Viespoli diventerà Ministro per il Mezzogiorno?  - 05-07-04 - Gabriele Corona

 

 

Dalla stampa nazionale - Segnalazioni di Gabriele Corona


Riuscirà Pasquale Viespoli a diventare Ministro per il Mezzogiorno?
E' servito a qualcosa rinviare il congresso di AN?
 
 


 
CORRIERE DELL'ADRIATICO del 25 giugno 2004
 
Ma per Fini in primo luogo ci sono le necessità del governo An alle grandi manovre Alemanno sarebbe pronto ad occuparsi del partito

ROMA - "Prima il governo, poi il partito". A chi gli parla, Gianfranco Fini non fa che ripetere questo. Ma è evidente che l'esito della verifica -fausto o infausto che sia per Alleanza Nazionale - si intreccia fitto agli equilibri di partito, dopo il voto che ha ridisegnato la geografia interna della destra italiana.

Gianni Alemanno, leader di Destra Sociale insieme a Francesco Storace, è indiscutibilmente in ascesa: non solo per le 280 mila preferenze conquistate al Sud e per la vittoria nel 'derby' con il leader di Destra Protagonista Maurizio Gasparri, ma anche per aver portato An a vincere nel Mezzogiorno (non così a Nord) e per avere convinto Gianfranco Fini a dare più peso all'anima 'socialè di An, con un ritorno positivo nelle urne. "C'è sempre stata una mia disponibilità per incarichi di partito, che considero prioritari rispetto a incarichi di governo o amministrativi": offre dunque la sua disponibilità Alemanno, confermando così le indiscrezioni della stampa che parlano di un suo impegno al partito come coordinatore, magari con La Russa impegnato in un ministero di peso e Maurizio Gasparri capogruppo alla Camera


"Ovviamente - aggiunge Alemanno - sempre che questa soluzione non sia interpretata come la vittoria di una componente su un'altra e ci si arrivi in spirito unitario". Scenari. Come quello - tutto diverso e forse più gradito alla componente di Gasparri-La Russa - che confermerebbe l'attuale coordinatore con un vice unico (Carmelo Briguglio?), lascerebbe alla guida del gruppo l'attuale presidente Gian Franco Anedda con un vicario (Italo Bocchino?) e riserverebbe ad Alemanno un posto di peso al governo (magari con deleghe sottratte a Sirchia e a Marzano), lasciando alle ComunicazioniGasparri e promuovendo Urso ministro della restante parte delle Attività Produttive.  
 



 
L'OPINIONE ON LINE di Sabato 26 Giugno 2004
 
Alleanza nazionale e la scissione del dicastero di Tremonti     di Ruggiero Capone 


E' subito emerso che An ed Udc giocano un pressing in tandem sul Cavaliere.  Lo fanno perché mostrandosi uniti possono meglio convincere il Cavaliere a cedere ad entrambi i soggetti sia i sottosegretariati liberi che, dopo opportuni accordi, il neonato ministero del Mezzogiorno o ad An o all'Udc. E per evitare fratture nella futuribile convergenza "cristiano-sociale" c'è anche chi ventila un vertice a due teste per il super ministero del Sud. Ma prima di varare un nuovo dicastero necessita convincere Tremonti e la Lega sull'utilità d'un distacco del Mezzogiorno dal ministero dell'economia. "E' indispensabile uno scorporo del ministero dell'Economia - ha tuonatoFrancesco Pontone (presidente della commissione Industria del Senato ed esponente di An) -. Uno scorporo del dicastero di via XX Settembre si rende necessario perché non è possibile che un superministro abbia nelle sue mani cinque ministeri. Si tratta di una richiesta precisa che An avanza ormai da un anno. La collegialità è indispensabile da sempre - spiega Pontone - e lo è a maggior ragione in questo momento. Collegialità è mancata nell'operato del ministro Tremonti: si può sbagliare, ma se si sbaglia ritenendo di non sottoporre al Consiglio dei ministri i provvedimenti che si adottano, allora si sbaglia a priori.


Ogni giorno - conclude il senatore Pontone - il governo è sottoposto alle pressioni dei partiti all'interno delle coalizione. Non vedo perché An non possa chiedere lo scorporo del ministero dell'Economia: non lo fa per sé, ma per far funzionare meglio le cose". A quanto pare a Gianfranco Fini non basta lo scorporo, avrebbe chiesto esplicitamente a Berlusconi di affidare ad An il Mezzogiorno, assicurando al capo del governo un'intesa con l'Udc. "Gianfranco Fini ieri non ha minacciato le dimissioni. Non nego però che la polemica sia stata più aspra del solito - ha sottolineato Altero Matteoli (An, ministro dell'Ambiente) - Inutile negare la polemica, non è comunque accaduto nulla di grave. E' successo ciò che inevitabilmente accade quando ci sono problemi in sospeso. Ma nulla di grave, la prova è che il Consiglio dei ministri si è concluso con l'approvazione di tutti i provvedimenti all'ordine del giorno. Ma - aggiunge Matteoli -il problema esiste, lo sappiamo. Anche se Berlusconi ha garantito una soluzione. Comunque Fini non minaccia mai le dimissioni, nel caso, le dà".


