Lettera aperta di Gianni Giletta all’ on. Luca
Colasanto,
Consigliere Regionale della Campania.
Anche questa sera, mentre sfoglio alcuni appunti
di psicologia relazionale, mi sono accorto che
la mia vocazione è quella per la “ricerca” ed è
trasversale a tutte le altre molteplici –forse
troppe- attività che svolgo.
Se
dovessi mettere sulla mia carta d’ identità un
mestiere, non scriverei né traduttore, né
docente, né psicologo, ma ricercatore, perché è
la dimensione che mi si adatta meglio e che in
qualche modo meglio accomuna tutte queste
professioni. Ho imparato che la ricerca è
creativa e che essa è un’ approccio all’
ascolto; solo in seguito essa può dar vita
all’ elaborazione e alla scrittura.
Ritengo che la parola sia fondamentale: essa può
produrre cose positive, ma anche provocare molti
danni ( anche se non tanti quanti ne ha
provocati negli ultimi tempi il silenzio ).
Ritengo che sia il momento per me, da cittadino
e da cattolico, di non rimanere più in silenzio.
Mi rivolgo a Lei on. Luca Colasanto, non solo
come Consigliere Regionale della Campania e
politico, ma come persona onesta e affidabile,
in coerenza con le sue scelte di campo che a
volte lo hanno visto contrastato, umiliato e non
capito. Mi rivolgo a lei onorevole, quale
semplice uomo di fede e componente del Comitato
Regionale ‘Pace e Diritti umani’: che il Signore
ci doni ad entrambi la grazia dell’ indignazione
per ciò che andrò scrivendo; indignazione quale
grande leva e marcia in più che spezza le gambe
all’indifferenza; un grido di sdegno, talmente
forte da confondere le trame dell’ infamia che
si stanno perpetrando sul nostro territorio.
In questi giorni, se non per dire in questi
mesi, sono rimasto in ascolto delle molteplici
voci, che facevano eco sul web e non, riguardo
la costruzione di una centrale per la produzione
di energia con termoutilizzazione di biomasse
(inceneritore) in località san Mennitto in San
Salvatore Telesino (da 10 Mwatt!).
Senza sconti credo fermamente che questa sia l’
ennesima storia inerente la resistenza,
affiancata da qualche valutazione, che ormai da
anni è in atto per la difesa della terra. Senza
sconti le dirò che siamo all’ ennesimo tentativo
di aggressione del territorio. Non lontano da
noi il termovalorizzatore di Acerra rappresenta
solo l’ultimo atto di una scellerata e bieca
politica asservita esclusivamente ai suoi
interessi economici: l’ informazione è ridotta
al minimo, stralci di comunicati televisivi ne
annunciano solo scarne fasi di messa in opera;
la voce di consistenti fasce di popolazione è
del tutto ignorata, tutto è ridotto al silenzio.
Intanto si propongono nuovi progetti simili e
uno degli ultimi è sicuramente quello che vede
protagonista la mia terra: la Valle Telesina,
dove da ormai tre anni si intende realizzare un
progetto del tutto simile a quello di Acerra.
Solo che qui ‘la fabbrica di nanoparticelle’ la
chiamano centrale a biomasse e non bisogna
essere un luminare della fisica per capire che
in esso si possono bruciare anche rifiuti
urbani.
Ieri mattina nella cassetta della posta mi è
arrivata una brochure. Sulle prime, ho pensato
all’ ennesima pubblicità porta a porta di
qualche centro commerciale, o per lo più alla
proposta di qualche compravendita magari
interessante. No, questa volta volevano vendermi
un termovalorizzatore, da costruirsi proprio a
due passi da casa mia.
I promotori della centrale -con il consenso di
parte della politica, ritenendosi i David
Copperfield della modernità, della promozione di
una new economy del territorio- acclamano di
smaltire solo legna da ardere, come in un
caminetto di famiglia; di utilizzare, per il
raffreddamento, un pozzo d’ acqua simile a
quello scavato ( a mano e con il sudore dei miei
nonni ) dietro casa mia; di offrire posti di
lavoro e contributi energetici. Niente di
più falso. Anche perché l’ energia prodotta
andrebbe a tutto vantaggio della provincia di
Bergamo.
Incenerire spreca energie, e questo è un dato di
fatto inconfutabile, tanto che persino la Banca
Mondiale ha manifestato seri dubbi a riguardo,
sia perché occorrono notevoli quantità di
materiale da combustione ed acqua, sia perché le
ceneri prodotte -poiché altamente tossiche!-
prevedono un costoso processo di smaltimento.
