15 settembre 2004
Differenze tra ciò che è e ciò che vorremmo
Gino Di Vico

 

 

Prendo a pretesto queste affermazioni tratte dagli scritti di Ilario Franco e di Giovanni Liverini  per inviarvi delle mie considerazioni, non so quanto di parte visto che come insegnante sono vicino ai giovani e alle loro istanze.

“Questo mio intervento non è stato solo stimolato dai ricordi di Sandro ma anche da una discussione avuta con amici di Telese. Commentando i risultati elettorali mi dissero di aver votato solo per l'Europee in quanto non vi era una Lista che potesse rappresentarli. Spero che le suddette mie motivazioni siano un valido argomento per rivedere le loro posizioni.”

“Il tentativo politico di trasversalità, che in me esprimeva la sintesi non priva di responsabilità, è evidente che ha trovato, nei “puristi” o in quelli che “non amano sporcarsi le mani”, facili argomenti di critica e di distacco dal progetto politico proposto. Sul conto di costoro, pur senza voler dare giudizi, credo che pesa una grave responsabilità nei confronti di una comunità che voleva finalmente voltar pagina,…”

Freud li chiama “il principio di volontà e il principio di realtà”, è la differenza tra ciò che è e ciò che vorremmo che sia: è in politica l’ideale e il reale (ciò che vorremmo che sia e ciò che è).

C’è la politica idealista: bella, alta, saggia, ma perlopiù parolaia e tanto più è parolaia è tanto più è bella è nobile, trova risposte a tutto, elabora alchimie impensabili, tiene in equilibrio le più instabili delle posizioni.

E poi c’è la real-politik, quella dei compromessi, quella che si tura il naso, quella sporca, di basso affare capace di fare tutte quelle belle cose, su dette per la politica ideale, ma senza il pretesto di stare operando per il bene dell’umanità.

I giovani dovrebbero frequentarle entrambe, ma i giovani sono idealisti naturaliter, di real-politik ne praticano poca e poi nelle scuole si dovrebbe leggere più Macchiavelli che Manzoni; possono sbagliare! (del resto diceva Platone che i giovani devono avvicinarsi alla politica dopo i trent’anni) ma in fondo sbagliano in buona fede (e poi, come abbiamo visto quest’estate purtroppo si muore).

Allora lasciate che qualcuno in fondo non sia stato d’accordo, non si sia riconosciuto non tanto nel progetto ma nei progettisti. C’era un libro negli anni settanta che si intitolava “Figli miei marxisti immaginari” e c’è un libro di Stefano Benni che si intitola “Comici, spaventati, guerrieri”, penso che per i giovani di oggi si adattino bene entrambi le definizioni, i giovani d’oggi sono proprio così, cercano certezze, non capiscono le mezze misure (o è bianco o è nero).

C’è tempo per fare i figli ad immagine e somiglianza dei padri, per adesso lasciate che essi riescano a dirci soltanto “ciò che non siamo – ciò che non vogliamo”.

 

    

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