Pera e la grande Mela. Le riflessioni del
presidente del Senato e la furibonda reazione
chimica dell’opposizione DS. Aveva ragione
Mastella a chiedersi: “Andiamo verso una terza
Repubblica?”
di
Rosario Lavorgna
Scudisciate e improperi, come nella migliore
tradizione comunista per Marcello Pera,
presidente del Senato Italiano e seconda carica
dello Stato, reo di aver detto la verità, di
aver espresso una sua opinione, una riflessione
ponderata e realistica sulle vicende
mediorientali a margine di un convegno sul
Pensiero Filosofico a Palermo e riportate dal
quotidiano ‘Il Giornale’ del 10 ottobre 2004. Ma
lui, “il crociato”, come definito dagli
agguerritissimi parolieri post comunisti,
diventa la ‘patata bollente’ di una sinistra
divisa su tutto, spaccata dal di dentro,
sognatrice ed egemone, virtualmente già in
possesso delle chiavi di Palazzo Chigi.
“Bisogna prendere coscienza che l’Islam radicale
vuole la Guerra Santa”: una verità sconcertante,
ma pur sempre una verità, alla quale qualsiasi
aggettivazione diamo, non cambierebbe il senso
visibile ed incontrovertibile del dato di fatto.
Al
di là delle velleità oniriche di tornare a
governare l’Italia suffrattando la bestialità di
Al Queda e le continue stragi per le quali i
governi di tutto il mondo, oltre a quello
italiano sembrano inermi, l’ala a sinistra della
coalizione prodiana segue pedissequamente
l’adorato Kerry, il più volte osannato Zapatero,
il beatificato Chirac, e tutti quei governi che
pur di mantenere il potere saldo e intoccabile
volutamente sottovalutano questa nuova falce del
terzo millennio che ogni giorno miete il suo
grano ed inzuppa questa nostra Terra di sangue.
Al
contrario, il lasciare le cose come stanno,
abbandonando l’idea di esportare la democrazia
come concetto politico, e non come imposizione
imperialista, sembra voler riaffermare quel
primato occidentale per il quale la nuova
formula di jhiad è stata proclamata.
Che “il nostro continente addossi agli USA tutto
il peso della lotta al terrore” non è una
banalità espressa da un filo americano convinto,
è una triste realtà constatabile anche
attraverso la aritmetica mortuaria di questi
mesi.
Ma
l’Ue di Prodi non avrebbe mai esposto più di
tanto un continente per arginare il fiume di
sangue che anche in Europa ha prodotto rivoli
sostanziosi. Questo avrebbe significato perdere
la fiducia della sinistra italiana, e quindi
perdere il treno sul quale salire da conducente.
“Saremo uniti senza cedimenti per battere il
terrorismo”, urla Casini; ma poi, in realtà, non
abbiamo che farcene delle unioni occasionali e
di facciata volte a far credere che quel “duro
scontro di idee” che è la democrazia secondo
Ciampi, sia in effetti la costruzione di un
fronte comune per la lotta al terrore
fondamentalista che non risparmia nessuno,
nemmeno i paesi neutrali come la Francia.
Quale strumentalizzazione migliore, allora, che
non marciare sul terrore globale, giungendo a
fare paragoni tra Pera e Bin Laden come insegna
il poco moderato Angius che, in quel di Palazzo
Madama ha un solo scopo politicamente
riconosciuto: abbattare Berlusconi ed il suo
governo filo americano e anti rivoluzionario,
dagli interessi ben noti, come se quelli degli
altri fossero diversi.
Ma
smettiamola con questa politica radical chic dei
batti e ribatti, dei tira e molla, delle idee
rattoppate al momento per confondere ed
aggiogare, della politica sovrana del popolo,
con questa sinistra ancora arroccata sul muro di
Berlino a gestire interessi esclusivi
d’elettorato, con un centro destra che dopo aver
schiacciato emula gli schiacciati, con una
politica interna come estera schiava di franchi
tiratori e improvvisati golpisti, di leggi che
vanno avanti a botta di voti di fiducia perché
diversamente sarebbe il far west, di maggioranze
bulgare e minoranze australiane, della falsa
costernazione collettiva istituzionale solo in
caso di calamità, per poi tornare a scannarsi su
argomentazioni che comunque rappresentano una
calamità sociale, di politici o definiti tali
per i quali il ‘do ut des’ è solo una
definizione da cruciverba.
L’Italia ha bisogno di ben altro, magari proprio
di quella grande casa dei moderati per tornare a
far proprio il concetto di sviluppo reale non
solo delle cose, ma anche delle persone. Un PPE
che possa riconciliarsi mediante il ritrovamento
di quegli ideali che in passato hanno reso
l’Italia economicamente e produttivamente forte
e competitiva.
Da
quando la politica italiana si è tramutata in
una mera guerra tribale (o bipolare come dir si
voglia, basta guardare qualche diretta da
Montecitorio), lo sviluppo e la crescita del
nostro stivale sono divenuti chimera. Allora ha
ragione Clemente Mastella nel chiedersi se
stiamo andando verso una terza Repubblica, un
ritorno alle origini, in pratica, a quelle
origini quando assumersi delle responsabilità
politiche o istituzionale significava garantire
al Paese la presenza costante e attiva di tutti
a servizio di tutti.
Solo in questo modo il terrorismo, l’estremismo
e lo stesso odio tra civiltà potranno essere
placati mediante la vera coesione, il vero
dibattito, la vera diplomazia, e non quella mal
celata, il vero dialogo, in un’unica vera
identità globale.
Rosario Lavorgna
giornalista
http://rosariolavorgna.splinder.it |