Come al
Mifur la Campania punta su qualità e
ricerca, ma il delegato dei calzaturieri
avverte: “Abbiamo bisogno di interventi
governativi”
Napoli,
14 marzo 2005 - India e Cina per il quarto
anno consecutivo erodono quote di mercato ai
calzaturieri campani. Che non nascondono la
crisi, ma che puntano al Micam
Shoevent per recuperare il terreno perduto.
Si annuncia all’insegna della qualità e del
design, la Fiera della Calzatura più grande
d’Europa. Dal 19 al 22 marzo a Milano,
seguirà il Mifur (16-20 marzo), il Salone
Internazionale della Pellicceria e della
Pelle. Due fiere che riflettono una comune
congiuntura negativa e rappresentano
l’occasione attesa dai calzaturieri e dai
pellettieri campani per il rilancio di due
dei più importanti settori dell’artigianato.
Un’attesa confermata anche dal sostegno
della Regione, che sarà presente alle
manifestazioni con stand istituzionali.
La crisi
del calzaturiero interessa il comparto a
livello nazionale, con una significativa
riduzione delle esportazioni che nei primi
undici mesi del 2004 sono diminuite del 7,3%
in quantità e del 3,4% in valore.
In
Campania si registra una delle situazioni
più delicate: nei primi nove mesi del 2004,
le esportazioni sono diminuite del 15%
(attestandosi a quota 132,5 milioni di
euro), mentre le importazioni sono cresciute
del 55% (raggiungendo i 58 milioni di euro),
come emerge dall’analisi diffusa Centro
Studi del Comitato Promotore
della costituenda Banca di Credito
Cooperativo Pmi Città di Napoli.
E’ Napoli
a pagare il prezzo maggiore, seguita da
Benevento. Reggono Caserta e la cenerentola
Avellino. Sorride solo Salerno.
Ad essere
in crisi è soprattutto il capoluogo della
Regione (che ha un peso relativo regionale
di circa il 70%) che vede crescere l’import
dell’ 82.2% e calare l’export di 21.1%. Male
anche Benevento che perde sia sull’export
(-13%) che sull’import (+20.9%). Regge
Caserta che vede diminuire l’export del 3% e
rimanere invariato l’import. Resiste
Avellino che vede incrementare l’export del
7,5% ma che raddoppia l’import (ancora al di
sotto del milione di euro) con un
incremento dell’ 85.2% .
Bene
Salerno, con un incremento delle
esportazioni del 30,3%, ma anche con una
variazione positiva delle importazioni del
21,4%.
Dati che
se rapportati al territorio nazionale fanno
emergere una perdita di competitività
costante del settore regionale.
La
Campania, che nei primi 9 mesi del 2004 si
presenta come settima regione per fatturato
export calzature, vede diminuire la sua
quota su totale export passando dal 2,7% al
2,3%.
Tra i
fattori principali della crisi vi è la
velocissima crescita della capacità
competitiva dei produttori asiatici che, con
una costante diminuzione dei prezzi medi,
stanno erodendo anche la fascia di prodotto
medio-alta con ricadute negative sulle
aziende e sull’occupazione.
La
domanda internazionale, inoltre, penalizzata
anche dal forte apprezzamento dell’euro,
continua il suo andamento stagnante mentre
sul mercato interno non si registrano
incrementi significativi.
“Per
battere la concorrenza – dichiara
Pasquale Della Pia, direttore
commerciale Anton Mode – dobbiamo puntare
sulla qualità dei nostri prodotti, non
possiamo sacrificarla in nome della
quantità”.
La
qualità delle produzioni, l’attenzione
dedicata alle singole fasi di lavorazione e
ai materiali, secondo molti imprenditori è
la strada da seguire.
“La
concorrenza – sostiene Pasquale Magri,
General Manager Romanelli/Bianchini - può
essere battuta con una costante ricerca sui
materiali e sullo stile, caratteristiche
proprie di tutti i prodotti italiani”.
Ma il
delegato campano dell’Anci (Associazione
Nazionale Calzaturifici Italiani),
Pasquale Pisano, non crede che basti
puntare solo sulla qualità: «Certo, chi non
ha fatto investimenti in tecnologie e
formazione è già uscito dal mercato. Ma non
basta. Sui nostri prodotti diretti in Cina
gravano tassi doganali che variano dal 27 al
30% mentre le imprese cinesi riescono ad
esportare con tassi che variano dal 6 all’8%
ricorrendo a sistemi al limite della
legalità. È una gara ineguale».
“Va bene
credere nella creatività e nei prodotti
marcati con il tricolore - prosegue Pisano -
ma abbiamo bisogno di condizioni di
reciprocità sul fronte del commercio
internazionale. Uno dei problemi è proprio
quello di garantire maggiori controlli alle
frontiere. Monitorando le importazioni che
arrivano da quei concorrenti, come la Cina,
che operano con un costo del lavoro
bassissimo e senza alcun rispetto per gli
standard europei della sicurezza. Non lo
dico con piacere, ma è arrivato il momento
che anche l’Italia ponga dei paletti”.
“La
nostra presenza al Mifur, al Micam e alle
più importanti fiere internazionali, è
decisiva per far crescere l’economia della
regione- spiega l’assessore regionale alle
attività produttive Gianfranco Alois
- E’ vero che spesso registriamo una
competizione sleale da parti dei concorrenti
dei paesi emergenti, che trovano mille
maniere per aggirare le norme in vigore e
superare le barriere doganali. Ma se
puntiamo a segmenti alti di mercato e alla
penetrazione di quelli internazionali
possiamo tornare a essere leader: quando il
made in Italy dà il meglio di sé non teme la
concorrenza di nessuno”.
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