17 luglio 2009
Termovalorizzatori, morte e corruzione
fonte: http://www.pressante.com/index2.php?option=com_content&do_pdf=1&id=826

 

 

"Gli inceneritori? Morte e corruzione"

 
 

Due articoli con il prof. Connet

- Connet: «L'inceneritore? Fa bene ai corrotti»

(Luca Marconi, Corriere del Mezzogiorno, 3 febbraio 2008)

- «Di rifiuti bruciati si può anche morire» (Alessio Pisanò, L'Arena, 3 febbraio 2008)
 

 

Connet: «L'inceneritore? Fa bene ai corrotti»

L'impianto di Acerra «è diseconomico e pericoloso». Negli ultimi due decenni Connet ha studiato i pericoli derivanti dall'incenerimento, è considerato uno dei massimi esperti internazionali. A Napoli ha tenuto una conferenza per la Rete Rifiuti Zero in piazza del Gesù, assieme all'oncologo Comella.
 

Se per Walter Ganapini, consulente di Bassolino sull'emergenza rifiuti, l'inceneritore di Acerra è «inutile» (l'ex presidente dell'Anpa lo ha detto giovedì al Corriere del Mezzogiorno, preferendo, ha spiegato, un ciclo sostenibile e produttivo dei rifiuti, ndr) per Paul Connet, fondatore della rivista «Rifiuti Zero», docente di chimica ambientale e tossicologica...

alla Saint Lawrence University di Canton (New York) l'impianto che ci si appresta ad ultimare nei pressi della Montefibre (dove l'Oms per Bertolaso ha recentemente certificato il rischio di nascite con malformazioni al sistema nervoso centrale e urogenitale all'83% ed al palato-labbro al 98% sopra la media nazionale) è anche «preistorico, dannoso e diseconomico».

 

Negli ultimi due decenni Connet ha studiato i pericoli derivanti dall'incenerimento, è considerato uno dei massimi esperti internazionali. A Napoli ha tenuto una conferenza per la Rete Rifiuti Zero in piazza del Gesù, assieme all'oncologo Giuseppe Comella (che ha parlato di malformazioni, appunto, più che di tumori ai quali invece occorrono anni di esposizione ai veleni per manifestarsi) e con Joan Marc Simon, referente a Bruxelles della Global Alliance Incinerator Alternatives (che ha analizzato la stampa internazionale sul «caso-Napoli»: dal Brasile alla Cina, secondo Simon, i Paesi che additano le cause della crisi partenopea nella camorra e nella mancanza degli inceneritori sono quelli dove «lobby politico-economiche» pure promuovono la realizzazione di impianti che gli stessi Usa, invece, hanno messo al bando dal '95 in favore del riciclo produttivo).

 

Connet comincia dal 65% di raccolta differenziata di San Francisco, in America, «Paese dove 300 tentativi di realizzare inceneritori sono falliti dall' 85 al '95», per poi passare alla «farsa campana dell'ultima spiaggia», l'inceneritore di Acerra come «soluzione finale » dell'emergenza rifiuti. Smentisce l'ex ministro della Sanità Veronesi, che ha parlato di «rischio zero» per gli inceneritori e «dovrebbe chiedere scusa» agli italiani: «Se questi producono diossina e furani ed anche nanoparticelle di metalli pesanti classificati come cancerogeni e più piccole della misura-parametro (10 micron) dei rilevamenti obbligati dalla legge, e se le ceneri volatili di questi impianti devono catturare queste sostanze - altrimenti vuol dire che l'impianto non funziona - allora la dichiarazione del professor Veronesi non ha alcun fondamento scientifico».

 

Lo stesso inceneritore di Brescia, il Deus ex machina del problema rifiuti, aggiunge Connet, l'impianto che avrebbe filtri capaci di bloccare veleni di ogni foggia e misura, intanto è stato oggetto di una procedura d'infrazione europea per la mancata Valutazione d'impatto ambientale. Quello di Terni è stato sequestrato da una Procura attenta e chiuso perché troppo inquinante (ha bruciato anche ecoballe napoletane, ndr).

 

A Napoli tocca Acerra, l'impianto più grande del mondo e meglio foraggiato (contributi Cip6 recuperati in deroga alla Finanziaria con un colpo di coda del governo uscente) mentre Sidney e Tel-Aviv adottano metodi alternativi ed eco-sostenibili; mentre l'Ordine dei Medici di Reggio Emilia invita i Comuni della provincia a rinunciare agli inceneritori lavorando su 500 tumori l'anno; mentre Gorizia sceglie trattamenti meccanici biologici e differenziata, un sistema «che recicla risorse e produce ricchezza e lavoro», molti più posti di lavoro, dice Connet, dell'inceneritore di Brescia: 300 milioni per 80 impiegati.

