10 ottobre 2004
La democrazia è un duro confronto di idee
Rosario Lavorgna

 

 

Carlo Azeglio Ciampi: “Legittimarsi e rispettarsi non vuol dire uniformarsi. La democrazia è un duro confronto di idee”. Il monito del presidente della Repubblica e una riflessione d’onestà intellettuale.

 

di Rosario Lavorgna

 

Un monito ad ampio respiro quello che il presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, ha lanciato ai partiti sulle colonne del quotidiano ‘Il Giornale’ dell'8 ottobre. Parla di politici “sull’attenti” il nostro presidente, il garante di una nazione sempre più schiava della sovranità dei partiti più che del popolo. Ma certo non dobbiamo essere noi, miserevoli giornalisti di provincia, a ricordare al primo cittadino d’Italia un usus controtendenze della partitocrazia, unica e vera sovrana di un popolo aggiogato dalle urne.

 

La compattezza, alla quale fa riferimento Ciampi, è una sorta di istintiva autodifesa, un goffo movimento riflesso occasionale e scontato. La vera compattezza non si manifesta nelle occasioni che, definiremo, estreme, ma nel più ampio quadro dei problemi che attanagliano e che continueranno ad attanagliare il nostro Paese. Lo scontro aperto, vincolato e vincolante che si perpetua ogni giorno a Montecitorio, è l’esempio più chiaro e palese del grande “affetto” che i rappresentanti del popolo hanno per lo stesso; è la testimonianza diretta ed incontrovertibile del grande sviluppo di questo terzo millennio, ancora incline a battaglie ideologiche o puramente di parte che non hanno nulla a che vedere con quello che il nostro caro presidente Ciampi definisce “duro scontro di idee”.

 

Dopotutto, siamo al cospetto di una demo, nel senso informatico del termine, di una demo che attende ancora, da anni, il rilascio di una versione definitiva di quello che potrebbe essere il software sociale della democrazia. E’ vero: la democrazia è un duro confronto di idee, ma solo di idee, alle quali seguono fatti, dai quali fatti seguono reazioni, alle quali reazioni seguono circostanze, alle quali circostanze seguono realtà tangibili, e non battaglie di campanile in un bipolarismo che prima della tanto azzannata Devolution ha diviso il Paese facendo defluire l’intero centro a destra e a sinistra annullando così l’alternativa.

 

Non possiamo permetterci più il lusso intellettuale di dirci di destra o di sinistra; di definirci centristi o estremisti, di professare idee condivise da almeno una percentuale rappresentativa. No!, non possiamo, poiché tutto ciò che potrebbe rappresentare una nostra volontà andrà sempre ad impattare con la volontà del vicino e alleato, come pure del lontano e nemico. E allora, se è così come è, qualcuno sentirà mai il bisogno morale, civile e intellettuale di spiegarci, nessuno escluso, come è possibile far crescere un Paese nel quale le idee divergono talmente tanto da annullarsi a vicenda?

 

Il campo magnetico che si genera in questo scontro vertiginoso tra ioni permette la gravitazione convulsa di tutto ciò che si trova tra le due polarità: in questo caso, il popolo, gli Italiani, sempre più confusi, sempre più nefasti, sempre meno inclini a comprendere, sempre meno orgogliosi, sempre meno sovrani, sempre più vuoti.

 

    

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