tutta là, orgogliosa e fiera dei suoi giovani figli ribelli. In effetti, i mandati di cattura apparivano provvedimenti giudiziari molto gravi ma poco seri, scarsamente credibili. L’idea della locale Procura era che, dalla Calabria, tra Diamante e Cosenza, fosse partito, nel ‘98 un disegno sovversivo contro “l’ordine economico mondiale”; e che le stesse giornate sanguinose di Genova rientrassero in quel disegno; tutto questo prima d’essere incredibile risultava, con ogni evidenza, ridicolo.
V’era, piuttosto, il sospetto che la stessa mano che aveva ordinato le cariche ed i pestaggi a Genova, avesse voluto, l’anno successivo, costruire, a Cosenza, un contro-altare al processo avviato nella città ligure contro gli alti funzionari di polizia responsabili, insieme a decine di agenti e carabinieri, non solo di violenze fisiche al limite del sadismo ma anche di omissioni e false testimonianze volte ad occultare quelle stesse violenze.
Così sembrava; anche perché v’era un raccordo istituzionale tra i pestaggi contro i no-global a Genova ed i mandati di cattura contro i no-global a Cosenza, cioè tra capo della polizia e procura cosentina, rappresentato da un certo sottosegretario del governo Berlusconi, sottosegretario qualche po’ corrivo, il cui nome, al momento, ci sfugge…
Da allora, il processo si è trascinato stancamente, udienza dopo udienza, per tutti questi anni. Nel frattempo la città è degradata: i finanziamenti europei sono intercettati e dissipati dalla più pericolosa tra le criminalità, quella rappresentata da certo ceto politico; la pubblica denuncia delle attività della malavita tradizionale ha il sapore dell’alibi; sorgono
come funghi palazzoni brutti e costosi; i nuovi quartieri sono privi di piazze e perfino di marciapiedi; le strade, sempre più strette, sono intasate dalle macchine; le assunzioni del personale pubblico avvengono secondo un criterio familistico-clientelare, talmente sicuro di sé da evitare l’ipocrisia del nascondersi.
Anche l’amministazione è cambiata, come è giusto che sia; ora ve ne è una del tutta adeguata ai tempi.
Quel che risulta paradossale è che la Procura cosentina abbia speso i soldi dei contribuenti per occuparsi delle vite parallele di Cirillo e Caruso, piuttosto che gettare una occhiata nel mondo purulento della speculazione edilizia e della corruzione istituzionale. In mezzo a tanta degenerazione vi sono questi ribelli che testimoniano con le loro vite contro la rassegnazione ed il cinismo.
Sono loro che salvano l’onore della città. Per questo anche noi saremo presenti agli appuntamenti pubblici in occasione delle ultime scadenze processuali; ed invitiamo le donne e gli uomini a dimostrare, come sei anni fa, la solidarietà ai figli migliori di questa città.

 

Venerdi 25 Gennaio 2008 :: ore 10:41

Governo. Caruso: «Ora mi dia solidarietà Mastella»

 

“Ora mi aspetto la solidarietà di Mastella”. Ad affermalo è il parlamentare del Prc Francesco Caruso, che spiega: “Ieri il Pm di Cosenza ha chiesto per me e altri compagni 6 anni di carcere e 3 di libertà vigilata per il reato di cospirazione politica. Un teorema giudiziario sui fatti del G8 Genova che non si capisce nemmeno lontanamente il perché si stia svolgendo a Cosenza, se non per la presenza in quella procura di un farneticante pubblico ministero che, unico al mondo, ha scoperto che dietro il controvertice di Genova non c’era un movimento contro la globalizzazione, ma una trama cospirativa ordita da 13 meridionali, compreso il pur sempre veneto Casarini, finalizzata a turbare l’esecuzione delle funzioni del governo italiano”. “Attendo ora  la solidarietà di Clemente Mastella, lui che non solo ha turbato le funzioni del governo ma l’ha fatto direttamente cadere, lui che grida allo scandalo se inquisiscono i suoi amici e parenti, non può tacere dinanzi a questo teorema giudiziario, dinanzi ai deliri di questo pubblico ministero, all’attacco politico che si cela dietro questo tentativo osceno e vergognoso di far passare il movimento noglobal come una banda di cospiratori. Il suo silenzio dimostrerebbe l’ipocrisia di chi vuole semplicemente l’impunità e il garantismo per sé, i suoi amici e i suoi familiari. Se vogliamo affrontare seriamente il rapporto tra politica e magistratura, per prima cosa vanno abrogati i reati associativi e di opinione promulgati nel 1931 dal regime fascista per colpire gli oppositori politici ed ancor oggi in vigore, perché nessun magistrato, per quanto psicolabile, può pensare di sbattere in galera una persona solo per le sue idee”, conclude Caruso.

