30 gennaio 2009
Faicchio: Ponte Fabio Massimo, parla Borrelli
 

 

 

28/01/2009     

 

 

Borrelli: «Ponte Fabio Massimo, il Comune ha adottato solo atti di gestione»
Pubblicato il 28-01-2009

 

La sala consiliare comunale ha ospitato sabato sera l’attesa seduta di Consiglio comunale convocato in sessione straordinaria aperta dal sindaco Mario Borrelli per discutere e deliberare in merito all’unico punto posto all’ordine del giorno: Lavori di recupero Ponte Fabio Massimo – Discussione sulla tecnica di recupero e determinazioni.

 

Una questione, quella del recupero del Ponte Fabio Massimo, assurta agli onori della cronaca in seguito ai malumori generatisi nella comunità locale, e non solo, circa le tecniche di recupero e restauro utilizzate, ai più apparse discutibili e poco attinenti alla “storia” di uno dei più importanti monumenti del patrimonio, storico, artistico ed architettonico dell’intera Valle Telesina. Un dibattito che negli ultimi giorni aveva arricchito anche le pagine dei quotidiani locali e che, appunto, aveva portato alla convocazione di un Consiglio comunale aperto.

 

La seduta, moderata dal giornalista Luciano Lombardi, ha visto la partecipazione anche del sovrintendente ai Beni Archeologici per le province di Benevento, Avellino e Salerno, Mario Pagano, dei componenti il Comitato Tecnico Scientifico nominato per i lavori di recupero, Mario Sessa, Luigi La Rocca ed Antonio Cipriano, nonché quella del direttore dei lavori Vincenzo Vallone. Ad apertura d’assise il sindaco Mario Borrelli ha prodotto un dettagliato excursus storico inerente i lavori in questione, partendo dalla stesura ed approvazione del progetto originario e definitivo, all’acquisizione dei diversi pareri sino al finanziamento dell’opera da parte della Provincia di Benevento per un importo complessivo di euro 502.025,60.

 

“Dopo l’espletamento della gara d’appalto – ha poi proseguito il sindaco - e la successiva comunicazione dell’inizio dei lavori gli stessi venivano interrotti a seguito di una specifica richiesta della sovrintendenza archeologica. Veniva pertanto nominato un coordinamento tecnico scientifico affinché unitamente al direttore dei lavori si procedesse al riesame ed alla rielaborazione del progetto. Quindi veniva, redatta una perizia di variante a cui faceva seguito la ripresa dei lavori poi terminati in data 24 ottobre 2008. Così come chiaramente si evince dalla cronologia degli eventi, delle date e degli atti prodotti – ha precisato Borrelli - nessun atto deliberativo di giunta o consiglio comunale è stato adottato perché non richiesto da questa amministrazione comunale da me presieduta ma si tratta di atti di gestione che non attengono ai poteri di indirizzo del civico consesso”.

 

Poi ha preso la parola l’assessore Amedeo Ginepri. “Questo Consiglio – ha esordito Ginepri – andava fatto prima dei lavori per consentire non solo un coinvolgimento della cittadinanza locale ma anche per avere una precisa conoscenza di quanto si voleva realizzare. Il Ponte Fabio Massimo, unitamente al Castello ed altri siti, costituisce il simbolo del nostro paese per cui il cambiamento quasi radicale che ha subito a seguito dei lavori di restauro non viene e non può essere accettato”. Poi l’assessore Ginepri ha fatto riferimento ad alcuni passaggi, molto significativi, delle relazioni tecniche allegate al progetto di recupero del Ponte. “Nelle varie relazioni – ha sottolineato - si trova scritto costantemente che per i lavori di recupero dovevano essere utilizzati materiali ben precisi: “le malte ed i materiali da integrare sul monumento dovranno essere della stessa specie e natura di quelli rinvenuti in sito meglio se ricavati dal recupero di strutture antiche come opus incertum, pietra bianca locale, ecc”. Poi – ha continuato l’assessore, nella relazione è riportata, tra le altre indicazioni anche quella secondo cui la realizzazione, sui due lati della superficie di attraversamento del ponte, di muretti in pietra locale a conci doveva eseguirsi con la stessa tipologia di quelli presenti ed i conci dovevano essere assemblati con malta cementizia. Per l’intervento in questione dunque doveva essere utilizzata una tecnica che non doveva cambiare l’aspetto del ponte, il quale doveva essere ripristinato senza cancellare l’aspetto che aveva avuto nel tempo.

