28/01/2009
Borrelli: «Ponte Fabio Massimo, il Comune ha
adottato solo atti di gestione»
Pubblicato il 28-01-2009
La sala consiliare comunale ha ospitato sabato
sera l’attesa seduta di Consiglio comunale
convocato in sessione straordinaria aperta dal
sindaco Mario Borrelli per discutere e
deliberare in merito all’unico punto posto
all’ordine del giorno: Lavori di recupero Ponte
Fabio Massimo – Discussione sulla tecnica di
recupero e determinazioni.
Una questione, quella del recupero del Ponte
Fabio Massimo, assurta agli onori della cronaca
in seguito ai malumori generatisi nella comunità
locale, e non solo, circa le tecniche di
recupero e restauro utilizzate, ai più apparse
discutibili e poco attinenti alla “storia” di
uno dei più importanti monumenti del patrimonio,
storico, artistico ed architettonico dell’intera
Valle Telesina. Un dibattito che negli ultimi
giorni aveva arricchito anche le pagine dei
quotidiani locali e che, appunto, aveva portato
alla convocazione di un Consiglio comunale
aperto.
La seduta, moderata dal giornalista Luciano
Lombardi, ha visto la partecipazione anche del
sovrintendente ai Beni Archeologici per le
province di Benevento, Avellino e Salerno, Mario
Pagano, dei componenti il Comitato Tecnico
Scientifico nominato per i lavori di recupero,
Mario Sessa, Luigi La Rocca ed Antonio Cipriano,
nonché quella del direttore dei lavori Vincenzo
Vallone. Ad apertura d’assise il sindaco Mario
Borrelli ha prodotto un dettagliato excursus
storico inerente i lavori in questione, partendo
dalla stesura ed approvazione del progetto
originario e definitivo, all’acquisizione dei
diversi pareri sino al finanziamento dell’opera
da parte della Provincia di Benevento per un
importo complessivo di euro 502.025,60.
“Dopo l’espletamento della gara d’appalto – ha
poi proseguito il sindaco - e la successiva
comunicazione dell’inizio dei lavori gli stessi
venivano interrotti a seguito di una specifica
richiesta della sovrintendenza archeologica.
Veniva pertanto nominato un coordinamento
tecnico scientifico affinché unitamente al
direttore dei lavori si procedesse al riesame ed
alla rielaborazione del progetto. Quindi veniva,
redatta una perizia di variante a cui faceva
seguito la ripresa dei lavori poi terminati in
data 24 ottobre 2008. Così come chiaramente si
evince dalla cronologia degli eventi, delle date
e degli atti prodotti – ha precisato Borrelli -
nessun atto deliberativo di giunta o consiglio
comunale è stato adottato perché non richiesto
da questa amministrazione comunale da me
presieduta ma si tratta di atti di gestione che
non attengono ai poteri di indirizzo del civico
consesso”.
Poi ha preso la parola l’assessore Amedeo
Ginepri. “Questo Consiglio – ha esordito Ginepri
– andava fatto prima dei lavori per consentire
non solo un coinvolgimento della cittadinanza
locale ma anche per avere una precisa conoscenza
di quanto si voleva realizzare. Il Ponte Fabio
Massimo, unitamente al Castello ed altri siti,
costituisce il simbolo del nostro paese per cui
il cambiamento quasi radicale che ha subito a
seguito dei lavori di restauro non viene e non
può essere accettato”. Poi l’assessore Ginepri
ha fatto riferimento ad alcuni passaggi, molto
significativi, delle relazioni tecniche allegate
al progetto di recupero del Ponte. “Nelle varie
relazioni – ha sottolineato - si trova scritto
costantemente che per i lavori di recupero
dovevano essere utilizzati materiali ben
precisi: “le malte ed i materiali da integrare
sul monumento dovranno essere della stessa
specie e natura di quelli rinvenuti in sito
meglio se ricavati dal recupero di strutture
antiche come opus incertum, pietra bianca
locale, ecc”. Poi – ha continuato l’assessore,
nella relazione è riportata, tra le altre
indicazioni anche quella secondo cui la
realizzazione, sui due lati della superficie di
attraversamento del ponte, di muretti in pietra
locale a conci doveva eseguirsi con la stessa
tipologia di quelli presenti ed i conci dovevano
essere assemblati con malta cementizia. Per
l’intervento in questione dunque doveva essere
utilizzata una tecnica che non doveva cambiare
l’aspetto del ponte, il quale doveva essere
ripristinato senza cancellare l’aspetto che
aveva avuto nel tempo.