 

Ogni 3-4 tonnellate di rifiuti bruciate gli inceneritori ne producono una di cenere tossica. Germania e Svizzera la smaltiscono in miniere di sale. In Giappone alcuni impianti la vetrificano. In Danimarca, la mandano in Norvegia. In Italia non si capisce che fine faccia (provate ad immaginare). Connet parla anche di «responsabilità industriale»: la Xerox Corporation Europe, ad esempio, è capace di reciclare il 95% dei residui in Olanda. E fa un'equazione: frazione residua uguale cattiva progettazione industriale. E parla infine di «corruzione politica, primo scoglio alla differenziata».

-

«Di rifiuti bruciati si può anche morire»
Incontro con un professore di chimica americano che ha illustrato gli effetti che possono derivare dall'attività dei termovalorizzatori. Il professor Connet ha illustrato gli effetti che, secondo autorevoli studi americani, avrebbero le polveri sottili emesse dai termovalorizzatori.

 

«Gli inceneritori uccidono». A sostenerlo è Paul Connet, professore emerito di chimica alla St Lawrence University di Canton, New York, all'assemblea organizzata dagli amici di Beppe Grillo di Verona, in sala Lucchi. Il professor Connet ha illustrato gli effetti che, secondo autorevoli studi americani, avrebbero le polveri sottili emesse dai termovalorizzatori: «Ogni tre tonnellate di rifiuti bruciati si genera una tonnellata di ceneri tossiche, il 10 per cento delle quali non viene catturato dai filtri di depurazione dall'impianto.

 

Si tratta di nanoparticelle, più piccole del Pm10 ma molto più pericolose». Queste particelle, secondo Connet, viaggiano per lunghe distanze e rimangono nell'aria per molto tempo. «L'inalazione di queste sostanze», ha proseguito, «causa malattie allergiche, asma bronchiale, bronchiti acute e croniche, enfisemi polmonari, tumori, ictus ed attacchi cardiaci».

 

Ecco perché, ha aggiunto, «negli Stati Uniti, dal 1985 al 1995, è stata bloccata la costruzione di circa 300 inceneritori». Connet li ha definiti «un vero crimine ambientale».

 

Attualmente la legislazione italiana prevede misure di contenimento delle polveri più grandi, come il Pm10, mentre le nanoparticelle non vengono considerate. «È come volare con gli occhi chiusi», ha esclamato Connet.

Secondo lo studio presentato dal ricercatore americano, inoltre, gli inceneritori si basano su una tecnologia non solo molto costosa, ma che permette un ricavato di energia 3 o 4 volte inferiore ad altri metodi di trattamento rifiuti, come il riciclaggio e il compostaggio (la trasformazione dei rifiuti organici in concime).

 

Negativo anche il suo giudizio sul termovalorizzatore di Brescia, al quale si guarda come un esempio da seguire: «È costato circa 300 milioni di euro, inquina e ha prodotto solo 80 posti di lavoro». Il professor Connet, inoltre, ha criticato duramente l'oncologo italiano di fama mondiale, Umberto Veronesi: «Dire che gli inceneritori sono a rischio zero è scientificamente azzardato oltre che irresponsabile».

 

Alessandro Natali, responsabile del gruppo veronese degli amici di Grillo, fa sapere che continua la raccolta di firme contro l'inceneritore di Ca' del Bue: «Abbiamo superato le seimila, aspettiamo una risposta dalle istituzioni». All'incontro sono stati invitati anche gli amministratori dei Comuni interessati. All'appello ha risposto Zevio, col sindaco Paolo Lorenzoni e l'assessore all'ambiente Samuele Campedelli.

 

LA «SOLUZIONE». Qual è allora la soluzione? «Semplice: non produrre rifiuti». La risposta del professor Connet si basa sul piano «Rifiuti zero 2020» che si propone, entro questa data, di risolvere il problema dello smaltimento dei rifiuti smettendo di produrre materiali che originano scarti. Connet ha portato l'esempio della Beer Industry, azienda di birra canadese che da oltre 50 anni utilizza bottiglie di vetro: il 98 per cento viene recuperato, ogni bottiglia viene usata mediamente 18 volte e sono stati creati 2.000 posti di lavoro senza spese per la comunità. «I residui equivalgono ad una cattiva progettazione industriale. Bisogna abbandonare la logica dell'usa e getta ed abbracciare quella della produzione sostenibile».

 

Per quanto riguarda lo smaltimento dei rifiuti non evitabili, Connet cita l'esempio di San Francisco, dove un'accurata raccolta differenziata porta a porta (75 per cento del totale) rende possibile il riciclaggio ed il compostaggio. Indispensabili, a tal proposito, impianti di separazione della frazione residua, che permettano una differenziazione capillare. Già un migliaio di Comuni in Italia hanno ottenuto il 50 per cento di conversione dalla raccolta porta a porta.

 

«Oltre alla responsabilità industriale e della comunità», ha concluso Connet, «è indispensabile una guida politica in grado di indicare la strada dello sviluppo sostenibile».

 

 

 

     

 Valle Telesina


Per intervenire: invia@vivitelese.it