CI
SONO PERSONE CHE VALGONO MENO DI UN RANDAGIO
CI
VANTIAMO PURE DI ESSERE UN PAESE CIVILE!
Alfredo Rivetti, 49 anni, ignorato dalle
istituzioni tira avanti in condizioni
allucinanti
VIVE PEGGIO DI UN
RANDAGIO IN UNA MACCHINA ABBANDONATA
Una vecchia Tipo trasformata in monolocale. Gli
unici amici rimasti: quattro cani
Gli amici di Alfredo
Vaccheria(Caserta)-
Di persone che vivono in strada, che dormono sotto i ponti o nelle
stazioni, nelle grandi metropoli, ce ne sono a
iosa, persone che molto spesso per scelta vivono
in strada, rifiutando ogni tipo di aiuto. La
cosa che colpisce, nella storia, che ci
apprestiamo a raccontare, è che la stessa ha
come scenario un piccolo centro, dove tutti si
conoscono, dove tutti dovrebbero essere più
uniti e solidali: una riserva di solidarietà a
quanto pare in estinzione.
Solidarietà,
parola completamente sconosciuta per il nostro
protagonista, che vive peggio di un cane tra
l’indifferenza dei parenti e delle istituzioni
sorde e cieche. Sotto il cocente sole estivo, e
d’inverno al freddo e al gelo. La sua casa, il
suo monolocale(che fa da camera da letto, cucina
e tinello) è fatto di lamiere, in realtà è una
vecchia Fiat Tipo, parcheggiata sul ciglio di
una strada comunale, che congiunge la località
Vaccheria, a San Leucio, due piccole frazioni
del comune di Caserta. Si chiama Alfredo
Rivetti, 49 anni, un uomo dimenticato da tutti,
una persona “normale”(il concetto di normalità è
vasto)- caduta in disgrazia. Ottavo di nove
figli, non ha mai navigato nell’oro, ma fino a
qualche anno fa, un tetto in testa almeno
l’aveva. La morte dei genitori e le precarie
condizioni di salute, hanno peggiorato la sua
situazione. In un baleno, ha perso tutto:
affetti, casa e il lavoro di commesso in una
tabaccheria. Sfrattato senza pietà, rifugiatosi
in una vecchia baracca fatta di legno e lamiere,
adiacente il fabbricato, acquistato da nuovi
proprietari. Ma neanche in quell’orrida baracca
ha trovato un poco di pace: qualcuno forse per
il “suo bene”, in sua assenza la distrutta. E
così, Alfredo che non accetta di andare in
comunità, è finito in strada. Ai margini di una
strada, nella vecchia Fiat Tipo.
Alfredo davanti alla sua casa-macchina
STANZA DA LETTO
SOTTO LE STELLE
Una stanza da
letto open, sotto il sole e sotto le stelle,
dove da mesi “dorme”, riposa e sogna
rannicchiato una casa vera, con un bagno, una
doccia, il riscaldamento, l’acqua, la luce.
Lui non chiede
la televisione, Internet o il telefonino: ha
bisogno di servizi indispensabili, che un paese
civile non può negare: nonostante vizietti,
difetti, tipici di una persona sfiduciata, che
ha perso tutto, beffata da un destino crudele,
con problemi di salute, sicuramente ridotti in
un domicilio più umano.
Alfredo cucina
“Non ho avuto una
vita facile-racconta Alfredo- eravamo nove
figli- ho cominciato a lavorare che ero un
ragazzo: ho fatto di tutto, il carrozziere, il
saldatore, il fabbro, il cameriere, il
tabaccaio.
Ho vissuto sempre
con i miei genitori, con loro non andavo
d’accordo, ma ci sopportavamo, tra alti e bassi
tiravo avanti discretamente, fino alla loro
scomparsa”.
Alfredo consuma il piatto di minestra appena
cucinato
La parabola
discendente per lui ha inizio proprio alla morte
dei suoi cari. Perde il lavoro, ma le bollette
della luce e l’affitto ogni mese arrivano
comunque. Perde pure la casa. La disperazione a
livelli di guardia: prologo ai primi sintomi di
una forte depressione, sfociata poi in crisi
sempre più profonde, tanto da dover ricorrere al
TSO(Trattamento Sanitario Obbligatorio).