Poi, a seguito dell’intervento della
Soprintendenza e del successivo progetto di
variante il progetto originario già
precedentemente approvato, cantierabile ed
appaltato, fu stravolto, in particolare nella
parte attinente ai muretti laterali. A mio
parere proprio per la sua innovazione il
progetto di variante doveva essere sottoposto
agli organi istituzionali dell’ente che
avrebbero potuto assumere decisioni e
sollecitazione per un intervento più consono
alla struttura dell’esistente ponte. Mi auguro
che queste riflessioni e sollecitazioni – ha
concluso Ginepri – possano sfociare in soluzioni
modificative volte a ridare, anche in parte, al
Ponte Fabio Massimo, l’aspetto originario”. Poi
c’è stato l’intervento del sovrintendente ai
Beni Archeologici per le province di Benevento,
Avellino e Salerno, Mario Pagano. “Nelle opere
di restauro o di recupero – ha affermato Pagano
– da sempre ci si trova ad un bivio. Nel caso
specifico i lavori hanno tenuto conto di un
paesaggio storicizzato ed il restauro effettuato
può considerarsi innovativo, puntando, tra
l’altro, a restituire al ponte la sua volumetria
originaria. Tra l’altro, il ponte così com’era
era difficilmente percorribile. In merito alle
spallette – ha continuato Pagano – non avevamo
alcun elemento per dire come erano in epoca
romana, pertanto, farle in pietra locale sarebbe
stato contrario ai principi del restauro ed
avrebbe potuto generare confusione con lo
spirito dei lavori effettuati”.
Successivamente, Luigi La
Rocca, componente il comitato scientifico che ha
redatto la perizia di variante al progetto
iniziale ha sottolineato che “già relativamente
al primo progetto c’erano delle perplessità in
merito alla stabilità del ponte. In fase di
stesura della variante, pertanto, abbiamo
puntato molto su questo elemento, considerando
anche lo stato di degrado in cui si trovava il
ponte e quindi il rischio di un crollo che
poteva essere anche immediato”. Ha poi
proseguito l’architetto Matteo Sessa.
“Nell’esecuzione dei lavori abbiamo tenuto fede
alle indicazioni che ci provenivano dai “giganti
de passato”. Noi non abbiamo inventato nulla.
Il nostro può definirsi un restauro didattico.
Nella visione del ponte infatti ciascuno persona
può leggere la fase più antica e quella più
moderna”. Poche parole poi sono state espresse
anche dal direttore dei lavori, Vincenzo
Vallone, il quale ha sostanzialmente ripercorso
le varie tappe che hanno portato alla esecuzione
dei lavori. La conclusione poi è stata affidata
al sindaco Borrelli il quale facendo leva sul
concetto di reversibilità dei lavori eseguiti ha
lanciato la proposta di lavorare sinergicamente
per approntare una idea progettuale in cui
condensare possibili soluzioni alternative per
ridare al ponte un aspetto degno della sua
storia.
Da segnalare in ultimo anche l’intervento del
presidente della pro loco di Faicchio, Giovanni
Onofrio, che ha partecipato al sovrintendente ed
ai componenti il comitato scientifico il
malcontento della comunità locale per il
risultato dei lavori di restauro auspicando la
possibilità di un nuovo intervento soprattutto
sulle spallette laterali che, anche secondo il
parere del presidente della pro loco, potevano
essere realizzate utilizzando materiali diversi
rispetto a quelli adoperati.
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