ASSOCIAZIONE DI FAMILIARI E AMICI DEI
SOFFERENTI PSICHICI
“La rete sociale”
La
lettura dei giornali di oggi ci ha veramente
sconvolti. Abbiamo saputo che il reparto
psichiatrico di diagnosi e cura situato al Rummo
- per il quale stiamo lottando affinché non
venga spostato a Sant’Agata dei Goti – sarebbe
diventato una comoda sede di estorsioni per un
gruppo criminale.
“Estorsione, aggravata dal metodo mafioso” è,
infatti, l’accusa ipotizzata nel decreto di
fermo emesso contro Saverio e Luigi Sparandeo e
contro Antonio Mottola. Estorsione che, in una
nota del procuratore aggiunto della DDA di
Napoli, sarebbe avvenuta con un sistema
“emblematico” per “agganciare le vittime”: cioè
nel reparto psichiatrico del Rummo (noto come
SPDC) dove Saverio Sparandeo “elemento apicale
dell’omonimo clan” era stato ricoverato.
Ricovero che sembra sia durato oltre 2 mesi: una
durata più che anomala.
Insomma, ci è voluta la DDA di Napoli per
svelare quello che alcune “voci” e denunce di
ammalati ci avevano fatto intuire.
Ebbene, la gravità di questa notizia - che pone
negativamente l’organizzazione della Salute
Mentale di Benevento all’attenzione nazionale –
è così rilevante che richiede un assoluto e
definitivo chiarimento da parte dei responsabili
sanitari all’opinione pubblica e, in
particolare, alla nostra Associazione che
rappresenta i familiari degli ammalati spesso
ospitati dall’SPDC.
Infatti, non si può tollerare che questo
episodio – che penalizza gli interessi dei
nostri sofferenti e mortifica il lavoro
quotidiano di tanti operatori sanitari che si
impegnano con professionalità - venga
sbrigativamente liquidato con scambi di lettere
burocratiche o sui giornali, sostanzialmente
incomprensibili per i cittadini, che sembrano
scritte soprattutto con l’obiettivo di scaricare
formalmente le proprie responsabilità.
E
poiché viviamo in un mondo gravido di domande
senza risposte, poniamo pubblicamente i
seguenti interrogativi ai vertici sanitari a
qualunque livello - vertice della Asl, del
Dipartimento di Salute Mentale, dell’SPDC – dai
quali abbiamo il diritto civile di avere
risposte chiare :
1)
Chi e perché ha consentito l’accoglimento di
Saverio Sparandeo nell’SPDC di Benevento?
2)
Chi ha consentito che potesse rimanere per oltre
2 mesi in un reparto dove normalmente il
ricovero non supera qualche settimana?
3)
E’ vero che in una situazione sanitaria nella
quale scarseggiano strutture e posti letto, gli
sarebbe stata concessa una camera singola? E a
che titolo?
4)
Quali effetti sulle cure ai malati ha avuto
vivere nel clima di disuguaglianza e
intimidazione inevitabilmente creatosi?
5)
E soprattutto: visto che il vero pericolo sono i
criminali e non i malati, non vi sembra arrivato
il momento di aprire le porte di ferro che
ingiustamente isolano dal mondo i sofferenti
dell’SPDC? In altre parole: visto che questa
struttura sembrerebbe così permeabile
all’ingresso di “estranei” perché non renderla
“aperta” agli unici veri interessati, cioè agli
ammalati, ai loro amici e familiari?
Serena
Romano
Virgilio Notizie
http://notizie.virgilio.it/notizie/cronaca/2009/07_luglio/07/camorra_benevento
_boss_chiede_pizzo_anche_da_ospedale_3_arresti,19809960.html
Camorra/ Benevento, boss chiede
pizzo anche da ospedale:3 arresti
In manette Saverio e Luigi Sparandeo
e Antonio Mottola
APCOM
Ha
ricevuto una vittima delle
sue estorsioni persino nella
stanza di ospedale nel quale
era ricoverato. E' Saverio
Sparandeo, 47 anni, capo
dell'omonimo clan attivo tra
Benevento
e la sua provincia che è
stato arrestato insieme a
due suoi complici: Luigi
Sparandeo, 43 anni e ad
Antonio Mottola, 39 anni. I
provvedimenti di fermo sono
stati eseguiti dai
carabinieri del Comando
provinciale di
Benevento
su disposizione della Dda di
Napoli. Ai tre viene
contestato il reato di
estorsione aggravata dal
metodo mafioso. Il decreto
riguarda, infatti,
l'attività estorsiva
compiuta dagli esponenti
dell'organizzazione
camorristica tra i mesi di
aprile e maggio 2009 ai
danni di imprenditori
impegnati in lavori edili
per la realizzazione di un
complesso residenziale.
Determinanti per lo sviluppo
delle indagini sono state le
intercettazioni telefoniche,
i servizi di controllo del
territorio e di alcuni
pregiudicati. Emblematico,
secondo gli inquirenti, il
metodo utilizzato dagli
esponenti del clan per
avvicinare le vittime e
portare a termine i propri
scopi criminali. Saverio
Sparandeo, ad esempio, era
detenuto in la casa di
lavoro di
Modena
'Saliceto San Giuliano', ma
durante la sua permanenza
presso il reparto
psichiatrico dell'ospedale
Rummo di
Benevento,
si è fatto accompagnare una
delle sue vittime fino al
suo letto nel nosocomio e ha
formulato, in modo chiaro,
una richiesta estorsiva per
una somma variabile tra i 3
e i 5mila euro per ogni
appartamento in costruzione.
E' stato accertato che
l'imprenditore Antonio
Mottola, invece, faceva da
anello di collegamento tra
le vittime e gli estorsori
Luigi e Saverio Sparando ed
era subentrato a un'altra
ditta per i lavori di
'movimento terra'
propedeutici alla
realizzazione del complesso
residenziale. Dopo vari
incontri tra gli estorsori e
le vittime, la richiesta
estorsiva complessiva è
stata concordata in 50mila
euro.
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