5 luglio 2009

Come un uomo sulla terra

segnalazione di Aldo Maturo

 

 

 

 

 

 

Dopo centinaia di proiezioni in tutta Italia, dopo riconoscimenti e premi di prestigio nazionale e internazionale (SalinaDocFest, David di Donatello, Arcipelago Film Festival, per il Cinema Italiano, BellariaFilmFestival e molti atri)

 

finalmente in onda sulla RAI.

 

      COME UN UOMO SULLA TERRA

        di Andrea Segre, Dagmawi Yimer e Riccardo Biadene

 

               prodotto da Asinitas Onlus e ZaLab (52’ – 2008)

 

                     9 LUGLIO 2009

                                                 ore 23.40 – RAI 3

 

 

Per la prima volta in un film, la voce diretta dei migranti africani sulle brutali modalità con cui la Libia controlla  i flussi migratori, su richiesta e grazie ai finanziamenti di Italia ed Europa.

Dal 2003 Italia ed Europa chiedono alla Libia di fermare i migranti africani. Da maggio di quest’anno la marina italiana respinge i migranti in Libia. Ma cosa fa realmente la polizia libica? Cosa subiscono migliaia  di uomini e donne africane? E perchè tutti fingono di non saperlo?

 

“Come un uomo sulla terra” è un viaggio di dolore e dignità, attraverso il quale Dagmawi Yimer riesce a dare voce alla memoria quasi impossibile di sofferenze umane, rispetto alle quali l’Italia e l’Europa hanno responsabilità che non possono rimanere ancora a lungo nascoste.

 

(Gabriele del Grande, dal sito http://comeunuomosullaterra.blogspot.com) :  
 “Storie di rifugiati che, dopo il deserto e il mare, hanno smesso di nascondersi, e sono usciti allo scoperto, per camminare a testa alta, come un uomo sulla terra. Storie di rifugiati che accusano senza mezzi termini la polizia libica di violenze e torture nei campi di detenzione finanziati dall’Italia. Storie che ribaltano i ruoli.

 

E fanno delle migliaia di “clandestini” che sbarcano sulle nostre coste, altrettanti testimoni di un durissimo atto d’accusa. Troppo spesso infatti il dolore viene rimosso subito dopo l’arrivo a Lampedusa, viene vissuto come un dramma privato, coperto dall’onta. E invece non può non essere un dramma collettivo. Per il numero di persone coinvolte (oltre 50.000 deportati l’anno) e per le chiare responsabilità dell’Italia.

 

Se queste storie passeranno sotto silenzio, sarà come far morire due volte le vittime dell’emigrazione africana. I  loro  corpi  giacciono  a  migliaia  sulle piste  del Sahara e nei fondali del Mediterraneo. E chiedono giustizia.”

 

 

 

     

  Il Crogiuolo


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