17 luglio 2009
Colleferro, tangenti per l'inceneritore
 

fonte: http://www.noinceneritorealbano.it/index.php?option=com_content&view=article&id=241:ltangenti-per-gli-inceneritorir-indagine-sullappalto-per-costruire-linceneritore-di-colleferro&catid=1:ultime&Itemid=50

 

 

 

«Tangenti per gli inceneritori»

Indagine sull'appalto per costruire

l'inceneritore di Colleferro

 

Da "Il Tempo"

Stefano Gelsomini COLLEFERRO L'ex presidente di Consorzio Gaia, Roberto Scaglione, è stato rinviato a giudizio ieri dal Gup della Procura di Bolzano nell'inchiesta «Gaia waste connection» per un presunto giro di tangenti di oltre 2 milioni e di consulenze per il termovalorizzatore di Colleferro.

A giudizio è stato rinviato anche Pierangelo Moroni, membro del cda di Pianimpianti (società che ha costruito il termovalorizzatore) mentre hanno patteggiato: Francesco Call, legale rappresentante della società Isos, tre anni e 15 giorni e 200 mila euro di risarcimento; il lussemburghese Jean Francois Rizzon, responsabile settore vendite della Lurgi (società di costruzione di parti di ricambio per termovalorizzatori) 3 anni di reclusione; Alberto Jampaglia, presidente Pianimpianti, e Luigi Valeriani, direttore sezione energia di Pianimpianti, un anno. È stato assolto, invece, il tedesco Theodor Risse, presidente cda di Lurgi. Il magistrato punta a far recuperare allo Stato 7 milioni. Scaglione era stato arrestato nel 2005 con l'accusa di corruzione, truffa aggravata ai danni dell'ente pubblico, emissione e utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti: il Gip di Bolzano, Isabella Martin, su richiesta del pm Guido Rispoli, emise due ordini di custodia cautelare nei confronti suoi e di Francesco Call, albergatore di San Vigilio di Marebbe. L'indagine era partita durante i controlli della Guardia di Finanza di Brunico (Bolzano), che avrebbero accertato nella contabilità di due aziende facenti capo a Call, la «Isos» di Brunico e la «Ecoplanet» con sede in Lussemburgo, e di una terza società, la «Tecnical Associates», registrata a Dubai, fatture false per un importo di un milione e mezzo di euro, che si sospetta sia stato distratto per pagare tangenti per l'aggiudicazione dell'appalto da 32 milioni per la costruzione del termovalorizzatore di Colleferro, realizzato dalle società «Pianimpianti» e dalla tedesca «Lurgi», che ha già patteggiato 4 milioni di risarcimento e 2 milioni per Consorzio Gaia, per eventuali ulteriori danni che emergessero durante il processo.

 

 


 

lunedì 09 marzo 2009

Roma, rifiuti tossici

bruciati nell'inceneritore: tredici arresti

 

 

Un termovalorizzatore modello costretto a ingoiare e bruciare di tutto. È questa l'accusa di fondo per cui stamane i carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Roma hanno eseguito 13 ordini di custodia cautelare degli arresti domiciliari, emessi dal gip del tribunale di Velletri, nelle province di Roma, Latina, Frosinone, Napoli, Avellino, Bari, Foggia, Grosseto e Livorno. I reati contestati a vario titolo sono di associazione per delinquere; attività organizzata per traffico illecito di rifiuti; falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico; truffa aggravata ai danni dello Stato; favoreggiamento personale; violazione dei valori limiti delle emissioni in atmosfera e prescrizione delle autorizzazioni; accesso abusivo a sistemi informatici.



A finire nei guai il direttore tecnico e responsabile della gestione dei rifiuti degli impianti di termovalorizzazione di Colleferro, Paolo Meaglia; un dirigente dell'Ama; soci e amministratori di società di intermediazione di rifiuti e di sviluppo di software, chimici di laboratori di analisi. I militari oggi hanno provveduto anche a notificare 25 informazioni di garanzia. Le indagini dei carabinieri sono durate circa un anno e sono passate attraverso «servizi di osservazione dei luoghi», «ispezioni e controlli agli impianti». Al centro della questione e della stessa inchiesta del pm Giancarlo Cirielli, della Procura di Velletri, c'è stata la verifica della qualità e consistenza del combustibile da rifiuti (Cdr) che veniva immesso nei cicli gestionali degli impianti di termovalorizzazione di Colleferro, alle porte della Capitale.