Inoltre la Comunità Europea ha diffidato
l’Italia dall’ usare parole diverse da quella
corretta di ‘inceneritore’. Quindi, come diceva
Oscar Wilde, ‘chiamiamo le cose con il loro nome
e sarà tutto più facile’.
Dunque gli inceneritori -che da circa
trent’anni sono disincentivati in Europa- in
Italia sembrano essere una novità, l’ultimo
grido alla moda, che piace, fa bene ed è
risolutivo di tutti i problemi, nonostante
l’Organizzazione Mondiale della Sanità lo
consideri uno tra maggiori fattori di
inquinamento ambientale.
Moltissimi medici ed oncologi non fanno che
ribadire all’ unanimità l’alta tossicità delle
nanoparticelle prodotte dagli impianti; a questo
va aggiunto che non esistono filtri che possano
trattenere queste polveri, cosa tra l’altro
ammessa anche da chi li produce.
Naturalmente tutto ciò è ampiamente trattato in
ricorsi e denunce alla magistratura e/o ad
organi competenti della giustizia, che sono
stati interpellati più volte per concludere la
vicenda con strumenti legali.
E
last but not least, due parole sugli ipotetici
quaranta posti di lavoro, promessi dalla ditta
costruttrice Vo.Cem. (Vozza Cementi) che
presenta nel simbolo una caratteristica
quanto mai provocatoria ‘fogliolina verde’.
La
sfida della rivoluzione energetica passa per la
creazione di posti verdi. I cosiddetti ‘green
jobs’, stanno diventando non solo il simbolo di
una nuova economia sostenibile, ma anche di una
società più giusta. Secondo uno studio diffuso a
febbraio dall’ Unep, il programma per l’
ambiente delle Nazioni Unite, “nei prossimi
venti anni le energie pulite da vento e sole
potranno creare più di otto milioni di posti di
lavoro a livello mondiale. Germania e Spagna
sono state le più attendibili a cogliere le
potenzialità delle rinnovabili: già nel 2006 la
Germania contava 82mila lavoratori verdi e la
Spagna 35mila. Un recente studio dell’
Università Bocconi di Milano, mostra che l’
Italia, rispettando gli obiettivi del pacchetto
Energia e Clima Europeo, può arrivare a 250mila
nuovi posti di lavoro entro il 2020 nel solo
settore elettrico. Un occasione da non perdere
per il nostro paese”(LEPORE A., Arrivano i
lavori verdi in Rapporto Greenpeace, 2009, n.
93).
Tuttavia resta da chiedersi perché il contadino
che protesta viene visto solo come una nota di
colore campestre, il cui senso civico è del
tutto insignificante; perché egli debba
assistere alla mortificazione della sua terra,
che diventa inerte, inutilizzabile dal punto di
vista agricolo e dannoso per le popolazioni che
da sempre lo abitano.
Il
nostro territorio continua ad attrarre
visitatori desiderosi di scoprire luoghi di
pace, tra paesaggi e sapori ancora autentici
–degli agriturismi locali- e gente sempre
ospitale. E tra valli e colline con uliveti,
punteggiate di rocche medievali ed eremi, si
incrociano i boschi della Via Francigena del Sud
e i vigneti del Guardiolo d.o.c. e Solopaca
d.o.c. –che si ha il dovere di proteggere, anche
con delibere regionali-. Olio e vino, tra l’
altro, stanno conquistando i mercati mondiali e
spingendo la bilancia commerciale della Regione.
E questo termovalorizzatore dove dovrebbe
sorgere? Tra vigneti e uliveti, ovvio.
Non vorrei si dovesse tornare a tempi non
lontani –ricordo ancora indelebile dei nostri
genitori-, in cui nel sannio – beneventano era
vivo il fenomeno della povertà e dell’
emigrazione; non vorrei che le ricchezze della
terra, nate dalle mani degli imprenditori
agricoli del nostro territorio, tornassero al
completo abbandono.
Sin dalle origini, l’uomo ha sempre avuto un
legame diretto, indissolubile e insostituibile
con la ‘terra’. La terra è ‘madre’, cioè
creatrice; non a caso l’Adamo biblico, con cui
ci si riferisce al primo uomo, significa proprio
“tratto dalla terra”.
La
terra è da sempre considerata l’elemento
preponderante, essenziale per definire
l’appartenenza antropologica dell’uomo. Ma tale
concetto è spesso frainteso.