 

Il trionfo di De Gennaro

 

La lettera di Lorenzo Guadagnucci a Liberazione [13.01.08]

 

Caro direttore,
anch’io, come Vittorio Agnoletto, sono rimasto senza parole, quando ho saputo della nomina di Gianni De Gennaro a commissario speciale per l’emergenza rifiuti in Campania. Se ho ritrovato la parola e butto giù queste righe, è per esprimere il mio malessere e il mio sconcerto di fronte all’atteggiamento rassegnato e complice tenuto da parlamentari, forze politiche, testate giornalistiche che sono state spesso al nostro fianco nella battaglia etica, politica, giudiziaria seguita alle tragiche giornate del G8 2001. Tutti noi sappiamo quanto sia potente Gianni De Gennaro e quale peso abbia all’interno delle nostre forze dell’ordine: capo della polizia dal 2000 al 2007, è al vertice di una cordata di funzionari e dirigenti che a questo punto dobbiamo ritenere inamovibile. Ma sappiamo anche che la sua continua, inarrestabile ascesa–possibile grazie all’ormai unanime plauso delle forze politiche–comporta il pagamento di un prezzo altissimo: la rinuncia a ricomporre la frattura fra forze dell’ordine e cittadinanza, che si determinò nel luglio 2001 a Genova.
E’ una frattura assai pericolosa in ogni democrazia, e tanto più in quella italiana, che è fragile, esposta a ricorrenti ondate populiste e incamminata, proprio da quell’estate di sette anni fa, lungo il sentiero dell’autoritarismo.

Caro direttore, sai meglio di me in che modo sciagurato sia stato gestito il dopo Genova nel nostro paese. Anziché ribadire l’assoluta preminenza delle garanzie costituzionali, chiedere scusa alle vittime delle violenze e a tutti i cittadini, rimuovere i vertici delle forze dell’ordine (De Gennaro in testa), istituire una commissione d’inchiesta, si è legittimato il comportamento tenuto dalle forze di sicurezza nelle strade, nelle scuole e nelle caserme di Genova, delegando alla magistratura il compito di accertare eventuali responsabilità penali, ma avendo cura–nel frattempo–di promuovere tutti i maggiori imputati, in modo da far capire da che parte sta lo stato.
Sono cose che sai bene, quindi non può sfuggirti il senso che assume oggi la nomina di De Gennaro a un ruolo così delicato nei contenuti e così visibile e importante nella percezione pubblica.

Diciamola tutta: è il trionfo di De Gennaro, un trionfo politico e addirittura morale. Io sono convinto che il dottor De Gennaro abbia una grande carriera alle spalle e in aggiunta non amo personalizzare le questioni politiche, ma non sono così ingenuo da non cogliere la portata dell’esibizione della sua figura–da parte del potere politico–di fronte a un’opinione pubblica allarmata e infuriata.
Il potere politico mostra De Gennaro come l’uomo forte, il grande poliziotto, chiamato ancora una volta a ‘salvare la patria’. E la mente di tutti corre al 2001: anche allora, dunque, a marzo a Napoli e in estate a Genova, salvò la patria. Questo è il messaggio che passa e perciò, comunque vada a finire coi rifiuti, Gianni De Gennaro sta vivendo la sua apoteosi.
Anch’io, come Vittorio Agnoletto, nel mio piccolo non mi riconosco in quest’operazione, e anzi la contesto, e dico che Gianni De Gennaro avrebbe meglio onorato la sua carriera lasciando il suo incarico il 22 luglio 2001, a G8 appena finito. Ha scelto invece di rimanere, con la complicità dei governanti di allora e di oggi, e di continuare nonostante tutto la sua carriera. Purtroppo non è una questione personale, perché tutti noi paghiamo il prezzo di questa scelta: la frattura del 2001 che non si ricompone, il potere politico che abdica di fronte allo strapotere degli apparati di sicurezza e quindi la democrazia che si inoltra sul cammino senza ritorno dell’autoritarismo. Vogliono farci credere che le crisi economiche, le ingiustizie locali e planetarie, la sovraproduzione di merci e di rifiuti si affrontano con le polizie, gli eserciti, i de gennari: è la stessa risposta che ci diedero nel luglio 2001. Io continuo a ribellarmi a questa follia.

 

 

     

 Valle Telesina


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