“Avanti! siam ribelli, vendicator, vendicator...un
mondo di fratelli, di pace e di lavor”. È da
quando mi sono svegliato che questa vecchia
canzone, questo coro partigiano, mi ronza nella
testa e già so che questa sarà una lunga notte.
So
che questa notte sarà una lenta scansione di
fotogrammi, sorrisi, viaggi della memoria,
pianti per ciò che è stato, per ciò che, nel
nostro piccolo, abbiamo consegnato alla storia,
alle nostre vite. Sapevo che sarebbe stato così,
sapevo che il peggio di tutta questa vicenda
sarebbe venuto affrontando la quotidianità, una
quotidianità che oggi ci costringe a
riparametrare le nostre vite, che ci obbliga a
fare i primi bilanci, che ci violenta attraverso
la banalità diffusa, che ci prende per il collo
e ci fa scorrere davanti agli occhi ciò che non
sarà più. È inutile dirti che la confusione è
tanta, che, come ha detto Antonio, “il finale è
stato alla Giovanni”, dribbling secco con palla
incollata al piede, di quelli che lasciano il
pubblico senza fiato, come Re Diego...
Inizio a ricordare tutto, ricordo l’ultima notte
insieme, all’ospedale, ricordo l’ultima
sigaretta fumata vicino alla finestra con
l’infermiere che ci ripeteva della sua
estraneità a ciò che stava vedendo. Ricordo la
tua felicità per quella cena che sembrava non
arrivare mai, dopo una giornata di cure, ricordo
di quella cotoletta divisa a metà perché “tra
Compagni si divide il pane e anche la
cotoletta”.
Poi vado ancora più indietro e vedo quelle notti
passate a discutere di Cuba e della Palestina,
del Colonnello Valerio e della Volante Rossa, di
Chavez e del Subcomandante Marcos, di Fidel, del
Che e di Camilo e di cosa rappresentasse per la
storia la costruzione dell’”Isola
dell’orgoglio”, perché “...Compa’, Fidel ci’u
ddicett a i merican: ca a cumannam nuje!”.
Durante quelle notti trascorse in giro con la
macchina o attorno al tavolo di casa tua ho
iniziato a capire che dietro i cancelli delle
nostre sicure case d’occidente, a volte, era
possibile costruire frammenti di un nuovo mondo,
era giusto provare ad immaginare schegge di una
futura umanità. Torna alla mente l’irruzione a
Palazzo Paolo V, luogo della decadenza del
potere che, in quella calda mattina di novembre,
era diventato il nostro “Palazzo d’Inverno”.
“Il potere è una stanza vuota”, scrivemmo su
quello striscione ed infatti lo zar non c’era,
altrimenti... Piccole grandi storie che nessuno
cancellerà mai, dedicate a chi c’era e a chi non
c’era. Non dimenticherò mai tutto questo, così
come non dimenticherò quel guardarsi negli occhi
e sentirsi fratelli, quel “ Compa’, qualcuno
pagherà!” pronunciato la sera in cui arrivarono
le minacce, quel “Compa’, m’ pariv Fidel” detto
mentre mi abbracciavi al termine della relazione
di apertura della Conferenza dei Giovani
Comunisti ..e oggi? Oggi mi fa ancora male la
spalla sinistra, non avevo mai accompagnato
nessuno in quel modo. Ti assicuro che durante il
tragitto credevo di sprofondare dalla stanchezza
e dal dolore ma continuavo a ripetermi “fino
alla fine, Johnny, fino alla fine...” come
avevamo promesso di fare io, tu e il “Toro” in
una delle tante notti trascorse a “volare” sulla
superstrada, direzione Gioia, come sempre...
Eravamo in tanti ad accompagnare un fratello, un
compagno, un amico che andava via, eravamo in
tanti a difesa della memoria, della verità,
contro gli sciacalli, le cornacchie e le solite
puttane di regime pronte ad ergersi a custodi
delle false morali e degli stili di vita
confezionati da un mondo che non ci appartiene
perché non è il mondo di tutti.
Dovevi vederli “i nostri bambini”, in maglia
rossa, con gli occhi gonfi di dolore e di
rabbia, orgogliosi di scortare un piccolo pezzo
della propria vita verso un luogo che avevamo
sempre immaginato lontano perché c’è tanto
ancora da fare. ...e allora grazie.. Grazie di
aver fatto parte di questo esercito di sognatori
insorgenti che ha chiuso un secolo di
straordinarie vittorie e di drammatiche
sconfitte e che ha aperto un millennio
all’insegna della ribellione e della lotta per
un altro mondo, per la costruzione di qualcosa
che sia altro dalla quotidianità di fame, di
buio e di miseria in cui è avvolta la periferia
dell’impero.
Si, lo abbiamo scritto: non permetteremo a
nessuno di fermare questa lunga marcia perché
nessuno potrà impedirci di assaltare il cielo e
di far fischiare il vento dell’assedio nelle
orecchie dei potenti della terra, ovunque essi
si riuniscano. Si, sarà così perché questa
generazione vuole mettere le ali e tentare quel
volo che non riuscì al gabbiano di cui ci parlò
il grande Giorgio Gaber...perché, come ti
piaceva sentirmi dire, siamo quelli de "I dieci
giorni che sconvolsero il mondo", quelli che
vollero sovvertire la storia basata
sull'ingiustizia e sulla sopraffazione, siamo i
contadini della Sicilia che un giorno decisero
di non togliere più il cappello al passaggio del
padrone, siamo i partigiani di tutte le montagne
del mondo, siamo i perseguitati, i vilipesi e
gli sfruttati del nuovo ordine mondiale.
Siamo gli oppositori di "tutti i fascismi",
siamo gli Indiani d'America, i "desaparecidos"
di Cile e Argentina, i "meñinos de rua" del
Brasile, siamo i "Barbudos" del Che e di Fidel
che alzarono la testa e costruirono la piccola
grande Isola dell’orgoglio. Siamo i Morti di
Reggio Emilia, siamo l'Esercito Zapatista di
Liberazione Nazionale. Siamo quelli di Genova e
di Firenze, di Bagdad e di Mostar, di Vukovar,
di Sarajevo, di Belgrado e di Kabul, quelli che
rifiutano la guerra come mezzo costituente del
nuovo sistema imperiale…
Continueremo a camminare domandando, a sentire
tutte le ingiustizie come incise sulla pelle e
scritte nell’anima, a marciare a testa alta, a
pugni chiusi e a denti stretti, a fare nostre le
lezioni che la storia nel bene e nel male ci ha
dato, a tentare di capire dove sbagliammo e...la
storia ci assolverà! Rosa, Matteo e Samantha non
cammineranno mai soli, te lo giuro!
Ciao, compa’! Hai portato con te un pezzo della
mia vita che nessuno potrà restituirmi. Ci
rialzeremo anche stavolta...fino alla vittoria!
Da
un posto imprecisato, Telese Terme, Europa,
Pianeta Terra.
L’alba del quarto giorno senza te.
Gianluca |