Due articoli con il prof. Connet
- Connet:
«L'inceneritore? Fa bene ai
corrotti»
(Luca Marconi,
Corriere del Mezzogiorno, 3 febbraio
2008)
- «Di rifiuti bruciati si
può anche morire» (Alessio
Pisanò, L'Arena, 3 febbraio 2008)
Connet: «L'inceneritore? Fa bene ai
corrotti»
L'impianto di
Acerra «è diseconomico e
pericoloso». Negli ultimi due
decenni Connet ha studiato i
pericoli derivanti
dall'incenerimento, è considerato
uno dei massimi esperti
internazionali. A Napoli ha tenuto
una conferenza per la Rete Rifiuti
Zero in piazza del Gesù, assieme
all'oncologo Comella.
Se per Walter Ganapini, consulente di
Bassolino sull'emergenza rifiuti,
l'inceneritore di Acerra è «inutile»
(l'ex presidente dell'Anpa lo ha detto
giovedì al Corriere del Mezzogiorno,
preferendo, ha spiegato, un ciclo
sostenibile e produttivo dei rifiuti,
ndr) per Paul Connet, fondatore della
rivista «Rifiuti Zero», docente di
chimica ambientale e tossicologica...
alla Saint Lawrence University di
Canton (New York) l'impianto che ci
si appresta ad ultimare nei pressi
della Montefibre (dove l'Oms per
Bertolaso ha recentemente
certificato il rischio di nascite
con malformazioni al sistema nervoso
centrale e urogenitale all'83% ed al
palato-labbro al 98% sopra la media
nazionale) è anche «preistorico,
dannoso e diseconomico».
Negli ultimi due decenni Connet ha
studiato i pericoli derivanti
dall'incenerimento, è considerato uno
dei massimi esperti internazionali. A
Napoli ha tenuto una conferenza per la
Rete Rifiuti Zero in piazza del Gesù,
assieme all'oncologo Giuseppe Comella
(che ha parlato di malformazioni,
appunto, più che di tumori ai quali
invece occorrono anni di esposizione ai
veleni per manifestarsi) e con Joan Marc
Simon, referente a Bruxelles della
Global Alliance Incinerator Alternatives
(che ha analizzato la stampa
internazionale sul «caso-Napoli»: dal
Brasile alla Cina, secondo Simon, i
Paesi che additano le cause della crisi
partenopea nella camorra e nella
mancanza degli inceneritori sono quelli
dove «lobby politico-economiche» pure
promuovono la realizzazione di impianti
che gli stessi Usa, invece, hanno messo
al bando dal '95 in favore del riciclo
produttivo).
Connet comincia dal 65% di raccolta
differenziata di San Francisco, in
America, «Paese dove 300 tentativi di
realizzare inceneritori sono falliti
dall' 85 al '95», per poi passare alla
«farsa campana dell'ultima spiaggia»,
l'inceneritore di Acerra come «soluzione
finale » dell'emergenza rifiuti.
Smentisce l'ex ministro della Sanità
Veronesi, che ha parlato di «rischio
zero» per gli inceneritori e «dovrebbe
chiedere scusa» agli italiani: «Se
questi producono diossina e furani ed
anche nanoparticelle di metalli pesanti
classificati come cancerogeni e più
piccole della misura-parametro (10
micron) dei rilevamenti obbligati dalla
legge, e se le ceneri volatili di questi
impianti devono catturare queste
sostanze - altrimenti vuol dire che
l'impianto non funziona - allora la
dichiarazione del professor Veronesi non
ha alcun fondamento scientifico».
Lo stesso inceneritore di Brescia, il
Deus ex machina del problema rifiuti,
aggiunge Connet, l'impianto che avrebbe
filtri capaci di bloccare veleni di ogni
foggia e misura, intanto è stato oggetto
di una procedura d'infrazione europea
per la mancata Valutazione d'impatto
ambientale. Quello di Terni è stato
sequestrato da una Procura attenta e
chiuso perché troppo inquinante (ha
bruciato anche ecoballe napoletane,
ndr).
A Napoli tocca Acerra, l'impianto più
grande del mondo e meglio foraggiato
(contributi Cip6 recuperati in deroga
alla Finanziaria con un colpo di coda
del governo uscente) mentre Sidney e
Tel-Aviv adottano metodi alternativi ed
eco-sostenibili; mentre l'Ordine dei
Medici di Reggio Emilia invita i Comuni
della provincia a rinunciare agli
inceneritori lavorando su 500 tumori
l'anno; mentre Gorizia sceglie
trattamenti meccanici biologici e
differenziata, un sistema «che recicla
risorse e produce ricchezza e lavoro»,
molti più posti di lavoro, dice Connet,
dell'inceneritore di Brescia: 300
milioni per 80 impiegati.
Ogni 3-4 tonnellate di rifiuti bruciate
gli inceneritori ne producono una di
cenere tossica. Germania e Svizzera la
smaltiscono in miniere di sale. In
Giappone alcuni impianti la vetrificano.