Gli accertamenti del Noe hanno permesso di raccogliere chiari elementi di responsabilità - si spiega - a carico dei soggetti che conseguivano ingiusti profitti, rappresentati dai maggiori ricavi e dalle minori spese di gestione dei rifiuti che venivano prodotti e commercializzati come Cdr pur non avendone le caratteristiche. In gran parte invece, l'impianto doveva, era costretto, a trattare rifiuti speciali anche pericolosi e quindi non utilizzabili nei forni dei termovalorizzatori per il recupero energetico. Il modus operandi era chiaro. Prima si allestivano uomini e mezzi (impianti di trattamento e recupero, intermediari, laboratori d'analisi, gestori di rifiuti), che conferivano ingenti quantitativi di rifiuti urbani non differenziati ai termovalorizzatori, classificandoli come Cdr benchè privi delle caratteristiche previste dalla legge.

Il passaggio successivo era la falsificazione e predisposizione di certificati di analisi redatti da liberi professionisti (chimici) che attestavano falsamente dati sulla natura, composizione e caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti, che hanno consentito la classificazione degli stessi come Cdr. La truffa ai danni dello Stato ammonterebbe a oltre 60 milioni di euro. Grazie all'ottenimento di incentivi statali, previsti dal CIP 6/1992, e non dovuti e nel dichiarare al Gestore Servizi Elettrici consumi di gas metano per uso generazione elettrica inferiori a quelli effettivi. Inoltre agli indagati, in concorso, è contestata anche l'alterazione dei dati relativi ai valori fuori limite, attraverso l'introduzione nei sistemi informatici destinati al controllo dei fumi e delle emissioni inquinanti, alla gestione e conservazione dei relativi dati e la trasmissione degli stessi agli organismi di controllo.

E se c'era qualcuno che si opponeva, all'interno degli impianti, bisognava procedere con «contestazioni disciplinari e sospensioni lavorative, al fine di evitare la collaborazione degli stessi con l'autorità giudiziaria». I militari ritengono significativo, in tal senso, l'episodio che riguarda la combustione di gomme intere di veicoli all'interno del termodistruttore, nonostante le rimostranze e i dubbi posti da alcuni operai verso i responsabili dell'impianto; oppure la combustione di altro materiale non idoneo, che veniva annotato dagli operai sulla documentazione e registri di accettazione con diverse diciture quali 'munezzà, 'pezzatura grossà o 'scadentè. Il gip di Velletri Alessandra Ilari ha disposto il sequestro preventivo degli impianti di termovalorizzazione di Colleferro, autorizzando comunque la continuazione delle attività, sotto la vigilanza del personale del Noe di Roma.

Il giudice ha anche disposto il campionamento giornaliero dell'Arpa sul Cdr in entrata, sui rifiuti prodotti ed analisi dei fumi dei camini. entro 90 giorni, comunque, ci dovrà essere il rilascio dell'Aia, autorizzazione integrata ambientale).Era tutto proibito nei due impianti di Colleferro che avrebbero dovrebbero trattare solo combustibile derivato da rifiuti. E l'immondizia «tossica» proveniva anche dalla Campania, da un'azienda di Serino, in provincia di Avellino. Dopo gli avvisi di garanzia emessi nelle scorse settimane i provvedimenti di arresti domiciliari eseguiti oggi dai carabinieri del Noe, chiudono una ricostruzione dei fatti che copre l'attività dei termovalorizzatori per almeno tre anni.