Intanto i ministri i ministri per le Politiche Comunitarie Rocco Buttiglione e dell'Innovazione tecnologica Lucio Stanca assicurano che "la questione dell'eventuale scorporo di alcuni ministeri non è stata toccata". Berlusconi non sembra intenzionato a concedere il ministero del Mezzogiorno dopo i ballottaggi, si mormora voglia aspettare settembre. Il premier pare possa temere che un simile dicastero si trasformi nel pomo della discordia o, peggio, in un catalizzatore dell'unione Udc-An a discapito di Forza Italia.


Secondo alcuni ben informati il lungo vertice a palazzo Grazioli, tra Silvio Berlusconi, Giulio Tremonti e Gianni Alemanno (dedicato ai conti pubblici in vista del Dpef e dell'Ecofin in programma per il 5 luglio prossimo) si sarebbe aperto con un patto sul non parlare del nuovo dicastero, e per ora Alemanno pare stia ingoiando in rospo.

Ruggiero Capone
capone@opinione.it
 


 

L'OPINIONE ON LINE di Sabato 26 giugno 2004
L'Udc non molla sul ministero per il Mezzogiorno
di Ruggiero Capone


Le trattative tra il presidente del Consiglio ed i pretendenti al rimpasto (al secolo Udc ed An) sono davvero difficili: soprattutto per le tante ed ambiziose richieste di poltrone. E non c'è altra risposta al perché l'incontro tra il segretario dell'Udc, Marco Follini, ed il presidente Berlusconi sia durato più di un ora e mezzo. "Il Cavaliere è strangolato dagli impegni ma, a sorpresa, ha trovato il tempo per intrattenersi a lungoa palazzo Grazioli con Follini", commentano dal gruppo di An. "Follini non sembra disposto a mollare su nessun punto: avrebbe minacciato un uragano se il prossimo nascituro, il ministero per il Mezzogiorno, venisse affidato adAlleanza nazionale", aggiungono alcuni ben informati della corrente Destra Sociale di An.


Emerge che tra An e Udc intercorrono rapporti di stretta parentela, intervallati da parentesi litigiose. Che fine avrà fatto la costituente "cristiano-sociale" che tanto entusiasmava la cabina di regia messa su da Buttiglione ed Alemanno? Per ora sia An che l'Udc coltivano il rispettivo orto: separati dovrebbero acciuffare più poltrone che presentandosi insieme alla trattativa. Nell'Udc attualmente non vi sono correnti, e nemmeno anime lontanamente ricollegabili a spezzoni della Dc. Però convivono due modi di fare: l'ortodossa gestione democristiana della cosa pubblica canonizzata da Rocco Buttiglione ed il neo-centrismo di Follini.


Ma Buttiglione e Follini sono monolitici nel ritenere che il ministero per il Mezzogiorno debba essere del loro partito. Ma c'è anche chi sostiene che dopo il rimpasto l'Udc si possa nuovamente scomporre in Cdu di Rocco Buttiglione e Ccd di Follini: il Cdu dialogherebbe con An mentre il Ccd non disdegnerebbe accordi locali con la Margherita (come s'è già verificato alle ultime amministrative siciliane).


"Quale legale rappresentante dello scudo crociato mantengo rapporti con tutti gli ex dirigenti del Cdu - precisa Gianfranco Rotondi (amministratore del Cdu e legale rappresentante del simbolo dello scudo crociato) - in questi giorni li ho ascoltati tutti e nessuno mi ha fatto cenno nemmeno vagamente alla ipotesi di ricostituire il partito o di uscire dall'Udc. Tuttavia esse non sono una invenzione bensì un riflesso confuso del dopo elezioni e della supposta befana del rimpasto. Oltretutto - prosegue Rotondi - chi ha in mente di organizzare una congiura non la va a raccontare ai giornalisti.


