21 marzo 2009
Date a Cesare quel ch’è di Cesare
Gino Di Vico

 

 

 



Ai tempi che ero “comunista”, ricordo che mi accadeva di trovare spesso sui muri, delle più o meno tante sezioni sindacali o sedi di partito o case del popolo che ho visitato, in bella mostra fra i santi laici dell’ idea materialista, la foto di un robusto signore in doppiopetto che dapprincipio faticavo a conoscere, anche perché le sembianze paciose avevano poco a che fare con le più famose immagini guerriere che campeggiavano sulle bandiere, le spille e il materiale vario di corredo ai “giovani comunisti” e che a casa  mi guardavano severi dall’alto della libreria stampate in bianco e nero sulle copertine in cartone pressato che custodivano i pesanti volumi della Einaudi.


Quel signore si chiamava Giuseppe Di Vittorio, troppo presto messo in soffitta con gli altri santi laici la cui eredità appare sempre più un peso che una risorsa per le nuove classi dirigenti tutte protese a definire un partito nuovo che sarà, secondo alcuni, tanto più nuovo quanto più  sarà capace di disfarsi del “vecchio”.


L’altra sera in un incontro organizzato dal PD nelle Terme, Di Vittorio è stato ricordato dal Presidente della Provincia Aniello Cimitile che ha affermato di averlo avuto come suo maestro, riconoscendo a Di Vittorio il suo impegno, che fu anche battaglia morale e civile, di voler unire tutti i lavoratori, operai e contadini, in un'unica lotta sotto un’unica bandiera per un solo sindacato.
Prendo a prestito la stancante cantilena di uno dei più fervidi oratori della serata e mi permetto di dire:
Caro Presidente,


l’unità dei lavoratori, operai e contadini, fu ancor prima un’idea di Antonio Gramsci di cui sono piene le pagine dei “Quaderni”, idea che va riconosciuta come il “blocco sociale”, idea che fu alla base delle rivolte  del 1920/21 che videro al Nord l’occupazione delle fabbriche ed al Sud l’occupazione delle terre alle quali in Capitanata partecipò lo stesso Di Vittorio. Esistono dei carteggi fra lo stesso Di Vittorio, Togliatti e Gramsci in cui il primo dice che molto della sua formazione lo deve al pensiero di Gramsci e Togliatti che del resto ne determinarono il passaggio dal Partito Socialista a quello Comunista.

 

 In una missiva tra Di Vittorio e Togliatti, si legge: «Antonio Gramsci e tu stesso, compagno Togliatti, che foste tra i fondatori e gli educatori geniali del nostro partito, siete stati i miei principali maestri.Da Gramsci e da te, compagno Togliatti, fui confortato nel principio che l'unità sindacale, dato essenziale di forza e di conquista dei lavoratori, presuppone l'autonomia e l'indipendenza dei sindacati, perchè tutti i lavoratori, d'ogni opinione politica e fede religiosa, ne possano far parte, con assoluta eguaglianza di diritti e di doveri».


Di questi tempi assistiamo alla cacciata dell'Uomo di Gutemberg da parte dell'Uomo di McLuhan. Ovvero, l'ultima generazione formatasi quasi interamente sui libri sta per essere spazzata via dalla prima generazione formatasi quasi interamente sulla Tv e sul computer, non resta che augurarci una prossima fiction che riporti in auge la figura di Antonio Gramsci ormai divenuto un novello “Carneade” di cui nessuno più ricorda chi fosse.

Con stima, Gino Di Vico

 

 

     

 Valle Telesina


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