Era stata la denuncia di un ex dipendente a far partire le prime indagini. Il capo-turno si presentò con un campione di rifiuti da analizzare, estratto da una vasca per il trattamento dei rifiuti che presentava picchi anomali di XCl (acido cloridico) e SO2 (biossido di zolfo). Il campione sotto forma di cilindro è stato poi fatto analizzare dall'Arpa di Frosinone che non lo ha repertato come «materiale non identificabile come cdr» bensì «rifiuto speciale e pericoloso per la presenza di idrocarburi». I carabinieri del Nucleo ecologico di Roma diretti dal capitano Pietro Rajola Pescarini, nelle scorse settimane hanno sequestrato documentazione e computer nella sede legale del consorzio Gaia a Colleferro. Il polo energetico ambientale della Valle del Sacco, con al centro Colleferro, era un esempio di realizzazione del processo di termovalorizzazione. In numerosi incontri e occasioni pubbliche l'impianto di Colle Sughereto era indicato come la via da seguire. Nell'ordinanza del gip Ilari si riporta come i carabinieri abbiano fermato alcuni camion con all'interno piccoli radiatori, tubi di rame, fili metallici, batterie e materiale ceramico. Oltre addirittura a pneumatici, materassi ed eternit. E per far 'entrarè quel tipo di rifiuto nel termovalorizzatore non si è avuta alcuna remora secondo l'accusa.


Arresti e sequestri nella «valle dei veleni»

È l'alba quando la bufera travolge i termovalorizzatori di Colleferro. Tredici persone ai domiciliari per traffico illecito di rifiuti e violazione dei limiti delle emissioni ambientali. Tra loro i dirigenti del consorzio Gaia, gestore commissariato degli impianti, e due responsabili dell'Ama, l'azienda municipale ambiente della capitale che lì conferiva cdr (combustibile derivato da rifiuti, ndr). Altri dodici gli indagati e soprattutto il sequestro preventivo degli inceneritori alle porte di Roma da parte dei carabinieri del Noe diretti dal capitano Pietro Rajola Pescarini. I due impianti funzioneranno sotto il loro controllo e quello dell'Arpa Lazio di Frosinone per i prossimi novanta giorni, poi si vedrà. Tutto come stabilito nelle 142 pagine dell'ordinanza del gip di Velletri, Alessandra Ilari. Un atto che segue le denunce di alcuni operai di Ep Sistemi e Mobilservice, società satelliti di Gaia, e apre un nuovo caso nella soluzione della gestione dei rifiuti laziali. Dopo la vicenda Malagrotta, ora tocca a Colleferro: i due termovalorizzatori sarebbero privi di autorizzazione da oltre un anno, seppur in attesa di Aia (autorizzazione integrata ambientale) da parte della Regione Lazio che li ha inseriti nel nuovo piano rifiuti. Se non viene rilasciata l'Aia e non viene istituito lo sportello ecologico entro tre mesi, si va verso la loro chiusura.

LE ACCUSE
Il fulmine prima della tempesta appare già a novembre. «I camion scaricavano anche di notte - avevano raccontato alcuni lavoratori a l'Unità - 'Combustibile derivato da rifiuti (cdr) certificato' ci dicevano ma bruciavamo anche pneumatici, materassi, residui metallici». E ancora: «Respiravamo scorie e ceneri, chi ci dice che non erano tossiche? Quando il cdr non era conforme, il sistema di controllo delle emissioni registrava valori fuori dalla norma e tutto finiva nell'aria. Come mai queste anomalie non risultavano nei registri interni? E perché gli impianti non venivano fermati?». Ora è la magistratura a parlare. Traffico illecito di rifiuti e violazione dei limiti delle emissioni ambientali, le principali accuse. «La pericolosità criminale degli indagati è altissima», sostengono gli inquirenti. Neppure i controlli del Noe li hanno fermati e si tratta di «attività inquinante, dannosa per l'incolumità pubblica, portata avanti in modo sistematico, senza alcuna remora, con l'unico miraggio del profitto». Il gip Ilari arriva a ipotizzare un'associazione per delinquere nei confronti di alcuni degli arrestati. Uniti, seppur con interessi diversi: bruciare nel termovalorizzatore e produrre energia da rivendere per i dirigenti Gaia, procurare e smaltire cdr non conforme per alcuni responsabili delle aziende del ramo trattamento rifiuti «con evidente vantaggio sia di chi lo vende, sia di chi lo acquista e con altrettanto evidente danno per il gestore che compra l'energia prodotta e per la salute pubblica». E questo grazie anche a falsi certificati d'analisi e alla manipolazione del sistema informatico destinato al controllo dei fumi e elle emissioni inquinanti.

