12 ottobre 2004
Opinione su dichiarazioni presidente Pera
Rosario Lavorgna

 

 

Pera e la grande Mela. Le riflessioni del presidente del Senato e la furibonda reazione chimica dell’opposizione DS. Aveva ragione Mastella a chiedersi: “Andiamo verso una terza Repubblica?”

di Rosario Lavorgna

Scudisciate e improperi, come nella migliore tradizione comunista per Marcello Pera, presidente del Senato Italiano e seconda carica dello Stato, reo di aver detto la verità, di aver espresso una sua opinione, una riflessione ponderata e realistica sulle vicende mediorientali a margine di un convegno sul Pensiero Filosofico a Palermo e riportate dal quotidiano ‘Il Giornale’ del 10 ottobre 2004. Ma lui, “il crociato”, come definito dagli agguerritissimi parolieri post comunisti, diventa la ‘patata bollente’ di una sinistra divisa su tutto, spaccata dal di dentro, sognatrice ed egemone, virtualmente già in possesso delle chiavi di Palazzo Chigi.

“Bisogna prendere coscienza che l’Islam radicale vuole la Guerra Santa”: una verità sconcertante, ma pur sempre una verità, alla quale qualsiasi aggettivazione diamo, non cambierebbe il senso visibile ed incontrovertibile del dato di fatto.

Al di là delle velleità oniriche di tornare a governare l’Italia suffrattando la bestialità di Al Queda e le continue stragi per le quali i governi di tutto il mondo, oltre a quello italiano sembrano inermi, l’ala a sinistra della coalizione prodiana segue pedissequamente l’adorato Kerry, il più volte osannato Zapatero, il beatificato Chirac, e tutti quei governi che pur di mantenere il potere saldo e intoccabile volutamente sottovalutano questa nuova falce del terzo millennio che ogni giorno miete il suo grano ed inzuppa questa nostra Terra di sangue.

Al contrario, il lasciare le cose come stanno, abbandonando l’idea di esportare la democrazia come concetto politico, e non come imposizione imperialista, sembra voler riaffermare quel primato occidentale per il quale la nuova formula di jhiad è stata proclamata.

Che “il nostro continente addossi agli USA tutto il peso della lotta al terrore” non è una banalità espressa da un filo americano convinto, è una triste realtà constatabile anche attraverso la aritmetica mortuaria di questi mesi.

Ma l’Ue di Prodi non avrebbe mai esposto più di tanto un continente per arginare il fiume di sangue che anche in Europa ha prodotto rivoli sostanziosi. Questo avrebbe significato perdere la fiducia della sinistra italiana, e quindi perdere il treno sul quale salire da conducente.

“Saremo uniti senza cedimenti per battere il terrorismo”, urla Casini; ma poi, in realtà, non abbiamo che farcene delle unioni occasionali e di facciata volte a far credere che quel “duro scontro di idee” che è la democrazia secondo Ciampi, sia in effetti la costruzione di un fronte comune per la lotta al terrore fondamentalista che non risparmia nessuno, nemmeno i paesi neutrali come la Francia.

Quale strumentalizzazione migliore, allora, che non marciare sul terrore globale, giungendo a fare paragoni tra Pera e Bin Laden come insegna il poco moderato Angius che, in quel di Palazzo Madama ha un solo scopo politicamente riconosciuto: abbattare Berlusconi ed il suo governo filo americano e anti rivoluzionario, dagli interessi ben noti, come se quelli degli altri fossero diversi.

Ma smettiamola con questa politica radical chic dei batti e ribatti, dei tira e molla, delle idee rattoppate al momento per confondere ed aggiogare, della politica sovrana del popolo, con questa sinistra ancora arroccata sul muro di Berlino a gestire interessi esclusivi d’elettorato, con un centro destra che dopo aver schiacciato emula gli schiacciati, con una politica interna come estera schiava di franchi tiratori e improvvisati golpisti, di leggi che vanno avanti a botta di voti di fiducia perché diversamente sarebbe il far west, di maggioranze bulgare e minoranze australiane, della falsa costernazione collettiva istituzionale solo in caso di calamità, per poi tornare a scannarsi su argomentazioni che comunque rappresentano una calamità sociale, di politici o definiti tali per i quali il ‘do ut des’ è solo una definizione da cruciverba.

L’Italia ha bisogno di ben altro, magari proprio di quella grande casa dei moderati per tornare a far proprio il concetto di sviluppo reale non solo delle cose, ma anche delle persone. Un PPE che possa riconciliarsi mediante il ritrovamento di quegli ideali che in passato hanno reso l’Italia economicamente e produttivamente forte e competitiva.

Da quando la politica italiana si è tramutata in una mera guerra tribale (o bipolare come dir si voglia, basta guardare qualche diretta da Montecitorio), lo sviluppo e la crescita del nostro stivale sono divenuti chimera. Allora ha ragione Clemente Mastella nel chiedersi se stiamo andando verso una terza Repubblica, un ritorno alle origini, in pratica, a quelle origini quando assumersi delle responsabilità politiche o istituzionale significava garantire al Paese la presenza costante e attiva di tutti a servizio di tutti.

Solo in questo modo il terrorismo, l’estremismo e lo stesso odio tra civiltà potranno essere placati mediante la vera coesione, il vero dibattito, la vera diplomazia, e non quella mal celata, il vero dialogo, in un’unica vera identità globale.

Rosario Lavorgna

giornalista

http://rosariolavorgna.splinder.it

 

    

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