Inesorabilmente finisce il mito di Limatola
(chiamata anche la Svizzera del Sud)
Parlare di una comunità, di un campanile, di uno
dei piccoli comuni della nostra provincia, ma in
realtà si discute di tutto un territorio che
presenta il conto. Un conto amaro che lascia sul
campo disoccupazione e miseria, che riporta la
memoria ed il ragionamento ad un pesante atto
di accusa e la classe politica sul banco degli
imputati. Parliamo di Limatola, ma potremmo
riferirci anche ad altri comuni. Qui è successo
che mentre quarant’anni fa c’era un Fiume
Volturno con l’acqua chiara, tanti ettari di
terreno pianeggiante e coltivabile, con il
tabacco coltura principale, adesso tutto sembra
essere sparito. Il Volturno c’è ancora, ma è
ormai uno dei fiumi più inquinati d’Italia. Gran
parte dei terreni sono rimasti, ma restano
incolti ed in parte occupati da capannoni
inutilizzati o fabbricati in corso di
costruzione. Limatola, paese senza
disoccupazione, anzi, con la necessità di
richiamare giovani dai comuni vicini (ma anche
da Napoli) per dare man forte alle tante aziende
che, negli anni d’oro, assumevano e producevano,
adesso è veramente cambiata. Ma in questi casi,
a volte, si sostiene che bisogna toccare il
fondo per poter poi risalire. Non vogliamo qui
analizzare i fallimenti della classe politica,
bisognerebbe eventualmente fare un
contraddittorio, ma semplicemente relazionare
sulla fine di un mito. Un’attività industriale
ogni sessanta abitanti, decine di altre aziende
artigianali e commerciali. Ed ancora aziende
dell’indotto Fiat, con attività di cablaggio e
stampaggio che trovavano posto in ogni piccolo
seminterrato o capannone. Importanti aziende del
polo serico di San Leucio trasferite a Limatola
con centinaia di operai. Tanti giovani diventati
imprenditori a poco meno di vent’anni ed
impegnati ad assumere e contemporaneamente a
trattare con banche fidi milionari e prestiti
utili a mandare avanti l'azienda. Insomma una
vera “eldorado”. Il modello è miseramente
fallito a cominciare dai cosiddetti “terzisti”.
Chi produce “conto terzi” è da sempre l’anello
debole della catena, è costretto a ridurre
continuamente i ricavi ma vede poi aumentare i
costi di produzione. A questo si aggiunga che
spesso il committente non mantiene gli impegni
(di pagamento) e quindi il nostro imprenditore
vede stringersi sempre più la corda al collo.
Magari a tutto ciò si aggiunge la carenza di
lavoro provocata dall’azienda più grande, che
comincia a giocare proprio come fa il gatto con
il topo. Il topolino non trova più credito nelle
banche e non può pagare gli operai, che
promuovono giustamente vertenze sindacali. I
fornitori chiedono invano di essere pagati. Ed è
a questo punto che il “terzista” salta, anche
perché l’azienda gli ha chiesto di applicare un
prezzo che è impossibile da mantenere. Si passa
poi alle istanze di fallimento ed ai
pignoramenti. Questa è la storia in pillole
della ex Svizzera del Sud. Con una differenza. A
Limatola non c’è Piano Urbanistico Comunale, non
c’è un’area di Insediamenti Produttivi, manca
una rete idrica efficiente, l’illuminazione
pubblica è poco funzionale, non esiste una rete
fognaria, il comune è stato in dissesto
finanziario e sembra doverci ripiombare, la
strada provinciale è una incredibile incompiuta
(bisogna percorrerla per rendersene conto), c’è
un passaggio a livello che chiude sei ore al
giorno e rappresenta una vera barriera alla
libera circolazione. Tante aziende chiuse con
centinaia e centinaia di persone licenziate o in
cassa integrazione. Un territorio flagellato.
Dove manca persino la toponomastica. Non esiste
l’indicazione delle strade e dei numeri civici:
incredibile! Ecco cosa resta della Svizzera del
Sud.
Limatola, 8 giugno 2009
ing pietro di lorenzo
imprenditore
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