GLI ARRESTI
Ai domiciliari finiscono Paolo Meaglia e Stefania Brida, rispettivamente direttore tecnico e responsabile gestione rifiuti dei due termovalorizzatori. Il pm Cirielli aveva chiesto il carcere nei loro confronti. E ancora tra gli altri: Giuseppe Rubrichi e Angelo Botti. Entrambi dell'Ama di Roma, proprietaria al 35 per cento di uno dei due impianti. Il primo in veste di procuratore, l'altro come responsabile dell'impianto di Rocca Cencia. Sotto accusa anche alcune società sparse in tutta Italia che conferivano cdr a Colleferro. In prima linea la De.Fi. Am di Serino, provincia di Avellino. È da un suo carico arrivato alla fine di ottobre che sarebbe stato prelevato un cilindro risultato «irregolare per l'umidità e contenente zolfo e olii minerali fuori dai limiti consentiti». A consegnarlo ai carabinieri del Noe, coordinati dal colonnello Sergio De Caprio (il famoso capitano Ultimo che arrestò Totò Riina), è stato il capoturno Piero Basso. Un mese fa, non appena ricevuto il decreto di notifica del sequestro, il consorzio Gaia lo ha sospeso in via cautelare. «Mi vogliono licenziare perché ho collaborato con la giustizia» aveva denunciato Basso al nostro giornale. Ora gli inquirenti valutano anche eventuali violenze e minacce agli operai da parte della dirigenza degli impianti. Su questo fronte, tra gli iscritti nel registro degli indagati, c'è anche il commissario straordinario del consorzio Gaia, Andrea Lolli.
09 marzo 2009

Anche eternit bruciato nei termovalorizzatori

Pneumatici, residui metallici, materassi. E ancora batterie, radiatori, tubi di rame, sembrerebbe persino eternit. Tutto entrava in veste di cdr per essere poi bruciato nei due termovalorizzatori di Colleferro. Prima i residenti segnalano la fuoriuscita di fumo nero e denso da una delle canne del sito. Si chiedono: sono sostanze tossiche derivanti dalla combustione dei rifiuti? Poi sono alcuni operai degli impianti a lanciare l'allarme. È il 19 novembre quando a l'Unità parlano di «camion che arrivavano la notte, a volte non veniva neppure chiamato il capoturno. 'Cdr certificato' ci dicevano ma dentro c'era di tutto». Chiedono verità e hanno paura per la loro salute, oltre che per quella dei cittadini. «Raccoglievamo le ceneri anche a mano, con le pale» raccontano. Le indagini dei carabinieri del Noe di Roma scattano già nel gennaio di due anni fa. Ironia della sorte, proprio da una denuncia per diffamazione presentata da Paolo Meaglia, direttore tecnico degli impianti finito ora ai domiciliari. Secondo un consigliere comunale della città alle porte di Roma, il terminale che monitorava in tempo reale le emissioni dei termovalorizzatori veniva oscurato ogni volte che si superavano i limiti di legge. Meaglia lo aveva denunciato. Adesso la procura di Velletri parla di manipolazione dei dati del sistema di controllo, falsi certificati del cdr scaricato, false analisi. Da qui le accuse di traffico illecito di rifiuti e violazione delle emissioni ambientali.

La storia degli inceneritori di Colleferro è travagliata. Al pari di quella del consorzio Gaia che li gestisce. Un tempo era formato da 48 comuni, tutti uniti per assicurare la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti nella provincia romana. Doveva essere la soluzione ai molti problemi, ben presto arriva il dissesto finanziario. Un inspiegabile passivo di oltre 100 milioni di euro scoperto da un'indagine della guardia di finanza che porta la Procura a emettere 24 avvisi di garanzia per corruzione, bancarotta fraudolenta, peculato e truffa aggravata ai danni dello Stato. Tra gli indagati c'è l'ex presidente della società Roberto Scaglione, già arrestato nel 2006 per un'altra truffa sempre ai danni del consorzio: un giro di fatture false milionario utilizzate forse per pagare tangenti. Intanto Gaia viene commissariato. Oggi sono rimasti 18 comuni, il consorzio è in vendita. Eppure difficoltà a parte, Colleferro e i suoi impianti continuano ad avere un ruolo centrale nel piano regionale dei rifiuti.
 

 

 

 

 

     

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