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Settembre 24th, 2009
di
Giancristiano Desiderio
L’ospedale di Sant’Agata dei Goti apre (forse) e
la Provincia chiude o almeno traballa. A
conferma, semmai ce ne fosse bisogno, che la
sanità è un affare della politica e dei partiti,
prima che dei medici e dei malati. Il nuovo
ospedale zonale di Sant’Agata dei Goti, capace
di servire un’area vasta a cavallo tra valle
telesina e caudina e facilmente raggiungibile da
molti comuni, è al centro ormai da molte
settimane di un puzzle politico che solo ora
comincia a prendere forma visibile. E i due
volti che appaiono sono quelli di Antonio
Bassolino e di Clemente Mastella.
Il sindaco di Sant’Agata dei Goti, che è anche
assessore della giunta Cimitile, dopo essere
stato mantenuto per due mesi a bagnomaria, ha
finalmente avuto un incontro a Napoli. Con lui
c’erano anche esponenti dell’opposizione, come
Pietro Farina (Pdl) e Salvatore Pollastro
(Udeur), ma anche Fernando Errico e il direttore
dell’Asl 1 di Benevento Bruno De Stefano. Che
cosa ha sortito l’incontro sul quale, in verità,
c’è un assordante silenzio? Sembra che ci siano
tre novità.
Da Franceschini a Bersani
Primo. Il sindaco Valentino, firmatario della
“mozione Franceschini”, ha dato la sua
disponibilità a cambiare partito nel suo
partito. Questa sua mossa, non si sa se
apprezzata o meno da Bassolino, gli dovrebbe
quanto meno consentire di avere un canale un po’
più diretto con il commissario, visto che finora
è stato costretto a fare interminabili
anticamere. Crea, è vero, delle novità in seno
al Pd beneventano e nella stessa giunta
provinciale, ma è altrettanto vero che la forza
politica del Pd di Benevento è tristemente
esigua nei rapporti di forza che governano (si
fa per dire) la sanità in Campania. Del resto,
l’amministrazione santagatese si era andata a
cacciare con le sue stesse mani in un imbuto o
vicolo cieco: da una parte aveva avallato la
posizione dell’Asl che ha chiuso il vecchio
ospedale di Sant’Agata e ha mantenuto aperto
l’ospedale di Cerreto senza aprire il nuovo, e
dall’altra parte non aveva alcun canale di
trasmissione con Napoli. Un disastro. Almeno ora
la baracca si è raddrizzata. Ma il passaggio
pre-congressuale da Franceschini a Bersani di un
sindaco conta poco nell’economia del Pd il cui
vero problema è l’applicazione della legge 16
prima del voto di primavera. Quanti ospedali
possono permettersi di chiudere? L’ospedale di
Sant’Agata è fondamentale per un ipotetico
sistema sanitario sannita, ma nella cornice
delle elezioni regionali e delle aspirazioni del
Pd e del suo candidato - De Luca? - è poca cosa.
Udeur e nodo Cerreto
Secondo. In teoria - e va sottolineato
teoria - la “posizione terza” dell’Udeur è stata
bocciata. La scelta di Bruno De Stefano di
chiudere prima il vecchio ospedale San Giovanni
di Dio - scelta, in verità, dettata anche dalle
condizione pietose in cui versava la struttura,
praticamente senza malati - e trasferire reparti
e funzioni a Cerreto Sannita e solo in un
secondo momento aprire il nuovo ospedale di zona
aveva creato l’illusione che si potessero tenere
in piedi nel raggio di pochi chilometri due
ospedali: uno a Cerreto e il nuovo a Sant’Agata.
Questa linea, subito sposata dall’Udeur - ma in
realtà dettata e creata dall’Udeur che in
provincia di Benevento ha in mano la sanità - si
è rivelata appunto una illusione nell’incontro
di Napoli. Almeno - sottolineiamo - in teoria.
La pratica, come si sa, è sempre altra cosa. Ora
bisogna effettivamente capire cosa accadrà a
Cerreto: non tanto con le proteste, che contro
di loro hanno la stessa legge 16 e quindi sono
giuridicamente molto deboli, quanto con la
cosiddetta riconversione o riutilizzo
dell’ospedale. Che cosa significa
“riconversione” in termini sanitari e
occupazionali? Ecco il nodo da sciogliere,
sempre che ci sia qualcuno che ci lavori e lo
sciolga.
Senza data
Terzo. E’ questo il tassello che manca: la
data. E’ vero che è stata indicata la data del
15 ottobre come inizio delle operazioni
ospedaliere al nuovo ospedale, ma è anche vero
che la data è allo stesso tempo molto vicina e
molto vaga. Perché nessuno si assume la
responsabilità di annunciare che, come vuole la
legge regionale, il 15 ottobre il nuovo ospedale
di Sant’Agata dei Goti comincerà ad essere
operativo. Questo è il tassello più importante
senza di cui non si va da nessuna parte.
Fin qui ciò che è dato ricostruire dell’incontro
napoletano. Ma perché l’apertura del nuovo
ospedale - se ci sarà e tutti, per ragioni
sanitarie, si spera ci sia, ma qui il buon senso
è come il cavolo a merenda - dovrebbe essere in
conflitto con la Provincia a tal punto da
metterla in crisi? Beh, intanto perché la Rocca
dei Rettori, a dispetto del suo nome, è fragile
e ha una debolezza politica di fondo. Dalla
crisi la Provincia non è mai uscita. Ma con la
chiusura dell’ospedale di Cerreto - chiusura, va
detto, inevitabile perché non ci sono soldi per
cantare contemporaneamente due messe - la
posizione del vicepresidente provinciale,
Antonio Barbieri, diventa più scomoda di quanto
già non sia.
La sconfitta di Barbieri e la
crisi della Provincia
Naturalmente, a determinare le sorti della
Provincia non è l’ex deputato berlusconiano, ma
i due consiglieri a lui molto vicini: Bettini e
Rubano. Soprattutto quest’ultimo ogni tanto fa
sentire il proprio scontento e non sembra che
Barbieri possa continuare ancora per molto a
garantire una situazione che, nei fatti, gli si
sta rivoltando contro. La chiusura dell’ospedale
di Cerreto, se avverrà, verrà letta anche come
una sua sconfitta, anche se sarà semplicemente
l’applicazione di una legge. La sconfitta
sociale di Barbieri indebolisce Barbieri e di
conseguenza Cimitile che continua a fare il
pesce in barile. C’è poi il terzo incomodo: il
presidente del consiglio provinciale Maturo. “Io
ricopro un ruolo istituzionale” ha detto più
volte. Prevarrà il suo ruolo istituzionale o
l’appartenenza al partito di Mastella? Molte
cose sono destinate a cambiare, il tempo è
maturo.
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