4 dicembre 2008

Opinione: le tragedie imposte dalla morale cattolica

Fulvio Del Deo

 

 

La vicenda della mamma-ragazzina di Catanzaro riporta a tante altre tragedie simili che vengono semplicemente sbattute in cronaca nera, senza pietà.

 

 

Le tragedie imposte dalla "morale cattolica"
di Fulvio Del Deo

Per il Papa, le vite che contano più di ogni altra sono gli ovuli umani appena fecondati e i corpi vuoti costretti a vegetare dai macchinari infernali cui sono collegati. Tale follia è conseguenza di un'interpretazione estremistica e priva di umanità dell'idea secondo cui vanno difesi i più deboli.

Non me ne farei un problema, se il fanatismo del Vaticano non condizionasse mezzo mondo. Cosa che invece fa.

Infatti, molti Stati tutt'oggi sono costretti a legiferare sotto l'occhio vigile del potere ecclesiastico, sempre pronto a condizionare scelte e a costringere i governi a continui compromessi con la "morale cattolica".

L'influenza di tale "morale", in Italia si traduce spesso in leggi che consentono ad alcuni cittadini di derogare ai propri doveri, in nome di un non ben definito diritto religioso.

Un esempio fra tutti, è il diritto di obiezione di coscienza del medico che non vuole eseguire aborti o che non vuole fornire farmaci abortivi.

Ognuno ha diritto alle proprie idee e alle proprie credenze, nessuno lo nega, ma una legge degna di tale nome non dovrebbe consentire a nessun cittadino il diritto all'omissione di servizio!

In conseguenza di tale "diritto", nel nostro Paese si consumano tragedie che poi vengono sbattute in cronaca nera con cinismo e superficialità, senza alcun tentativo di analisi, ma solo per essere date in pasto alla voracità del pubblico.

Su queste tragedie, dovremmo invece fermarci un attimo a riflettere.

Laddove l'informazione sulla contraccezione non esiste perché osteggiata dalla suddetta "morale cattolica", accade che una ragazzina può restare incinta al primo rapporto sessuale. Ovviamente quella ragazzina vivrà l'accaduto con gli infiniti sensi di colpa imposti sempre dalla stessa "morale cattolica". Così si sentirà sola e abbandonata, peccatrice nonostante l'amore del suo ragazzo. Ragazzo al quale, il più delle volte, non dirà nulla.

Un'amica (o internet) potrebbe consigliarle la pillola del giorno dopo, o l'aborto.

Una mattina, insieme a quest'amica (o da sola), raccontando una bugia a casa, andrà alla ricerca della giusta soluzione, con un autobus che l'allontani a sufficienza dalla sua zona, per ragioni di privacy.

Ma, a causa del diritto all'obiezione (imposto sempre da quella stessa "morale cattolica" nella Legge 194), non troverà in nessuno degli squallidi e sudici ospedali della zona un medico degno di tale nome che le prescriva la pillola del giorno dopo, tanto meno uno disposto a praticarle l'aborto.

Quello che in altre regioni è un diritto, qui da lei è ancora un peccato, quando non sei abbastanza adulto e ricco.

Finirà che la gravidanza verrà portata avanti come un tumore che non può essere operato. E passeranno diversi mesi, cercando solo di non pensarci. Finché l'evidenza non darà inizio al secondo atto della tragedia, quello che sfocerà nel matrimonio.

Matrimonio che costringerà i due malcapitati a lasciare gli studi e gli amici, per costringersi a invecchiare anzitempo.

Dopo alcuni mesi il bambino nascerà, figlio di due ragazzini impreparati. A questo punto si consumerà l'atto finale della tragedia, quello in cui scorrerà il sangue, di uno, due o di tutti e tre gli attori.

E il Vaticano, da vero assassino professionista che non si sporca mai le mani, saprà di aver fatto bene il suo lavoro, perché ha salvato quell'ovulo fecondato da sicura morte.

Pensare che a volte basterebbe una pillola!



Ecco un paio di articoli della legge 194.

Con l'articolo 4 si mette bene in chiaro che l'aborto non è un diritto per tutte le donne, ma solo per chi riesce a convincere coloro cui spetta la decisione finale che la sua condizione è tale da poterne avere diritto.

L'articolo 9 invece sancisce il diritto all'omissione di servizio agli operatori sanitari "cattolici".

Articolo 4


Per l'interruzione volontaria della gravidanza entro i primi novanta giorni, la donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito, si rivolge ad un consultorio pubblico istituito ai sensi dell'articolo 2, lettera a), della legge 29 luglio 1975 numero 405, o a una struttura socio-sanitaria a ciò abilitata dalla regione, o a un medico di sua fiducia. 

Articolo 9


Il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure di cui agli articoli 5 e 7 ed agli interventi per l'interruzione della gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza, con preventiva dichiarazione. La dichiarazione dell'obiettore deve essere comunicata al medico provinciale e, nel caso di personale dipendente dello ospedale o dalla casa di cura, anche al direttore sanitario, entro un mese dall'entrata in vigore della presente legge o dal conseguimento della abilitazione o dall'assunzione presso un ente tenuto a fornire prestazioni dirette alla interruzione della gravidanza o dalla stipulazione di una convenzione con enti previdenziali che comporti l'esecuzione di tali prestazioni.

L'obiezione può sempre essere revocata o venire proposta anche al di fuori dei termini di cui al precedente comma, ma in tale caso la dichiarazione produce effetto dopo un mese dalla sua presentazione al medico provinciale.

L'obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l'interruzione della gravidanza, e non dall'assistenza antecedente e conseguente all'intervento.

Gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare lo espletamento delle procedure previste dall'articolo 7 e l'effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità previste dagli articoli 5, 7 e 8. La regione ne controlla e garantisce l'attuazione anche attraverso la mobilità del personale.

L'obiezione di coscienza non può essere invocata dal personale sanitario, ed esercente le attività ausiliarie quando, data la particolarità delle circostanze, il loro personale intervento è indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo.

L'obiezione di coscienza si intende revocata, con effetto, immediato, se chi l'ha sollevata prende parte a procedure o a interventi per l'interruzione della gravidanza previsti dalla presente legge, al di fuori dei casi di cui al comma precedente.

(fonte: http://momovedim.ilcannocchiale.it/cannocchiale.aspx?YY=2008&mm=12&dd=1)

 

 

     

  Il Crogiuolo


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