Questioni di
metodo
e
merito
Alessandro
Visalli
Prendo spunto
dalle dichiarazioni dell’assessore Aceto che
rivendica con giusto orgoglio la coerenza della
Giunta provinciale nel mantenere gli impegni
assunti in sede di campagna elettorale
descrivendoli come
questione di metodo
e
merito.
Nel
merito
richiama i suggerimenti,
osservazioni, critiche venute “in termini di
analisi e contributi approfonditi e scientifici”
(quindi in termini correttamente argomentati)
che, ancora con le sue parole, “riguardano
l’impossibilità di costruire in Regione Campania
tanti impianti quanti continuano ad essere
richiesti soprattutto da soggetti privati”.
Nel
metodo
dichiara che “ogni
programmazione territoriale va condivisa con il
territorio medesimo
e cioè con i cittadini e
le istituzioni locali”.
In questa
tenaglia i privati (che, ad ammissione
dell’assessore, “perseguono interessi
legittimi”) non possono pretendere che “i loro
interessi siano prevaricanti rispetto a quelli
diffusi, generali e onnicomprensivi che sono
ovviamente prevalenti”.
Un pensiero
chiaro, semplice e lucido.
Non proverò a
contrastare i contributi “scientifici” che
affermano l’impossibilità di costruire “in
Regione Campania” gli impianti richiesti. Dato
che ci sono oltre seicento impianti (per lo più
eolici) richiesti mi sembra una affermazione
abbastanza condivisibile. O, forse, si parlava
solo di biomasse? In questo settore siamo tra le
quindici e le venti centrali di varia taglia
(solo quattro centrali di media taglia a legno)
e la questione potrebbe essere più contendibile.
Proverò solo a
dire che la Regione Campania è governata da
un’istituzione che non è la Provincia di
Benevento ed ha strumenti di programmazione in
corso di elaborazione (tra i quali il PASER ed
il PEAR) titolati a governare le scelte anche
dei privati. Oppure è il Piano Energetico
Provinciale che prevale su quello regionale?
Anche su una materia come la produzione di
energia elettrica soggetta a programmazione
nazionale e regionale ma non direttamente
provinciale e comunale? Il PEAR della Provincia
di Benevento, a pag. 27, infatti dice: “negli
ultimi anni, nel nostro Paese si è realizzato un
processo di trasferimento di funzioni e compiti
dallo Stato centrale alle Regioni, grazie
all’attuazione del DL. 112/98 (a sua volta, in
attuazione del Capo I della legge 15 marzo 1997,
n.59). Tale trasferimento di poteri e di
competenze ha interessato anche l'energia: la
Regione va assumendo, in termini sempre più
precisi, un ruolo nella programmazione
energetica.”
Il Piano
continua affermando “che quasi tutte le Regioni
(con propria legge e Piano Energetico Regionale)
hanno ridisegnato l’assetto regolamentare e
normativo del settore, attribuendo alle
Province la pianificazione
nel campo ambientale ed energetico”.
Quasi tutte ma non la
Regione Campania, assessore. In
assenza della Legge Regionale (ovvero del Piano
Energetico Regionale) non può essere attivata la
delega alle province sulle fonti rinnovabili ed
il risparmio energetico, pur previsto all’art 31
del D. Lgs. 112/98.
In Regione
Campania la programmazione energetica è quindi
ancora in capo all’Assessorato Agricoltura ed
Attività Produttive ed al Consiglio Regionale.
Comunque la Provincia di Benevento fa bene a
ragionare insieme sul territorio e lo sviluppo
sostenibile desiderato. Meno bene ad usare tale
riflessione oltre i compiti ed i poteri
consentiti dall’ordinamento vigente (D. Lgs
112/98, art 30 comma 1) in assenza del Piano
Energetico Regionale che deve stabilire “linee
di indirizzo e coordinamento” (art 31). In tali
“linee”, è evidente, potranno trovare luogo
proprio anche le osservazioni scientifiche in
merito alla capacità della regione e dei suoi
territori ad accogliere impianti da fonti
rinnovabili per adempiere agli obblighi assunti
dall’Italia in merito al Protocollo di Kyoto e
la Strategia 20, 20, 20. Per divagare, ad
esempio, si può richiamare la recentissima
(dicembre 2008) Direttiva approvata dal
Parlamento Europeo (e nota come “pacchetto
clima-energia”) la quale stabilisce che sono
fonti energetiche rinnovabili quelle: “eolica,
solare, geotermica, aerotermica, idrotermica,
l’energia oceanica, la
idroelettrica, la
biomassa, i gas da
discarica, i gas residuati dai processi di
depurazione e i biogas”.
Fissa inoltre
l’obiettivo dell’Italia al 17 % al 2020.
