Biase 'o barbiere - 21-03-04 - Riccardo Affinito

 

 

             Biase ‘o barbiere.

 

 

 

Una delle più belle e simpatiche tradizioni Telesine, che ha interessato certamente tutte le generazioni, è la cena con gli amici  “c’’a chitarra, ‘o mandulino e na cantatella a fronn’’e limone”.

 

Uno  dei maggiori protagonisti di questa consuetudine, è stato senza dubbio Biagio Monteforte, detto anche “il compare Biagio” per la sua abitudine di chiamare tutti “ compare “.

 

Con il suo carattere allegro e gioviale, Biagio teneva allegra la compagnia raccontando barzellette e storielle divertenti, ma soprattutto cantando  le sue allegre canzoni.

 

Il suo cavallo di battaglia era una vecchia canzone intitolata “Salomè”.

La cantava con grande maestria intercalando delle pernacchie ai versi della canzone, suscitando sempre l’iralità dei convenuti:

 

 

Salomè,

una rondine non fa primavera,

e di sera Salomè,

tutti i gatti sono bigi e tu lo sai,

ma perché?

Se un pochino di frù-frù,

qualche ninnolo o negré,

un bijou ti prenderai,

come allodola allo specchio,

ed allor Salomè, Salomè,

non c’è più la virtù.

Prrrrrrrrrrrrrrrr (pernacchia).

 

 

Modestamente, Biagio era anche  “na bona furchetta e riguardo ‘o

taffiatorio, comm’’a Totonno ‘e quagliarella, pur’’isso s’ha scurciava bona ‘a maneca, e addò ce steva ‘o meglio Aglianeca, ce steva sempe Biase”.

 

Persona di grande simpatia, a quei tempi  esercitava la sua professione di barbiere in un locale di Via Roma che faceva angolo “ c’’o vico ‘e Sabbatino ‘o niro”.

Questo locale fu testimone di parecchi storielle di cui Biagio fu protagonista.

 

 

Un giorno, nell’immediato dopoguerra,  nel salone entrò un signore distinto che, dopo essersi fatta la barba, chiese a Biagio se era interessato a guadagnare un po’ di soldi facendo un piccolo lavoretto.

 

- Di che si tratta? rispose Biagio.

 

- Si tratta di seppellire i soldati morti sparsi sul territorio, ribattè il signore.

 

- Giesù, come vi permettete ‘e dicere sti’ parole nfacci’’a me?, lo apostrofò  Biagio, molto irritato.

  M’avite pigliato pe’ nu muorto e  famme?

 

- Mi dovete scusare, ma non volevo offendervi….dopotutto si tratta di 500   

   lire a cadavere, si giustificò il signore.

 

- Cincuciento lire…’a faccia d’’o sasiccio….ho detto che ci vengo e…ci                                       

   vengo!, sentenziò Biagio.

 

 

 

 

Un altro giorno nel salone entrò un cittadino di S.Salvatore Telesino, paese col quale a quei tempi  esisteva una sottile rivalità dovuta alla disputa per la proprietà delle Terme, e si sedette per farsi la barba.

 

Biagio finse una improvvisa mancanza di acqua e, per insaponare la barba al signore, sputò sul pennello e quando stava per appoggiarglielo in faccia , questi gli prese la mano e alquanto contrariato esclamò:

 

- Aggiate pacienza, siccome songo furastiero, vuje ve permettite ‘e

   sputà ncopp’’o penniello?

 

Biagio lo guardò per un attimo e poi tomo-tomo rispose:

 

- Guardate che, proprio perché siete forestiero,  vi stiamo facendo un  

  trattamento di favore perché  “‘e cliente nuoste, ‘e sputammo  

  direttamente nfaccia!”

 

 

 

 

Tanti e tanti anni fa, “ dint’’o cinema ‘e Peppe Assini, chino chino comm’’a n’uovo” , durante l’intervallo tra il primo ed il secondo tempo, Biagio, che era seduto nelle prime file, si alzò e ad alta voce raccontò all’intera platea un  eclatante fatto di corna successo a Telese, dopodiché, con fare circospetto aggiunse:

 

- Però mi raccomando, che rimanga fra di noi!

 

 

 

 

L’ultimo aneddoto che vi voglio raccontare mi riguarda di persona ed accadde la notte di Natale di tanti anni fa.

 

Avevo trascorso tutta la nottata a giocare a carte con gli amici e dopo la mezzanotte, in concomitanza con l’uscita della Messa, mi ritirai a casa.

 

La serratura del portoncino d’ingresso era difettosa e nonostante ripetuti tentativi, non riuscii ad aprirla finché alla fine mi decisi a svegliare mio fratello, che si era già ritirato, lanciando delle pietruzze alla persiana della sua camera da letto.

 

Mio fratello, più grande di me di 6 anni, non digerì molto bene che io mi fossi ritirato dopo di lui, si affacciò al balcone visibilmente irritato e con fare minaccioso sbottò:

 

- Che bbuò!?

 

- Nun riesco ‘arapì ‘o purtone, vieneme ‘arapì tu, risposi timidamente.

 

E comm’’è che cu mme ‘o purtone s’’è apierto? Vò dicere che tu nunn’ ‘o saje arapì!…Adesso scendo e ti faccio vedere come si apre il portone.

 

Mio fratello scese scalzo, in mutande e cannottiera, e dopo aver aperto, per impartirmi una lezione di apertura di portone, lo richiuse.

E fu così che rimanemmo fuori tutt’’e due.

‘A nott’’e Natale, chius’’a fora scauzo, in mutande e cannottiera. Che ne parlamme a ffà”.

 

Per tamponare la situazione, diedi il mio cappotto a mio fratello; ma siccome lui è più grande di me anche fisicamente, “ ‘o cappotto lle jeva a meza maneca e ll’arrivava ncopp’’e denocchie.

 

Questa fu la scena che si presentò agli occhi del compare Biagio e della signora Nunziatina, sua moglie, i quali dopo aver ascoltato la S.Messa si incamminavano verso casa. A quei tempi Biagio  abitava “‘a stazzione dint’’o vico ‘e Cusimiello”.

 

Sul viso di Biagio Monteforte, dopo lo stupore iniziale ed una successiva curiosità, comparve il sorriso compiaciuto di chi aveva capito molto bene la situazione e rivolto a mio fratello esclamò:

 

- Compare Gino, he fatto dint’’a capa ‘e morte eh? Comm’era ‘o vvino, 

   janco o russo?.

 

-          Buon Natale!

-          Buon Natale anche a voi e famiglia!

 

In una notte di Natale di tanti anni fa, “ Biase ‘o barbiere “ non si fece sfuggire l’occasione per sfoderare una delle sue proverbiali battute; e mentre mio fratello continuava a trafficare con la chiave, la serratura ed il portone, io lo guardavo allontanarsi nel buio della notte, con passo lento e cadenzato, le mani dietro la schiena e la signora Annunziata al suo fianco.

 

Ed è  così che lo ricordo sempre.