Tre anni fa
l’ennesima svolta negativa e traumatica. Conosce
una donna ucraina, s’innamora(almeno lui), la
sposa, dopo qualche mese “l’amore” finisce.
“Volevo una
moglie, ma sono caduto ingenuamente nel
tranello, lei mi ha sposato per ottenere la
cittadinanza, un matrimonio di convenienza poi è
andata via-sottolinea amareggiato- mi ha pure
ingannato sull’età, diceva di avere 44 anni, poi
ho scoperto che ne aveva cinquantasette”.
Alfredo indica quel che rimane della sua baracca
COFANO DISPENSA
Il resto è storia
recente, vita vissuta sotto il misero tettuccio
della Tipo. Nell’abitacolo un materasso, un
rotolo di carta igienica, più di un cuscino, un
piumone, sulla portiera un grande orologio, che
segna implacabili le infernali ore trascorse
“nell’albergo a cinque stelle”, distante pochi
metri dal sontuoso Real Belvedere, del
miliardario Leuciana Festival(Falco e Areni
sanno dell’esistenza di questo povero Cristo?).
Sul pannello del cofano della Tipo, la
cucina-dispensa
Nel cofano la
cucina-dispensa, una pentola, la macchinetta del
caffè, un barattolo di zucchero, un pacco di
pasta semivuoto, contenente qualche decina di
rigatoni, una lattina di olio di semi, un succo
di frutta, un fornellino a gas, naturalmente
scarico- che ora costringe l’uomo ad accendere
un falò su due pietre di tufo per preparare un
caffè o cucinare la pasta, quando c’è.
In tre boccioni
di vetro, l’acqua “corrente”, per lavarsi, poi
ancora la “stanza da pranzo”, composta da un
misero tavolino e sei sedie.
Alfredo durante l'intervista
“Vivo peggio di
loro- dice indicando gli unici amici rimasti,
Elsa, Cruiz, Harley e Pagliarone: quattro cani
che gli fanno compagnia-“non sono miei, li ho
conosciuti qui e stanno con me- loro stanno
meglio- ogni tanto viene una signora gli porta
da mangiare… a me niente”-ammette sconsolato,
abbassando gli occhi. “ Per chi abbandona un
cane ci sono pene severissime, si rischia la
galera, è una vergogna, io per lo stato valgo
meno di un randagio”.
All'interno della macchina il giaciglio su cui
dorme
Parole dure come
macigni. Le parole di un uomo che vive tra
l’indifferenza di tutta la società(solo qualche
amico lo aiuta sporadicamente)- un marziano per
la sua famiglia, per le istituzioni civili e
religiose, beati spettatori di un dramma che si
consuma da tempo, sotto gli occhi della gente
che passa e tira dritto, senza neanche degnarlo
di uno sguardo.
Davanti alla casa dove ha subito lo sfratto
SUITE STRADALE
“Potrei anche
morire-nessuno si accorgerebbe di me- non valgo
niente, non esisto”
Alfredo da mesi
vive sotto le stelle, emarginato, discriminato,
abbandonato al suo destino ignorato, umiliato,
deriso da una società sempre meno civile,
invalida nella psiche, che deambula a passo di
gambero.
Colpisce la
perspicuitas di Alfredo, assai eloquente nel
porsi, nel raccontare quel suo disagio con
grande dignità, con tono pacato. Una persona
bisognosa d’affetto, che non cerca compassione,
ma solo un poco di aiuto, di solidarietà umana.
Alfredo sorpreso a dormire all'ombra di una
pianta
“Ho servito lo
stato per tredici mesi, ero militare in Friuli,
nell’anno del sisma, ne ho estratto di morti
quella volta, ora lo stato mi ha dimenticato,
valgo meno di niente.
Dicono che sono
alcolizzato, drogato, pazzo!- tiene a precisare
Alfredo, mentre ci allontaniamo dalla sua suite
stradale.
Alfredo, avrà
pure i suoi problemi, ma ha bisogno di aiuto,
non vuole essere “internato” in una struttura, a
lui basta una stanza decorosa.
Le istituzioni
civili e religiose che operano all’ombra della
reggia, hanno il dovere di cancellare questa
vergogna. Non degna di un paese civile.
Giuseppe Sangiovanni |