PIANETA PEDOFILIA
La
sconcertante testimonianza di una giovane donna
casertana, vittima di attenzioni particolari
dall’età di otto anni
“VIOLENTATA PER
ANNI DAL CONVIVENTE DELLA MADRE”
Dopo anni di
violenze sessuali subite, ha trovato il coraggio
di denunciare il bruto e farlo condannare
Caserta-
Non passa giorno - che i mezzi d’informazione
riportino notizie di pedofilia e di violenze sui
minori- perpetrate in famiglia(luogo protetto e
sicuro per gli orchi)- mettendo in risalto, come
causa di questa piaga, il degrado ambientale,
sociale e culturale in cui avvengono gli abusi.
Certo, queste sono concause da rilevare, ma il
problema è sempre esistito nei secoli- come la
storia, una tremenda testimonianza, raccolta dal
cronista in un piccolo e caratteristico comune
dell’entroterra casertano, completamente
sconvolto da questa vicenda.
Una storia inquietante, raccontata da T.P., 22
anni- oggetto di particolari attenzioni, e
violenze- perpetrate dal convivente della mamma,
dopo anni denunciato, quindi condannato alle
patrie galere.
Ragazza dotata di una determinazione non comune,
lucida e serena- nel ripercorrere momenti tristi
e angoscianti- che segnano e sconvolgono la vita
di chiunque: testimonianza “didattica”-
rilasciata con la speranza che possa servire,
allarmare, mettere in guardia nel futuro,
giovani vittime.
Decisa a raccontare la sua storia, dopo la
condanna- a sei anni di carcere inflitta dal
Tribunale di Santa Maria Capua Vetere all’ex
convivente della mamma-che senza alcun timore,
con la figlia, ha raccontato in esclusiva
nazionale al nostro giornale quest’orribile
storia-
Una “vittoria” importante(la condanna)- per T. e
A. – quest’ultima, mamma della ragazza- dal
sapore speciale in una piccola comunità, dove si
mormora, si chiacchiera ed è più facile
colpevolizzare il pianeta donna. Vittoria giunta
dopo anni d’inenarrabili violenze subite- dalla
ragazza- che ha continuato a vivere nello stesso
posto- con il prevedibile disagio, con gli occhi
puntati contro, con parole-macigni- scagliate al
suo indirizzo- da beati spettatori del dramma
vissuto- cadenzate al suo passaggio, nella
piazza principale del paese, dal fruttivendolo,
dal macellaio- e persino dalle quattro bizzoche-
incrociate- nei pressi della chiesa.
Vittime, che in questi anni - mai hanno chiesto
vendetta: desideravano ardentemente giustizia,
puntualmente arrivata.
“
Chi si deve vergognare non siamo sicuramente
noi”-dichiarano sincronizzate le due donne.
Intervista- “liberazione”, per la vittima dei
soprusi di un “papà”-orco, che in ogni modo le
ha lasciato il segno; un incubo senza fine,
vissuto nel silenzio, per circa nove anni tra le
mura domestiche.
Una famiglia rispettabile, unita, quella di T. e
A- mai accortasi del dramma vissuto dalla
figlia.
“Non mi ero accorta di nulla, lui era normale.
Nulla. Non avevo il minimo dubbio, di quello che
accadeva dentro casa”- precisa A.- che dalla
convivenza con l’uomo ha avuto un altro figlio.
A
favorire il silenzio imposto, la paura, la
difficoltà di far acquisire agli atti le prove,
l’ingenuità di una bambina-ragazza: decisa a
raccontare tutto dopo il ritrovamento di una
prova schiacciante, risultata determinante nel
processo- celebrato dal Tribunale sammaritano.
“
Il mio calvario è cominciato prestissimo. Non
avevo il coraggio, avevo paura di riferire il
mio dramma a mia madre”- racconta la ragazza-
ero intimorita dalle sue minacce(ndr. del
patrigno)- terrorizzata, poi plagiata da
quell’uomo- che ha approfittato per anni di me”.
Mi abbracciava tutt’altro che “paternamente”-
ricorda la ragazza- “carezze e terrore che mi
paralizzavano, mixate ad uno strisciante senso
di colpa, per la mia ingenua complicità. Avevo
otto anni, quando è successo la prima volta,
violenze subite per nove lunghissimi anni”.
“Malato” che non faceva distinzione tra il bene
e il male, per lui non esistevano regole. Non si
rendeva conto-prosegue T., che io intuivo
le sue reali intenzioni, ed era troppo vigliacco
nel continuare imperterrito.
Poi, finalmente, la liberazione da quell’incubo,
l’abbiamo cacciato da casa(anche il mio
fratellino- il suo stesso sangue non lo vuole
più rivedere).
“Questa “persona” mi ha sporcato. Prima ancora
di conoscere l’amore del cuore, ho dovuto
scoprirne l’aspetto malato e perverso”: una
“macchia”, che adesso T. cerca di “lavare”, una
confessione-liberazione mediatica, che spera
possa servire a chi potrebbe trovarsi in
situazioni analoghe. Per aprire gli occhi alla
gente.
Una storia, una brutta storia, dolorosa e
lacerante, difficile da dimenticare. Storia che
segna la vita di donna, di moglie, di madre e di
nonna. Ma T.- è in possesso di un forte
carattere, di una smisurata capacità di reagire:
sogna come tutte le sue coetanee una sua
famiglia, un marito e dei figli- vuole mettere
una pietra tombale sulla “prevaricazione
domestica subita”.
Una
vicenda sporca che si è svolta come spesso
succede tra le pareti di casa, che ha rubato
alla giovane donna “ il dolce domani”,
parafrasando il titolo efficacissimo di un
inquietante romanzo dello scrittore americano
Russel Banks. “ Che nulla v’è quaggiu’ su
cui fidare, per quanto si voglia mascherare,
ombre familiari, in un buio stanzino”- dai “Fiori
del Male” di Baudelaire.
Una brutta storia di pedofilia- un uomo
vampiro del cuore e del corpo della
figlioletta della sua convivente, rapita del
suo sorriso.
PEDOFILIA,
MALATTIA SEMPRE ESISTITA
La
mamma dei papà-orchi, è da secoli incinta!
Pedofilia malattia “psichiatrica”. Ai primi del
novecento, uno psichiatra italo-svizzero a fare
l’associazione. Fantasie, impulsi legati a
situazioni singolari riguardanti il mondo dei
piccoli. Pressochè sconosciute le motivazioni
che inducono la persona a “contrarre” la
malattia. Una patologia “senile”, fenomeno
antico come il mondo. Fenomeno diffuso, oggi
amplificato dai mass media- che va ad occupare
ogni giorno, prime pagine e non di giornali
autorevoli: perché queste notizie morbose
colpiscono il lettore. Come prevenire un
fenomeno di cosi grande rilevanza e
responsabilità sociale? Con la prevenzione a
vari livelli, a cominciare dalla famiglia e
dalla scuola- che devono saper cogliere- il
minimo segnale.
Giuseppe Sangiovanni
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