Per il ruolo che ho avuto nel Cdu, potrei pensarci io assieme a Buttiglione o a Tassone, ma assicuro che in questi giorni stiamo ragionando su come rilanciare ancor più l'Udc nella più assoluta lealtà a Marco Follini, ma anche nella convinzione che la prospettiva è la casa comune del Partito Popolare Europeo. Insomma - conclude Rotondi - il Cdu è vivo , vegeto e unito come non mai, ma non pensa affatto a tornare indietro semmai ad andare avanti".
Ma lo spirito che anima ogni buon militante dell'Udc è il medesimo chealbergava negli antenati democristiani: una razza politica che non s'è mai estinta e, per dirla con le parole di Carlo Giovanardi, "la Dc non ha mai perso una sola campagna elettorale, il partito è stato liquidato nel '92 aveva il 30 per cento dei consensi". Così è proprio Giovanardi che, dalle pagine de La Discussione, lancia la chiamata alle armi per gli ex Dc: "Va rivalutata una classe dirigente che è stata perseguitata, deve essere poi cancellata questa sorta di damnatio memoriae che ha colpito la tradizione e  la storia della Democrazia Cristiana e dei suoi uomini: perché per costruire  il futuro bisogna chiarire questo aspetto del passato".


Ed a Piazza del Gesù sventola un cartello con su scritto "ricostruiamo la Dc partendo dal rimpasto". E come da manuale la Sicilia Dc fa scuola. Il giovane deputato Filippo Drago (Udc) è già assurto alle cronache nazionali perché ad Acireale, per il ballottaggio comunale, ha stretto un'alleanza con la Margherita. Egli ha ristabilito il rapporto fra gli ex democristiani che le circostanze finora hanno indotto a convivere nell'uno e nell'altro schieramento. "Pertanto - ha detto all'agenzia AgenParl l'esponente dell'Udc siciliana - si tratta di un decorso del tutto normale o addirittura fisiologico che viene sollecitato dal disagio in cui l'elettorato moderato  si trova, perché è costretto a convivere con alleati con i quali non c'è una grande affinità culturale e politica".
Ed in un documento stilato dall'Udc siciliana s'apprende che "è apparso del tutto naturale che questa voglia di centrismo esplodesse proprio in Sicilia, ove i forzisti di Marcello Dell'Utri e Gianfranco Miccichè hanno operato per  sradicare il tradizionale legame dell'elettorato con la Democrazia Cristianaprima e le formazioni centriste adesso: anche le vicende nazionali hanno fatto maturare in seno all'Udc la voglia di non subire ulteriormente il tentativo del Cavaliere di appropriarsi dell'identità democratico-cristiana per attuare una politica sociale ed economica di stampo turboliberista".
E da Piazza del Gesù lasciano intendere che se Berlusconi desse al vice ministro dell'economia Mario Baldassari (oggi in An) il dicastero del Mezzogiorno, l'Udc non seppellirebbe l'ascia di guerra. Gli ex Dctollererebbero di più se il nuovo dicastero finisse nelle mani di Fini: "anche perché Baldassarri ha lasciato il Ccd per An", commentano dall'Udc. 
                                       
Ruggiero Capone
capone@opinione.it


 


 


LA REPUBBLICA di domenica 27 giugno 2004
Sud, imprese e sindacati frenano.
Bocciata la riforma delle deleghe.


La Confindustria: Un ministero del Mezzogiorno sarebbe la scenografia di cartapesta che cela il deserto.
Epifani: I problemi del Meridione non si risolvono scorporando competenze dai dicasteri, ma con le buone idee.
[............]
In AN c'è una gran fretta di ottimizzare i risultati promessi: incassare il ministero delle attività produttive per Urso; l'allargamento delle deleghe di Alemanno che trasformerebbero il suo dicastero da Agricoltura in Alimentazione; magari lo "spacchettamento" del Mezzogiorno dal ministero dell'Economia per darlo a Viespoli.
 
 



IL FOGLIO - Martedì 29 giugno 2004
CDL in libertà
 
Maroni minaccia elezioni anticipate, l'Udc diserta il vertice e sulla giustizia serve la fiducia



Roma. Troppo prevedibile perché non accadesse: persa malamente la Provincia di Milano, la resa dei conti all'interno della Casa delle libertà entra nella fase più acuta e le prime ricadute potrebbero manifestarsi alla Camera  dove il governo ricorre al voto di fiducia sulla riforma della giustizia. Nessuno si attende capovolgimenti clamorosi ("sarebbe pazzesco, un modo per tornare subito alle urne", dicono in An). Tuttavia il ricorso alla fiducia è un sintomo in più delle smagliature che attraversano la maggioranza. An e Udc assicurano lealtà. Ma se fino a ieri mattina il ministro Castelli era intenzionato ad aprire le votazioni senza forzare la mano agli alleati, constatato il crescente tasso di litigiosità ha preferito non fidarsi. Da Istanbul, intanto, Silvio Berlusconi affronta la tensione di queste ore ironizzando sull'eventuale crisi di governo, eppure ricorda ai più malintenzionati tra gli alleati che solo lui può "tenere insieme" la maggioranza. Oggi il premier torna a Roma e per domani sera ha convocato un vertice sulle riforme (oltre ai ministri e membri della Commissione che lavorano al ddl, ci saranno tutti i leader tranne Follini e i rappresentanti dell'Udc). E' sicuro che Berlusconi dovrà prima sedare il tutti-contro-tutti inscenato ieri. In mattinata incontrerà Roberto Maroni e Roberto Calderoli.


