23 agosto 2005
I ricordi ... Dint’’e Goccioloni
Riccardo Affinito

 

 

                                                  

Qualche tempo fa, su ViviTelese, Sergio Buttà ha pubblicato alcune foto, scattate nella famosa piscina telesina, che ritraevano alcuni giovani i quali hanno contribuito a scrivere la storia dei Goccioloni.

 

Quelle foto mi hanno riportato indietro di tanti anni…..I ricordi e le emozioni del tempo passato mi hanno spinto a scrivere una paginetta per raccontare come si svolgeva, più o meno, una mattinata in piscina.

 

E’ significativo che lo spunto sia arrivato da Sergio Buttà il quale, avendo  libero accesso a tutte le strutture termali,vi trascorreva una buona parte del suo tempo libero e, pertanto, rimane uno dei più autorevoli testimoni della “bella epoque”.

 


 

‘A piramide:

 

Una delle attività più spettacolari e pittoresche, era quella di costruire una piramide umana composta da 11 elementi: 5 formavano la base ed in genere venivano utilizzati i ragazzi più robusti come Tonino Tanzillo, Goffredo Macolino, mio fratello Gino, i fratelli Pescatore, Giovanni Di Mezza, Lucio Antinori ecc.; 3 elementi al primo settore composto da pesi medi, come Fausto Marchione, Alfonso Bosco, Vittore Pascucci, Sergio Buttà ecc.; 2 pesi leggeri al secondo settore come Lenuccio Candela, Gigino Cappelletti, Geppino Colangelo ecc. ed infine un ragazzo per fare la punta della piramide.

 

Questa fase di rifinitura era la più complicata ed anche la più pericolosa perché, considerando una altezza media di mt. 1,70, bisognava arrampicarsi, utilizzando la tecnica “coscie e spalle”, fino ad una altezza di 5 mt.;  in genere i sacrificati per arrampicarsi in cima a fare la punta della piramide eravamo io, Pasquale Viola e Gianfranco Ciabrelli.

 

Però che soddisfazione quando la cosa riusciva!

 


 

 

‘O tuffo ‘a copp’’a seggia:

 

Questa pratica fu introdotta da un abilissimo tuffatore di nome Lucio Giuliani, un giovane di Napoli che trascorreva spesso le vacanze a Telese, che compare proprio in una delle foto pubblicate da Sergio.

 

Noi ragazzi normalmente ci tuffavamo dal pavimento della piscina finché un bel giorno Lucio,  prese una sedia dalla cabina, ci montò sopra e rivolgendosi ad uno che gli stava vicino strillò:

 

-         Mantiene sta seggia!…e se vuttaje.

 

Che stile ragazzi! Era un bel vedere.

 

Naturalmente dopo di lui, cominciammo anche noi a tuffarci dalla sedia ma, quando eravamo diventati abbastanza pratici, Lucio mise due sedie una sopra all’altra e rivolgendosi a quelli che gli stavano vicino strillò:

 

- Mantenite sti seggie!….e se vuttaje. E nuje sempe appriesso a isso.

 

La competizione andava avanti e presto le sedie diventarono tre; ma un giorno Pasquale Viola e Gianfranco Ciabrelli  scrissero la parola “fine” perché

“ se vuttajeno direttamente d’’o finestrone. Che ne parlammo a fa!?”

 


 

 

‘A schizzata generale:

 

 

I fratelli Pescatore, Nazzareno e Lillino, erano ospiti fissi della piscina. “ Se spaparanzavano ‘o sole “ e  se qualcuno, malauguratamente, nel fare un tuffo li schizzava appena appena, erano “mpicci”.

 

Quando però erano soddisfatti della tintarella, si alzavano e ci mandavano segni di intesa cosicché, “a ntrasatte”, ci buttavamo in acqua tutti insieme e sbattevamo le braccia  e le gambe in modo da indirizzare gli schizzi verso quelli che stavano beatamente al sole.

 

“ Ato ch’‘e cascate d’’o Niagara! Era ‘o diluvio universale! Ll’acqua arrivava nzino a ncopp’’o terrazzo. Se scatenava nu fuje-fuje ggenerale, nu votta-votta complessivo ch’’a gente nun sapeva cchiù addò correre! Tanno ferneva ‘a festa,  quanno tutt’’e bagnante erano nfusi comm’’a pucini.

 

Poco dopo arrivava puntualmente il bagnino ma, naturalmente, nessuno sapeva e nessuno aveva visto niente.

 


 

 

‘Ammore int’’e cabbine:

 

 

Non c’è alcun dubbio che l’attività principe, la più desiderata e la più ricercata, era quella di conoscere una ragazza e tentare di amoreggiare con lei nelle cabine.

Per molti di noi, la stagione dei primi amori è legata in maniera indissolubile ai Goccioloni.

 

Una volta conosciuta una ragazza ed averla debitamente corteggiata, quando i tempi sembravano maturi, l’approccio per condurla in cabina era un classico della gioventù telesina e veniva tramandato dai più grandi ai più piccoli attraverso un corso specifico.

 

Tutto cominciava così: ci si buttava in acqua a testa in giù e quando si usciva, naturalmente con i capelli bagnati ed arruffati, sfoderando la più grande ingenuità possibile, si chiedeva alla ragazza:

 

- Scusa, che per caso hai un pettine? Il mio l’ho dimenticato a casa.

- Si, ce l’ho in cabina, adesso  lo vado a prendere.

 

“ E lloco te voglio!!” Lei andava avanti e noi dietro; entravamo in cabina insieme  senza che  lei se ne rendesse conto ed una volta dentro,  con un colpo di tacco chiudevamo la porta e:

 

“Ce vuttavamo ncuollo, a chello che vene vene e, comme và a fernì, s’arracconta!”

 

Per quanto mi riguarda, io fui iniziato a questa pratica da mio fratello Gino, grande mattatore delle estati telesine, il quale, per ragione di parentela, andò ben oltre il corso e  mi chiuse letteralmente dentro la cabina con una ragazza indirizzandomi, prima di chiudere la porta, il seguente avvertimento:

 

- Si jesce a ccà dinto  senza fà niente, t’abbotto ‘e mazzate!

 

Del resto la stessa cosa avveniva sulle piste da ballo, con la variante che anziché chiedere il pettine,  chiedevamo alle ragazze di venire a vedere le luci psichedeliche sul viale del Cerro.

 


 

 

Queste erano più o meno le cose che accadevano negli anni ruggenti, “quanno Berta filava”, e queste  ed altre cose mi hanno ispirato il ritornello finale dell’Inno a Telese:

 

Sarrà pecch’’è ‘o paese addò sì nato,

Sarrà p’’o vaso d’’a primma nnammurata,

Sarrà pe’ nu ricordo d’’a primma giuventù,

ma ll’ammore pe’ Telese,

si te piglia, nun te lassa cchiù.

 

 

 

 

 

Allego una foto fornitami da mio fratello e che ritrae alcuni dei giovani leoni della piscina telesina:

 

Dal primo in alto a sx: Alfonso Bosco, Mimmo Follo, Gino Affinito, Lenuccio Candela. Seduti: Fausto Marchioni e Goffredo Macolino.

 

 

Ringrazio il mio amico Sergio Buttà per la collaborazione.

 

     

La pagina dei ricordi di Riccardo Affinito


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