 

 Poi, a seguito dell’intervento della Soprintendenza e del successivo progetto di variante il progetto originario già precedentemente approvato, cantierabile ed appaltato, fu stravolto, in particolare nella parte attinente ai muretti laterali. A mio parere proprio per la sua innovazione il progetto di variante doveva essere sottoposto agli organi istituzionali dell’ente che avrebbero potuto assumere decisioni e sollecitazione per un intervento più consono alla struttura dell’esistente ponte. Mi auguro che queste riflessioni e sollecitazioni – ha concluso Ginepri – possano sfociare in soluzioni modificative volte a ridare, anche in parte, al Ponte Fabio Massimo, l’aspetto originario”. Poi c’è stato l’intervento del sovrintendente ai Beni Archeologici per le province di Benevento, Avellino e Salerno, Mario Pagano. “Nelle opere di restauro o di recupero – ha affermato Pagano – da sempre ci si trova ad un bivio. Nel caso specifico i lavori hanno tenuto conto di un paesaggio storicizzato ed il restauro effettuato può considerarsi innovativo, puntando, tra l’altro, a restituire al ponte la sua volumetria originaria. Tra l’altro, il ponte così com’era era difficilmente percorribile. In merito alle spallette – ha continuato Pagano – non avevamo alcun elemento per dire come erano in epoca romana, pertanto, farle in pietra locale sarebbe stato contrario ai principi del restauro ed avrebbe potuto generare confusione con lo spirito dei lavori effettuati”.

 

Successivamente, Luigi La Rocca, componente il comitato scientifico che ha redatto la perizia di variante al progetto iniziale ha sottolineato che “già relativamente al primo progetto c’erano delle perplessità in merito alla stabilità del ponte. In fase di stesura della variante, pertanto, abbiamo puntato molto su questo elemento, considerando anche lo stato di degrado in cui si trovava il ponte e quindi il rischio di un crollo che poteva essere anche immediato”. Ha poi proseguito l’architetto Matteo Sessa.
“Nell’esecuzione dei lavori abbiamo tenuto fede alle indicazioni che ci provenivano dai “giganti de passato”. Noi non abbiamo inventato nulla.

Il nostro può definirsi un restauro didattico. Nella visione del ponte infatti ciascuno persona può leggere la fase più antica e quella più moderna”. Poche parole poi sono state espresse anche dal direttore dei lavori, Vincenzo Vallone, il quale ha sostanzialmente ripercorso le varie tappe che hanno portato alla esecuzione dei lavori. La conclusione poi è stata affidata al sindaco Borrelli il quale facendo leva sul concetto di reversibilità dei lavori eseguiti ha lanciato la proposta di lavorare sinergicamente per approntare una idea progettuale in cui condensare possibili soluzioni alternative per ridare al ponte un aspetto degno della sua storia.

Da segnalare in ultimo anche l’intervento del presidente della pro loco di Faicchio, Giovanni Onofrio, che ha partecipato al sovrintendente ed ai componenti il comitato scientifico il malcontento della comunità locale per il risultato dei lavori di restauro auspicando la possibilità di un nuovo intervento soprattutto sulle spallette laterali che, anche secondo il parere del presidente della pro loco, potevano essere realizzate utilizzando materiali diversi rispetto a quelli adoperati.

 

 

     

 Valle Telesina


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