9 settembre 2008

Telese, sì ma il Bronx è meglio

Fulvio Del Deo

 

 

Invito a una riflessione, prendendo spunto dall'articolo dal titolo Corso Trieste, codice selvaggio pubblicato sul Sannio Quotidiano (e riportato su ViviTelese il giorno 7 settembre 2008) nel quale, parlando del quartiere in cui ha sede la redazione locale del suddetto giornale, si affermava:

"la luce pubblica non c’è e la sera ti chiedi se sei finito nel Bronx"


Nell'immaginario collettivo il Bronx continua a essere il posto più invivibile del mondo, il quartiere del degrado assoluto, dell'emarginazione senza via d'uscita... l'inferno in terra dove anche le forze dell'ordine hanno paura di entrare... perciò lo si guarda da lontano. In realtà, le cose stanno molto diversamente:

Loretta M. D'Orsogna
Il Bronx. Storia di un quartiere "malfamato"
Bruno Mondadori, Milano, 2002

(leggi presentazione nel riquadro in basso)


Il Bronx è un quartiere enorme, grande e popoloso quanto l'intera provincia di Napoli; mentre Telese è poco più di un incrocio di quattro vie, circa 9 chilometri quadrati e conta sì e no cinque-seimila abitanti... eppure riesce a essere peggio del Bronx!

Oggi nel Bronx le strade sono relativamente pulite; mentre -ad esempio- nel quartiere Scafa dove abito io dal 2001 non ho mai visto uno spazzino.

Oggi nel Bronx tutte le case sono dotate di acqua corrente e sono collegate alla rete fognaria; mentre a Telese se vuoi farti la doccia devi alzarti alle cinque di mattina e -come tutti sanno- fogne e depuratori continuano a essere solo nella nostra fantasia...

E potrei continuare con un lunghissimo elenco di servizi che nel Bronx funzionano a dovere, mentre qui ce li sognamo.

Qui in periferia la notte fa paura: girano tipi loschi, sfrecciano moto che fanno gare di velocità e auto che si divertono nei testa-coda... e nelle palazzine spuntate come funghi dall'umido del lavaggio del danaro sporco, sono in piena attività i bordelli animati da signorine nazionali ed estere... 

Ma non possiamo lamentarci perché altrove, nelle case dei benestanti, la ricchezza è frutto di qualcosa di ben più grave: di quell'infamia chiamata "usura".


Ultimamente qualcuno mi ha chiesto perché mai non stessi più scrivendo nulla su ViviTelese. La risposta è questa: oggi le nostre parole servono a ben poco e rischiano di ridursi a sfogo impotente.

Non vi sembra ormai ridicolo continuare a protestare contro dei sordi, per cose che -messe a confronto con quanto di marcio è alla base- non sono altro che dei piccoli effetti collaterali, quisquilie, come le strisce blu messe male, come la mancanza di servizi elementari, di giardini pubblici, di fogne, di scuole ecc.?

Il lavoro che urge oggi a Telese Terme è competenza delle forze dell'ordine e della magistratura.

 

Fulvio Del Deo


 

Il libro di Loretta M. D'Orsogna sul quartiere di New York. La sua storia, le sue leggende, i suoi immaginari e le sue contraddizioni. Dove comincia il mito e finisce la realtà? http://sociologia.tesionline.it/sociologia/libro.jsp?id=1846

 

Sulla scia dei tradizionali studi etnografici della scuola di Chicago e del contributo classico di Lewis Mumford, Loretta M. D’Orsogna scrive la storia e l’esperienza di un quartiere, il Bronx, che le leggende metropolitane e la comunicazione dei media hanno sempre consegnato all’immaginario popolare come un quartiere, anzi il quartiere, malfamato, pericoloso, “dove nemmeno la polizia oserebbe entrarci”.

L’autrice è un’urbanista: di formazione europea, ha studiato architettura a Parigi e Venezia, occupandosi in seguito della storia delle città e dei quartieri più noti.
Affrontando lo spazio metropolitano come un luogo di avventura e passione, dove ricavare “indizi dai quali ricevere ciò che a un primo sguardo sfugge”, Loretta D’Orsogna, si rifà proprio alla fenomenologia di Mumford per vedere nelle metropoli un oggetto di studio vivo, da esplorare partendo dai quartieri alti fino ai suoi bassifondi, mescolandosi nella folla e “sporcandosi i pantaloni”, come suggeriva a inizio secolo Robert E. Park.

Lo studio della città, allora, è una ricerca empirica, un viaggio attraverso gli scenari urbani con gli strumenti dell’esploratore o del detective. Un’inchiesta che non scarta nessun indizio o elemento, che si getta nella sua complessità capace di riflettere proprio quell’intricata complessità del reale.
Il libro di Loretta D’Orsogna, "Il Bronx. Storia di un quartiere malfamato" si inserisce in questo approccio, studiando il Bronx in tutte le sue forme e caratteristiche, esplorando il suo immaginario e le sue strade. Un libro che non solo ha il merito di applicare un'importante tradizione, spesso trascurata dagli studi urbanistici contemporanei, ad un quartiere altrettanto spesso dimenticato; ma che nel farlo adotta uno sguardo multidisciplinare, raccogliendo e posizionandosi in differenti prospettive.

Dopo una breve introduzione di Franco La Cecla sullo sviluppo della disciplina urbanistica, il libro entra nel vivo. Composto da cinque capitoli, nel primo si analizza come si sia andata formandosi per il Bronx l’immagine del quartiere “inferno”. Cercando di comprendere dove finisce la realtà e comincia il mito, l’autrice si domanda come mai il quartiere di New York sia divenuto il paradigma dei posti più pericolosi e invivibili del mondo.

Nel secondo capitolo e nel terzo, il libro ci presenta una storia dell’urbanistica e dell’architettura del quartiere. Quali sono stati gli interventi edilizi, come hanno trasformato la vita all’interno dello spazio, quali comunità di migranti si sono stabilite e come hanno convissuto con i vecchi abitanti. Nei due capitoli centrali, in altre parole, sono esplorate l’ecologia urbana del quartiere, le sue dinamiche e i suoi processi, le sue trasformazioni e gli effetti sulla vita della sua popolazione e delle sue povertà.

Successivamente, il tema iniziale viene ripreso, con un lavoro di ricerca delle immagini del Bronx costruite attraverso i film, la letteratura, le chat line degli abitanti e le opere degli artisti. Questa è certamente una delle parti del libro più interessanti e curiose, dove l'oggetto di studio sono gli immaginari consolidatisi negli anni e le loro contraddizioni. Attraverso la decostruzione, l’autrice cerca di capire quanto essi corrispondano davvero alla realtà, per donarci così una visione del Bronx affatto stereotipata.

Al termine del libro, infatti, si rimane con la sensazione del Bronx come un posto complesso, fatto di contraddizioni e tolleranza, dove la gente “agisce” nonostante le difficoltà e i pregiudizi. Un posto dove “vale ancora la pena di vivere”, perché, come dice Loretta M. D’Orsogna, “è necessario tenere presente come il Bronx sia un’esperienza oltre la parola, oltre molte parole, oltre molto idee, oltre molte immagini…” Pure oltre un libro che vale la pena leggere per avvicinarsi e andare, appunto, oltre lo stereotipo abituale.

Manuel Antonini

 

 

 

     

 Valle Telesina


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