COMITATI CIVICI
DI SAN SALVATORE TELESINO E GUARDIA SANFRAMONDI
CONTRO LA
COSTRUZIONE DI UN INCENERITORE A SAN SALVATORE
T.
10.05.2009
E’ stato notificato nella
giornata odierna il ricorso straordinario al
Capo dello Stato promosso dal CO.RE.Ri., il Coordinamento
Regionale Rifiuti della Campania,
contro le ordinanze del Presidente del Consiglio
dei Ministri del 5 marzo e del 18 marzo 2009,
che autorizzano rispettivamente l’esercizio
provvisorio, nelle more del collaudo,
dell’inceneritore di Acerra e la combustione
nello stesso impianto di praticamente qualsiasi
rifiuto urbano presente nel territorio campano.
Il ricorso straordinario al massimo organo dello
Stato è stato affidato all’Avvocato Luigi
Adinolfi di
Caserta che giŕ in passato si è più volte
occupato vittoriosamente di azioni giudiziarie
in materia ambientale, come nel caso della
discarica Lo Uttaro di Caserta, voluta nel 2007
dall’allora Commissario straordinario Bertolaso
e successivamente chiusa per disastro ambientale
con due provvedimenti emanati contemporaneamente
dal Tribunale Civile di Napoli e dal Gip del
Tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Tra i
firmatari del ricorso diversi cittadini acerrani
che abitano o svolgono la propria attività nella
zona in cui sorge l’impianto, il Comitato Donne
del 29 agosto,
per mezzo della sua legale rappresentante
Virginia Petrellese , il Comitato
Emergenza Rifiuti di Caserta
e gli altri comitati civici aderenti al CO.Re.Ri.
Due
gli aspetti fondamentali su cui si è concentrata
l’attenzione dei ricorrenti: la possibilità che
l’impianto possa bruciare, in deroga al parere
di compatibilità ambientale del 2005, ogni sorta
di rifiuto, con le prevedibili conseguenze sulla
salute dei cittadini campani, e l’assenza
dell’autorizzazione integrata ambientale
rilasciata ai sensi del D. Lgs 18.02.05 n. 59.
Giova ricordare
infatti che tra le ben 27 prescrizioni di
adeguamento impiantistico e di tutela
ambientale, imposte con il richiamato parere, ve
ne era una assolutamente inderogabile se si
fosse voluto garantire il rispetto dei limiti di
emissione dell’impianto: bruciare CDR a norma
del DM 05/02/1998. Lo dichiarò il 10 febbraio
2005 anche l’allora Direttore Generale del
Ministero dell’Ambiente, Dott. Bruno Agricola,
durante l’audizione presso la Commissione
parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti.
Ed invece proprio tale prescrizione è stata
derogata con l’impugnata ordinanza del 18 marzo.
Ciò avrebbe richiesto quantomeno una nuova
valutazione d’impatto ambientale (o sarebbe
meglio dire una valutazione, giacché il parere
del 2005 non è una vera e propria VIA); invece
si è deciso di avviare comunque l’impianto,
consentendo che vengano bruciate anche i milioni
di ecoballe campane che non solo non sono
affatto CDR a norma, come ha stabilito la
magistratura nel 2004, sia per la percentuale
eccessiva di rifiuto umido, sia perché spesso
contengono rifiuti speciali pericolosi.
Tale scelta è da
ritenersi estremamente grave visto che
l’impianto va ad insistere su di un territorio
già devastato da sversamenti illeciti di rifiuti
tossici e dalla presenza della Montefibre, un
territorio per il quale il governo ha
riconosciuto fin dal 2006 lo stato di emergenza
dovuto alla presenza di elevate concentrazioni
di diossina.
L’altro aspetto,
assolutamente non trascurabile, è l’assenza
dell’A.I.A., l’autorizzazione integrata
ambientale, ovvero la sua concessione per legge,
tramite il decreto 90/2008, in deroga alla
procedura prevista dalla normativa comunitaria,
recepita dal governo italiano con il D.Lgs
18.02.05 n.59. Poiché l'A.I.A., che prevede tra
l’altro anche la consultazione e le
osservazioni, mai avvenute, della popolazione
interessata, è una procedura dettata a tutela
della salute pubblica, non vi è dubbio che
l’averla derogata non può che portare alla ovvia
conclusione che l’impianto sia pericoloso per la
salute dei cittadini che vivono nei dintorni.
E d’altro canto
al danno aggiungeremo anche la beffa allorquando
tale sconsiderata decisione del governo italiano
porterà all’apertura, da parte della Commissione
europea, di un’ulteriore procedura di infrazione
per violazione della normativa comunitaria.
Dopo
l’inaugurazione farsa del 26 marzo e l’immediato
fermo dell’impianto, che manca dei necessari
provvedimenti autorizzativi, e, quel che è più
grave, del collaudo, è ormai evidente che la
scelta di insistere su un impianto pericoloso,
realizzato da un’impresa, la FIBE- Impregilo, il
cui contratto è stato rescisso per inadempimento
nel 2005 e che è tuttora sotto processo per
frode in pubbliche forniture e truffa aggravata
ai danni dello Stato, ha la sola motivazione di
consentire al gestore dell’impianto, la lombarda
A2A, di poter beneficiare degli incentivi CIP6
sull’energia prodotta in deroga alle normative
comunitarie, non essendo certo i rifiuti una
fonte di energia rinnovabile.
CO.RE.Ri.
