Le priorità per riqualificare "Città Telese" - 20-05-04 -Gino Di Vico

 

 

“Scusate se parlo al manovratore”.
Vi invio un’ulteriore scritto di quell’ipotetico giornalino mai nato dell’associazione “Ulisse”.
Questo articolo è nato mesi orsono e faceva parte di quel disegno culturale che vedeva l’associazione come luogo di proposta e di stimolo alle forze politiche,economiche e sociali che guidano il nostro paese o che si proponevano
a farlo. 
 

Grazie, Gino Di Vico
 

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Telese, a buon diritto, può rappresentarsi come una “città terziaria”, dove il quadro sociale si è stratificato a vantaggio del ceto medio impiegatizio che come spesso avviene in molte realtà del sud prive di insediamenti industriali, costituisce la base economica principale se non unica, dove la circolazione della moneta mette in moto il mercato in un circuito economico di tipo circolare.


Stante così la situazione è abbastanza evidente che qualsiasi intervento non può avere le caratteristiche di un’emergenza atta a tamponare una situazione immediata ma deve inquadrarsi in un quadro più generale di una presa d’atto globale dove ai problemi bisogna dare una soluzione tecnicamente avanzata.
 

Bisogna mettere in campo idee frutto di studi, soluzioni frutto di indirizzi precisi, bisogna mettere in campo un vero e proprio “disegno di civiltà” dove interagiscono le strutture sociali, politiche, economiche e culturali.
A mio modesto parere, chiunque voglia mettere mano ad una qualificazione o riqualificazione della “città Telese”, deve mettere nel suo programma:


1) La visione urbanistica.

Telese ha avuto in questi anni uno sviluppo urbanistico a “macchia di leopardo”, legato spesso più alla riconversione della rendita agraria in immobiliare, che non ad un piano urbanistico guidato.
Spesso la nascente espansione  non si è caratterizzata secondo una struttura articolata,  ma più come un disegno confuso che rischia di porsi come un limite a qualsiasi nuova urbanizzazione che non tenga conto delle reali condizioni generali ed ambientali.
 

2) Il modello economico.
E’ innegabile che Telese abbia raggiunto dei livelli di benessere economico che non trovano eguali se paragonati con altre realtà anche viciniore ma è anche innegabile che legare il modello economico alla sola espressione della classe media-impiegatizia si presta alle dinamiche di espansione e recessione  socio-economiche a cui essa è esposta (vedi il caso dell’avvento dell’Euro).
 

3) Il modello sociale.
L’inserimento di modelli urbani tipici della società dei consumi porta ad un disfacimento del sistema di relazioni tipico delle piccole realtà che in generale fondano il loro vissuto sul sistema di coesione sociale. Producono rapporti di forza tra i gruppi, egemonia di alcuni su altri, ma soprattutto, se non filtrati ma recepiti acriticamente, producono malessere sociale che si manifesta in forme di emarginazione che arrivano a servirsi della violenza contro di sé e gli altri come momento di autoaffermazione. Telese non ha un vissuto sociale degno di storia, i tentativi messi in atto nel passato per costruire una comunità (momenti di aggregazione, feste patronali, sport, ecc.) sono andati perlopiù vanificati.
 

Alla luce di quanto detto, credo che sia prioritario la creazione di spazi di vissuto dove favorire l’aggregazione, l’incontro e soprattutto bisogna preoccuparsi di modellare il paese secondo forme che mettono in moto rapporti sinto-spaziali  che favoriscano il benessere psico-fisico (aree di verde pubblico, aree attrezzate, piazze e luoghi di ritrovo, ecc.) preoccuparsi anche dell’estetica delle forme urbane (colori, dimensioni, ecc.) insomma agire sempre tenendo da conto non di uno ma di più agenti determinanti, lasciando da parte le logiche mercantili ed affaristiche.

Gino Di Vico
 

 


 

Per intervenire: invia@vivitelese.it