Perché, sebbene con profili differenti, An e Udc sono partite all'assalto della Lega e di Giulio Tremonti. "Alleato presunto e inaffidabile" il Carroccio, sostengono, incapace di garantire il sostegno decisivo ai ballottaggi. Uscito peraltro sconfitto alla Provincia di Bergamo dove ha sostenuto il candidato di centrosinistra, risultando irrilevante nel Comune lombardo dove, sebbene apparentato con il resto della maggioranza, non ha impedito al centrosinistra di spuntarla. Quanto al ministro dell'Economia, il portavoce di An Mario Landolfi lo boccia ufficialmente come secondo puntello di un asse nordista ormai sbaragliato. Fonti di via della Scrofa confermano l'intenzione di mirare al posto di Tremonti: "Ora o mai più, se non cede sulle deleghe per l'indirizzo economico sarà costretto a dimettersi". Nessun commento da via XX Settembre. La Lega non accetta invece di stare sulla difensiva, rispedisce ad An e Udc l'accusa di frondismo sul voto milanese e contrattacca minacciando elezioni anticipate nel 2005, in coincidenza con le regionali. A via Bellerio si fa notare che il Carroccio è in crescita e ha vinto i ballottaggi in cui era direttamente coinvolto (plebiscitario il risultato alla Provincia di Sondrio). Qualcuno giura poi che nella sconfitta di Ombretta Colli ha giocato un ruolo la sedizione di alcuni settori forzisti contro il coordinatore lombardo Paolo Romani.


L'avvertimento sulle elezioni nasce dal timore che giovedì, nella riunione della Direzione nazionale Udc, prenda corpo la strategia d'affossamento del federalismo. Marco Follini, e più di lui il presidente della Camera Pier Ferdinando Casini, starebbero pensando a un correttivo del sistema di voto in senso proporzionale (senza indicazione di premier). Dal che lo sforamento nei tempi tecnici per l'approvazione delle riforme. "A quel punto è finita la legislatura", dicono i leghisti. Esiste davvero la tentazione nell'Udc? Dentro An la danno per certa. Gli interessati invitano ad attendere il loro vertice di dopodomani per avere indicazioni chiare. Esponenti di Forza Italia definiscono l'ipotesi "fantapolitica: a tutto c'è un limite, anche all'autolesionismo". E mentre i coordinatori Sandro Bondi e Fabrizio Cicchitto non nascondono "il campanello d'allarme di queste due tornate elettorali", nel partito ci si rassegna a una "redistribuzione di potere fra alleati". Il ministero per il sud fa gola a tutti Posto che, come decretano i forzisti, "a casa non vuole andarci nessuno", Berlusconi tenterà di convincere An e Udc ad abbassare i toni con cui stanno accerchiando la Lega.


Ma, cosa più difficile, dovrà persuadere Tremonti - che ancora considera intoccabile - ad accettare "una cogestione" del potere economico (oggi Alemanno riunisce il suo gruppo di lavoro sul Dpef). L'Udc conta di piazzare Rocco Buttiglione nella Commissione europea, promuovere Mario Baccini a ministro e incassare un paio di sottosegretari. I finiani ricordano che le richieste essenziali "per andare avanti" sono le stesse: alcune deleghe del Tesoro, un dicastero per il Commercio estero (Adolfo Urso l'eventuale beneficiario), un altro per lo sviluppo del meridione (alla cui guida vorrebbero il sottosegretario al Welfare, Pasquale Viespoli, ma solo "se Gianni Alemanno farà il coordinatore del partito al posto di Ignazio La Russa"). Sul ministero per il sud, che fa gola anche ai centristi, potrebbe aprirsi un nuovo fronte. Da FI fanno notare: "Se si afferma che è la coalizione e non solo Berlusconi a governare, il primo partito dirà la sua sul mezzogiorno, verso il quale ha sempre manifestato attenzione". Ieri Gianfranco Miccichè celebrava il "riscatto" di Forza Italia nei ballottaggi siciliani. Parlava da coordinatore regionale. Ma forse anche da viceministro che amministra i contratti di programma per il sud.

 
 


 

Per intervenire: invia@vivitelese.it