Definisce, infine, “biomassa” (art. 2 comma e)
“la frazione biodegradabile dei prodotti,
rifiuti e residui di origine biologica
provenienti dall’agricoltura (comprendente
sostanze vegetali ed animali), dalla
silvicoltura e dalle industrie connesse,
compresa la pesca e l’acquacoltura, nonché la
parte biodegradabile dei rifiuti industriali ed
urbani”.
Allora sono
forse i privati che, nell’ambito dei loro
legittimi interessi (e come tali tutelati dalle
leggi e dalla costituzione), potrebbero
chiedersi quale è il livello di legittimità
degli interessi che, gentile assessore, Lei
qualifica come “diffusi, generali e
onnicomprensivi”. Il discorso si farebbe
complesso, lo riprenderemo alla fine.
Provo a saltare
direttamente alla interessante affermazione
secondo la quale “ogni programmazione
territoriale va condivisa
con il territorio medesimo
e cioè con i cittadini e
le istituzioni locali”.
Questa, quando facevo il ricercatore in
Pianificazione del Territorio è una frase che mi
avrebbe intrigato molto.
Il fatto che ogni programmazione territoriale
vada condivisa
anche con il
territorio è tanto ovvia da essere quasi senza
contenuto. E’ la chiusa che è interessante:
cosa è il
territorio? Lei
dice: sono i
cittadini e le istituzioni locali.
Perfetta
espressione di un pensiero localista che da
qualche anno è in effetti quasi senso comune. Si
dice spesso che il territorio è dei Comuni,
oppure è dei cittadini (intendendo i tale
locuzione di nuovo gli abitanti dei comuni),
allontanandosi dal modello liberale della
divisione dei poteri e delle competenze che ha
avuto un ruolo decisivo nell’affermazione degli
stati nazione. Malgrado l’enfasi che tutti
poniamo nelle elezioni cosiddette “politiche”
(del parlamento nazionale e quindi del governo),
quest’ultimo è schiacciato tra gli organismi
sovranazionali (agenzie e UE) e le autonomie
locali (regionali e poi comunali).
Questo è, per
così dire, un fatto. E’ anche un bene? Più
concretamente, è azionabile legittimamente
questa concezione? È possibile farne scaturire
scelte pubbliche da far applicare dal potere
legale dello Stato?
Personalmente resto più
affascinato da un modello habermasiano (Fatti
e Norme, Guerini
1996) di democrazia “deliberativa” nella quale
trova ordinato posto sia il “potere
comunicativo” sia il “potere amministrativo” e
il diritto. La “democrazia deliberativa” poggia
infatti sulla qualità degli argomenti non sul
semplice “fatto” del consenso. Il consenso può
essere stato generato anche da processi di
esclusione (delle persone o degli argomenti) e
da distorsioni della percezione e della volontà
(su questo Elster).
Ad esempio, dalla forza della emozione connessa
con l’insicurezza e la paura (innumerevole
letteratura contemporanea di taglio
sociologico). Ma c’è anche un’altra questione:
quale è il corpo deliberante? Solo la cosiddetta
“comunità locale” (di nuovo meccanismi di
esclusione) o forse il
demos regionale (come
vorrebbe la legge?). Se fosse questo ultimo, il
luogo nel quale portare le proprie visioni ed
esigenze di parte è il Consiglio Regionale, non
Provinciale (certo il Consiglio Provinciale può
darsi delibere di indirizzo che avranno la
forza, appunto, di indirizzare il dibattito e
farsi valere, non quella di imporsi); l’arena
nella quale giocare la partita è il processo di
formazione del Piano Energetico Regionale e la
corrispondente Legge. Solo dopo quello
Provinciale, da quest’ultima legittimato ed
indirizzato.
Allora, gli
interessi “generali”, “diffusi” ed
“onnicomprensivi” non saranno forse quelli
rappresentati dalla dinamica regolata dalla
legge e dalle procedure (e per questo legittima)
tra Direttiva Europea, sua attuazione data dal
Piano Energetico Nazionale, quindi dal Piano
Energetico Regionale e, nel quadro di questi
ultimi (e non a prescindere da loro) dal Piano
Energetico Provinciale?
Quando tutto ciò
sarà fatto non ci saranno più discussioni. Il
diritto legittimo, e tutelato da leggi e
costituzione, dei privati a perseguire i propri
interessi nell’ambito di leggi e regolamenti
sarà contenuto da decisioni pubbliche assunte e
preesistenti.
Allo stato delle
cose non siamo in questo quadro, caro assessore,
i privati che hanno proposto iniziative
economiche rispettando la legge e la
programmazione vigente (quella valida o, se
preferisce, avente effetti conformativi) in
questo momento potrebbero dire, forse con
maggiori ragioni, di essere prevaricati da
interessi locali non certo generali, poco
diffusi (anzi estremamente concentrati a poche
case), decisamente non onnicomprensivi; e dalla
paura.