Mi
piace riprendere qui un testo del Padre Vescovo
mons. Nogaro: “C’ è una visione materialistica
del creato che considera la terra solo come
materia, come un insieme di oggetti il cui
valore è misurato in termini di utilità, e
quindi di sfruttamento. E’ un mondo quasi in
competizione con l’ uomo, e di esso si può
abusare a piacimento. Gli elementi di questa
visione cosmologica soggiacciono al modello
industriale della società. C’ è una visione
radicalmente antropocentrica che dà valore a ciò
che è umano e a ciò che immediatamente serve
agli uomini. Si ritiene che solo l’ umanità è a
immagine e somiglianza di Dio. L’ umanità viene
considerata al di sopra del resto della
creazione e adopera la stessa in modo
incondizionato.
Ma
c’ è anche una visione biocentrica, che
contempla la persona umana parte integrante
della creazione. E’ l’ uomo in relazione con
tutte le altre creature, che ha un rapporto di
rispetto e di responsabilità verso tutti. Ci si
rende conto che l’ umanità non può salvarsi
isolatamente rispetto alla comunità degli esseri
animati e inanimati. La terra non è più lo
sfondo ma il contesto. Con essa si vive, con
essa si cresce, con essa si ci salva. In questa
prospettiva, ciascuno di noi è responsabile dei
propri comportamenti nei confronti
dell’ambiente” (NOGARO R., La salvaguardia del
creato, in Lettera alla diocesi, 2007).
Prendendo atto di ciò, da figlio dell’ Opus Dei
e da terziario francescano, affermo che appare
quanto mai attuale l’insegnamento del Santo
Francesco che ne Il cantico delle Creature
prorompe a un tributo perenne di amore e di lode
verso tutti gli elementi del creato, ivi
compresa la terra.
In
primo luogo i passi dell’ utilizzo dei beni
rispetto al bene della persona e della comunità.
Sono i passi della destinazione universale dei
doni che Dio ci elargisce, che chiede l’ uscita
da ogni forma di mercato e di spreco quotidiano
dei beni essenziali - l’acqua, la terra, l’
energia- e relazionali -la pace, l’istruzione,
l’ informazione, la salute- per arrivare a una
condivisione diffusa nel rispetto dell’
ambiente, nella moderazione e sobrietà nell’ uso
delle risorse naturali, e nell’ attenzione alla
qualità della vita contro uno sviluppo
disordinato. Proviamo a individuare nei nostri
consumi e stili di vita, anche se apparentemente
innocui, abitudini da superare perché sia
possibile una giustizia vera, equa per tutti.
Ricerchiamo comportamenti e scelte coerenti, che
non si accontentano della denuncia, né del
singolo gesto benefico; aderiamo a proposte
quali ‘il commercio equo e solidale’, il
‘consumo critico’, l’operazione ‘bilanci di
giustizia’, le varie forme di ‘finanza etica’.
Inoltre i passi della costruzione di nuovo
‘territorio’, chiamato a favorire incontri,
relazioni, confronto, tutela dei diritti. Un
territorio aperto che sa gestire il passare
delle persone in una logica di prossimità più
che di invisibilità. Un territorio che rende
accessibili i suoi beni più che farli diventare
strumento di differenza. Come si può
accettare tale attentato che vuole essere
perpetrato? Si tratta di un errore di una
politica cieca del passato, che potrà avere
ulteriori gravissime conseguenze, per tutta la
nostra popolazione. Un errore, che è l’
ulteriore ‘fendente al costato’ al nostro
territorio.
E’
mio dovere, allora, richiamarLa –come persona
onesta quale lei è- ad un intervento immediato
presso le sedi preposte (Conferenza dei Servizi
del 23 c.m.) perché il mandato popolare che le è
stato affidato lo impone, nell’ agire per il
bene di tutti. Ma non solo. E’ la vita di tutti
noi ad essere in pericolo, soprattutto quella
dei bambini destinati ad accumulare, nel tempo,
sostanze altamente nocive. E’ a nome loro, e a
nome dei tanti cittadini già ammalati di cancro
che mi appello alla sua coscienza di uomo
impegnato nell’amministrazione del bene comune,
oltre qualsiasi calcolo elettorale, personale,
di gruppo. Nessuno può delegare ad altri
(segretari di partito, capigruppo o capicorrente)
la personale responsabilità, di fronte al male
sia esso compiuto con deliberata coscienza, sia
esso realizzato per ignoranza o provocato dall’
inganno.
Quanto a me e alla mia gente –ridotti ad essere
simili all’ Africa più povera- possiamo solo
chiedere, e chiedere non costa nulla.
Amorosi, 19.luglio ’09
Gianni Giletta
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