In Danimarca, la mandano in Norvegia. In
Italia non si capisce che fine faccia
(provate ad immaginare). Connet parla
anche di «responsabilità industriale»:
la Xerox Corporation Europe, ad esempio,
è capace di reciclare il 95% dei residui
in Olanda. E fa un'equazione: frazione
residua uguale cattiva progettazione
industriale. E parla infine di
«corruzione politica, primo scoglio alla
differenziata».
-
«Di rifiuti
bruciati si può anche morire»
Incontro con
un professore di chimica americano che
ha illustrato gli effetti che possono
derivare dall'attività dei
termovalorizzatori. Il professor Connet
ha illustrato gli effetti che, secondo
autorevoli studi americani, avrebbero le
polveri sottili emesse dai
termovalorizzatori.
«Gli inceneritori uccidono». A
sostenerlo è Paul Connet, professore
emerito di chimica alla St Lawrence
University di Canton, New York,
all'assemblea organizzata dagli
amici di Beppe Grillo di Verona, in
sala Lucchi. Il professor Connet ha
illustrato gli effetti che, secondo
autorevoli studi americani,
avrebbero le polveri sottili emesse
dai termovalorizzatori: «Ogni tre
tonnellate di rifiuti bruciati si
genera una tonnellata di ceneri
tossiche, il 10 per cento delle
quali non viene catturato dai filtri
di depurazione dall'impianto.
Si tratta di nanoparticelle, più
piccole del Pm10 ma molto più
pericolose». Queste particelle,
secondo Connet, viaggiano per lunghe
distanze e rimangono nell'aria per
molto tempo. «L'inalazione di queste
sostanze», ha proseguito, «causa
malattie allergiche, asma
bronchiale, bronchiti acute e
croniche, enfisemi polmonari,
tumori, ictus ed attacchi cardiaci».
Ecco perché, ha aggiunto, «negli
Stati Uniti, dal 1985 al 1995, è
stata bloccata la costruzione di
circa 300 inceneritori». Connet li
ha definiti «un vero crimine
ambientale».
Attualmente la legislazione italiana
prevede misure di contenimento delle
polveri più grandi, come il Pm10,
mentre le nanoparticelle non vengono
considerate. «È come volare con gli
occhi chiusi», ha esclamato Connet.
Secondo lo studio presentato dal
ricercatore americano, inoltre, gli
inceneritori si basano su una
tecnologia non solo molto costosa,
ma che permette un ricavato di
energia 3 o 4 volte inferiore ad
altri metodi di trattamento rifiuti,
come il riciclaggio e il
compostaggio (la trasformazione dei
rifiuti organici in concime).
Negativo anche il suo giudizio sul
termovalorizzatore di Brescia, al
quale si guarda come un esempio da
seguire: «È costato circa 300
milioni di euro, inquina e ha
prodotto solo 80 posti di lavoro».
Il professor Connet, inoltre, ha
criticato duramente l'oncologo
italiano di fama mondiale, Umberto
Veronesi: «Dire che gli inceneritori
sono a rischio zero è
scientificamente azzardato oltre che
irresponsabile».
Alessandro Natali, responsabile del
gruppo veronese degli amici di
Grillo, fa sapere che continua la
raccolta di firme contro
l'inceneritore di Ca' del Bue:
«Abbiamo superato le seimila,
aspettiamo una risposta dalle
istituzioni». All'incontro sono
stati invitati anche gli
amministratori dei Comuni
interessati. All'appello ha risposto
Zevio, col sindaco Paolo Lorenzoni e
l'assessore all'ambiente Samuele
Campedelli.
LA «SOLUZIONE». Qual è allora la
soluzione? «Semplice: non produrre
rifiuti». La risposta del professor
Connet si basa sul piano «Rifiuti
zero 2020» che si propone, entro
questa data, di risolvere il
problema dello smaltimento dei
rifiuti smettendo di produrre
materiali che originano scarti.
Connet ha portato l'esempio della
Beer Industry, azienda di birra
canadese che da oltre 50 anni
utilizza bottiglie di vetro: il 98
per cento viene recuperato, ogni
bottiglia viene usata mediamente 18
volte e sono stati creati 2.000
posti di lavoro senza spese per la
comunità. «I residui equivalgono ad
una cattiva progettazione
industriale. Bisogna abbandonare la
logica dell'usa e getta ed
abbracciare quella della produzione
sostenibile».
Per quanto riguarda lo smaltimento
dei rifiuti non evitabili, Connet
cita l'esempio di San Francisco,
dove un'accurata raccolta
differenziata porta a porta (75 per
cento del totale) rende possibile il
riciclaggio ed il compostaggio.
Indispensabili, a tal proposito,
impianti di separazione della
frazione residua, che permettano una
differenziazione capillare. Già un
migliaio di Comuni in Italia hanno
ottenuto il 50 per cento di
conversione dalla raccolta porta a
porta.
«Oltre alla responsabilità
industriale e della comunità», ha
concluso Connet, «è indispensabile
una guida politica in grado di
indicare la strada dello sviluppo
sostenibile».
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