Sito: www.rifiuticampania.org
Email: contatti@rifiuticampania.org
8
maggio 2009 - segnalazione di Maria Mucci
E' in corso di notifica
nella giornata odierna il ricorso staordinario
al
Capo dello Stato promosso dal CO.RE.Ri., il
Coordinamento Regionale
Rifiuti della Campania, contro le ordinanze del
Presidente del Consiglio
dei Ministri del 5 marzo e del 18 marzo 2009,
che autorizzano
rispettivamente l'esercizio provvisorio, nelle
more del collaudo,
dell'inceneritore di Acerra e la combustione
nello stesso impianto di
praticamente qualsiasi rifiuto urbano presente
nel territorio campano. Il
ricorso straodinario al massimo organo dello
Stato è stato affidato
all'Avvocato Luigi Adinolfi di Caserta che già
in passato si è più volte
occupato vittoriosamente di azioni giudiziarie
in materia ambientale, come
nel caso della discarica Lo Uttaro di Caserta,
voluta nel 2007 dall'allora
Commissario straordinario Bertolaso e
successivamente chiusa per disastro
ambientale con due provvedimenti emanati
contemporaneamente dal Tribunale
Civile di Napoli e dal Gip del Tribunale di
Santa Maria Capua Vetere. Tra
i firmatari del ricorso diversi cittadini
acerrani che abitano o svolgono
la propria attività nella zona in cui sorge
l'impianto, il Comitato Donne
del 29 agosto, per mezzo della sua legale
rappresentante Virginia
Petrellese e il Comitato Emergenza Rifiuti di
Caserta.
Due gli aspetti fondamentali su cui si è
concentrata l'attenzione dei
ricorrenti: la possibilità che l'impianto possa
bruciare, in deroga al
parere di compatibilità ambientale del 2005,
ogni sorta di rifiuto, con le
prevedibili conseguenze sulla salute dei
cittadini campani, e l'assenza
dell'autorizzazione integrata ambientale
rilasciata ai sensi del D. Lgs
18.02.05 n. 59.
Giova ricordare infatti che tra le ben 27
prescrizioni di adeguamento
impiantistico e di tutela ambientale, imposte
con il richiamato parere, ve
ne era una assolutamente inderogabile se si
fosse voluto garantire il
rispetto dei limiti di emissione dell'impianto:
bruciare CDR a norma del
DM 05/02/1998. Lo dichiarò il 10 febbraio 2005
anche l'allora Direttore
Generale del Ministero dell'Ambiente, Dott.
Bruno Agricola, durante
l'audizione presso
la Commissione parlamentare
d'inchiesta sul ciclo dei
rifiuti. Ed invece proprio tale prescrizione è
stata derogata con
l'impugnata ordinanza del 18 marzo. Ciò avrebbe
richiesto quantomeno una
nuova valutazione d'impatto ambientale (o
sarebbe meglio dire una
valutazione, giacché il parere del 2005 non è
una vera e propria VIA);
invece si è deciso di avviare comunque
l'impianto, consentendo che vengano
bruciate anche i milioni di ecoballe campane che
non solo non sono affatto
CDR a norma, come ha stabilito la magistratura
nel 2004, sia per la
percentuale eccessiva di rifiuto umido, sia
perchè spesso contengono
rifiuti speciali pericolosi.
Tale scelta è da ritenersi estremamente grave
visto che l'impianto va ad
insistere su di un territorio già devastato da
sversamenti illeciti di
rifiuti tossici e dalla presenza della
Montefibre, un territorio per il
quale il governo ha riconosciuto fin dal 2006 lo
stato di emergenza dovuto
alla presenza di elevate concentrazioni di
diossina.
L'altro aspetto, assolutamente non trascurabile,
è l'assenza dell'A.I.A.,
l'autorizzazione integrata ambientale, ovvero la
sua concessione per
legge, tramite il decreto 90/2008, in deroga
alla procedura prevista dalla
normativa comunitaria, recepita dal governo
italiano con il D.Lgs 18.02.05
n.59. Poiché l'A.I.A., che prevede tra l'altro
anche la consultazione e le
osservazioni, mai avvenute, della popolazione
interessata, è una procedura
dettata a tutela della salute pubblica, non vi è
dubbio che l'averla
derogata non può che portare alla ovvia
conclusione che l'impianto sia
pericoloso per la salute dei cittadini che
vivono nei dintorni.
E d'altro canto al danno aggiungeremo anche la
beffa allorquando tale
sconsiderata decisione del governo italiano
porterà all'apertura, da parte
della Commissione europea, di un'ulteriore
procedura di infrazione per
violazione della normativa comunitaria.
Dopo l'inaugurazione farsa del 26 marzo e
l'immediato fermo dell'impianto,
che manca dei necessari provvedimenti
autorizzatori, e, quel che è più
grave, del collaudo, è ormai evidente che la
scelta di insistere su un
impianto pericoloso. realizzato da un'impresa,
la FIBE- Impregilo, il cui
contratto è stato rescisso per inadempimento nel
2005 e che è tutt'ora
sotto processo per frode in pubbliche forniture
e truffa aggravata ai
danni dello Stato, ha la sola motivazione di
consentire al gestore
dell'impianto, la lombarda A2A, di poter
beneficiare degli incentivi CIP6
sull'energia prodotta in deroga alle normative
comunitarie, non essendo
certo i rifiuti una fonte rinnovabile.
CO.RE.Ri.
Sito:
www.rifiuticampania.org
Email:
contatti@rifiuticampania.org
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