Querelle su Ici e Tarsu, si va alla sentenza
Slitta l’esito della disputa con il Comune. Cosa
farà l’utenza che non si è adeguata alle nuove
imposte?
di
Antonio Vecchiarelli
Dalla possibile sospensiva degli atti con cui si
è dato corso agli aumenti dell’Ici e della Tarsu
alla entrata direttamente nel merito della
questione per emanare la sentenza. E’ questa la
novità nel ricorso al Tribunale amministrativo
regionale (Tar), avverso alle decisioni
dell’amministrazione Capasso, prodotto da alcuni
cittadini e «sponsorizzato» dal gruppo
consiliare di opposizione.
Quali effetti produrrà sulla cittadinanza la
scelta di rinunciare (che pare sia stata
manifestata dagli stessi ricorrenti) ad una
possibile decisione del Tar di sospensione delle
delibere? Una conseguenza appare certa:
l’indecisione assommata a indecisione. Ci
riferiamo all’indirizzo, perseguito da taluni
utenti, di rinunciare al pagamento delle
aliquote aggiornate in attesa del pronunciamento
del Tar. Un indugio che si prolungherebbe
(potrebbe durare dai 6 mesi ai 2 anni) qualora
si volesse attendere la sentenza prima di
adeguarsi agli aumenti. Sulla possibile scelta
pesa l’incertezza del giudizio oltre che le
possibili rivalse che l’ente Comune potrebbe
attuare, ritenendo ovviamente leciti gli
aumenti, nei confronti di quegli utenti
inadempienti. Insomma: un guazzabuglio o quasi.
Ma rammentiamo, sommariamente, i contenuti dei
due ricorsi: uno per la tassa sui rifiuti solidi
urbani (Tarsu) e uno per l’imposta sugli
immobili (Ici).
La
decisione di aumentare la Tarsu del 50% rispetto
al 2003 è ritenuta illegittima perchè avvenuta
dopo i termini stabiliti dalla normativa: 31
maggio scorso e viziata dalla assenza di
motivazione: inesistente la giustificazione dei
maggiori oneri imposti.Ici. Nel mirino le
aliquote: abitazione principale 5.50 per mille;
restanti abitazioni 8.00 per mille; terreni
agricoli 5.50 per mille; aree edificabili 8.00
per mille; rivalutazione del 20% delle aree
edificabili.Per l’imposta comunale sugli
immobili la norma prevede che l’aliquota debba
essere deliberata in misura non inferiore al 4
per mille e non superiore al 6 per mille: è
possibile arrivare al 7 per mille per
straordinarie esigenze di bilancio. Se la
delibera non è adottata nel termine previsto
(che per l’anno 2004 è riferito al 31 maggio
scorso) si applica l’aliquota del 4 per mille.
Quindi la mancata approvazione dell’aliquota nei
termini di legge comporta: decadenza dell’ente
dal potere di ritoccarle e l’applicazione del 4
per mille.
Illogicità e contraddittorietà: è facoltà
dell’ente prevedere aliquote ridotte per
determinati soggetti d’imposta, pur in assenza
di alcuna norma in tal senso la giunta delibera
di applicare aliquote maggiori. Difetto di
motivazione: l’esercizio del potere della giunta
di fissare l’aliquota tra il minimo e il massimo
non è svincolato da un obbligo di istruttoria e
di motivazione -entrambi assenti - del reale
fabbisogno finanziario risultante dal bilancio
di previsione. La posizione dell’ente.
Il
ricorso proposto mira a impugnare la delibera di
giunta non perché ha disposto un aumento
illegittimo della aliquota, ma per aver
deliberato oltre la data del 31 maggio 2004,
termine fissato per la deliberazione del
bilancio di previsione degli Enti Locali. In
sostanza i ricorrenti contestano che la nuova
Giunta abbia approvato le aliquote in data 23
giugno 2004, situazione determinatasi a causa
della mancata approvazione del bilancio da parte
dell’Amministrazione uscente e che avrebbe
determinato tale analoga situazione per
qualunque Amministrazione subentrante.
L’aumento della Tarsu non è immotivata o
destinata a coprire altre esigenze perché le
somme incassate servono esclusivamente per
coprire i costi sostenuti per la gestione del
relativo servizio; quindi il gettito complessivo
della tassa non può superare il costo di
esercizio del servizio di smaltimento dei
rifiuti solidi urbani. |