14 agosto 2004
Per Gianni Vivenzio
Gianluca Serafini

 

 

“Avanti! siam ribelli, vendicator, vendicator...un mondo di fratelli, di pace e di lavor”. È da quando mi sono svegliato che questa vecchia canzone, questo coro partigiano, mi ronza nella testa e già so che questa sarà una lunga notte.

 

So che questa notte sarà una lenta scansione di fotogrammi, sorrisi, viaggi della memoria, pianti per ciò che è stato, per ciò che, nel nostro piccolo, abbiamo consegnato alla storia, alle nostre vite. Sapevo che sarebbe stato così, sapevo che il peggio di tutta questa vicenda sarebbe venuto affrontando la quotidianità, una quotidianità che oggi ci costringe a riparametrare le nostre vite, che ci obbliga a fare i primi bilanci, che ci violenta attraverso la banalità diffusa, che ci prende per il collo e ci fa scorrere davanti agli occhi ciò che non sarà più. È inutile dirti che la confusione è tanta, che, come ha detto Antonio, “il finale è stato alla Giovanni”, dribbling secco con palla incollata al piede, di quelli che lasciano il pubblico senza fiato, come Re Diego...

 

Inizio a ricordare tutto, ricordo l’ultima notte insieme, all’ospedale, ricordo l’ultima sigaretta fumata vicino alla finestra con l’infermiere che ci ripeteva della sua estraneità a ciò che stava vedendo. Ricordo la tua felicità per quella cena che sembrava non arrivare mai, dopo una giornata di cure, ricordo di quella cotoletta divisa a metà perché “tra Compagni si divide il pane e anche la cotoletta”.

 

Poi vado ancora più indietro e vedo quelle notti passate a discutere di Cuba e della Palestina, del Colonnello Valerio e della Volante Rossa, di Chavez e del Subcomandante Marcos, di Fidel, del Che e di Camilo e di cosa rappresentasse per la storia la costruzione dell’”Isola dell’orgoglio”, perché “...Compa’, Fidel ci’u ddicett a i merican: ca a cumannam nuje!”.

 

Durante quelle notti trascorse in giro con la macchina o attorno al tavolo di casa tua ho iniziato a capire che dietro i cancelli delle nostre sicure case d’occidente, a volte, era possibile costruire frammenti di un nuovo mondo, era giusto provare ad immaginare schegge di una futura umanità. Torna alla mente l’irruzione a Palazzo Paolo V, luogo della decadenza del potere che, in quella calda mattina di novembre, era diventato il nostro “Palazzo d’Inverno”.

 

“Il potere è una stanza vuota”, scrivemmo su quello striscione ed infatti lo zar non c’era, altrimenti... Piccole grandi storie che nessuno cancellerà mai, dedicate a chi c’era e a chi non c’era. Non dimenticherò mai tutto questo, così come non dimenticherò quel guardarsi negli occhi e sentirsi fratelli, quel “ Compa’, qualcuno pagherà!” pronunciato la sera in cui arrivarono le minacce, quel “Compa’, m’ pariv Fidel” detto mentre mi abbracciavi al termine della relazione di apertura della Conferenza dei Giovani Comunisti ..e oggi? Oggi mi fa ancora male la spalla sinistra, non avevo mai accompagnato nessuno in quel modo. Ti assicuro che durante il tragitto credevo di sprofondare dalla stanchezza e dal dolore ma continuavo a ripetermi “fino alla fine, Johnny, fino alla fine...” come avevamo promesso di fare io, tu e il “Toro” in una delle tante notti trascorse a “volare” sulla superstrada, direzione Gioia, come sempre...

 

Eravamo in tanti ad accompagnare un fratello, un compagno, un amico che andava via, eravamo in tanti a difesa della memoria, della verità, contro gli sciacalli, le cornacchie e le solite puttane di regime pronte ad ergersi a custodi delle false morali e degli stili di vita confezionati da un mondo che non ci appartiene perché non è il mondo di tutti.

 

Dovevi vederli “i nostri bambini”, in maglia rossa, con gli occhi gonfi di dolore e di rabbia, orgogliosi di scortare un piccolo pezzo della propria vita verso un luogo che avevamo sempre immaginato lontano perché c’è tanto ancora da fare. ...e allora grazie.. Grazie di aver fatto parte di questo esercito di sognatori insorgenti che ha chiuso un secolo di straordinarie vittorie e di drammatiche sconfitte e che ha aperto un millennio all’insegna della ribellione e della lotta per un altro mondo, per la costruzione di qualcosa che sia altro dalla quotidianità di fame, di buio e di miseria in cui è avvolta la periferia dell’impero.

 

Si, lo abbiamo scritto: non permetteremo a nessuno di fermare questa lunga marcia perché nessuno potrà impedirci di assaltare il cielo e di far fischiare il vento dell’assedio nelle orecchie dei potenti della terra, ovunque essi si riuniscano. Si, sarà così perché questa generazione vuole mettere le ali e tentare quel volo che non riuscì al gabbiano di cui ci parlò il grande Giorgio Gaber...perché, come ti piaceva sentirmi dire, siamo quelli de "I dieci giorni che sconvolsero il mondo", quelli che vollero sovvertire la storia basata sull'ingiustizia e sulla sopraffazione, siamo i contadini della Sicilia che un giorno decisero di non togliere più il cappello al passaggio del padrone, siamo i partigiani di tutte le montagne del mondo, siamo i perseguitati, i vilipesi e gli sfruttati del nuovo ordine mondiale.

 

Siamo gli oppositori di "tutti i fascismi", siamo gli Indiani d'America, i "desaparecidos" di Cile e Argentina, i "meñinos de rua" del Brasile, siamo i "Barbudos" del Che e di Fidel che alzarono la testa e costruirono la piccola grande Isola dell’orgoglio. Siamo i Morti di Reggio Emilia, siamo l'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale. Siamo quelli di Genova e di Firenze, di Bagdad e di Mostar, di Vukovar, di Sarajevo, di Belgrado e di Kabul, quelli che rifiutano la guerra come mezzo costituente del nuovo sistema imperiale…

 

Continueremo a camminare domandando, a sentire tutte le ingiustizie come incise sulla pelle e scritte nell’anima, a marciare a testa alta, a pugni chiusi e a denti stretti, a fare nostre le lezioni che la storia nel bene e nel male ci ha dato, a tentare di capire dove sbagliammo e...la storia ci assolverà! Rosa, Matteo e Samantha non cammineranno mai soli, te lo giuro!

 

Ciao, compa’! Hai portato con te un pezzo della mia vita che nessuno potrà restituirmi. Ci rialzeremo anche stavolta...fino alla vittoria!

 

Da un posto imprecisato, Telese Terme, Europa, Pianeta Terra.

L’alba del quarto giorno senza te.

 

Gianluca

 

    

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