Nunziello, “o mast’’e festa”  - 17-05-03 - Riccardo Affinito

 

 Forse non tutti ricordano che il primo complesso musicale,

“ ‘o cuncertino”, fu creato da Sgueglia Nunzio, detto “Nunziello” e da Aniello Tizzano, detto “Onn’Aniello”, verso la fine degli anni quaranta.

Il complesso era formato da quattro suonatori ed un cantante, che spesso era quel Ferdinando Sciarra di cui vi ho parlato all’inizio dei miei racconti. I suonatori erano Onn’Aniello che suonava il mandolino, Nunziello che suonava la batteria che lui chiamava, napoletanamente, “ ‘o iazz “, e due persone di cui non ricordo i nomi, che suonavano la fisarmonica e la chitarra.

“’O cuncertino” veniva chiamato per allietare le feste rionali, i festeggiamenti che seguivano i matrimoni, ma anche i fidanzamenti ufficiali, le cresime e i battesimi.

Nunziello era un cosiddetto “sfollato”; si era rifugiato a Telese a seguito dei bombaramenti a Napoli stabilendosi nelle proprietà Pasquarelli, una camera al piano terra, nella quale dimorava ed esercitava la professione di “scarparo”.

Molto devoto a S. Antonio da Padova, aveva ricavato una nicchia nel muro prospiciente la sua abitazione e vi aveva deposto una statuetta che raffigurava il Santo, in onore del quale organizzava, il 13 giugno di ogni anno, una festa rionale.

Siamo nella seconda metà degli anni 40, eppure nella mia mente i ricordi di quella festa sono freschi e nitidi come se fossero accaduti poco tempo fa e sono piacevoli anche perché i festeggiamenti coincidevano con la chiusura delle scuole.

La festa cominciava alle ore 7,00 della mattina con qualche fuoco d’artificio sia a terra (batteria) che in aria e subito dopo Don Mario celebrava la S.Messa all’aperto, proprio davanti la statuetta di S. Antonio, ove veniva allestito un altare di circostanza.

Appena finiva la S.Messa, cominciavano i preparativi per la costruzione del palco, che Nunziello chiamava “palcoscenico”, adoperando fusti di olio o di benzina da lt.200 per formare la base d’appoggio sulla quale venivano poggiate le tavole.

Dopodiché il palco veniva rivestito di foglie di platano che servivano, oltre che a coprire i lati, anche come ornamento.

Sul palco così realizzato, la sera si esibivano cantanti e macchiettisti che Nunziello reclutava a Napoli, “tutta rrobba sciué-sciué”, le cui presentazioni erano precedute da frasi del genere:

- signore e signori, appena di ritorno da una tournée in Brasile, Messico e Argentina, ecco a voi……

- signore e signori, ha recentemente cantato alla presenza del Sultano D’Arabia e stasera è venuto a Telese nietedimeno che…..

In realtà erano modesti lavoratori dello spettacolo che si guadagnavano

“ ’a fell’’e pane”, anche se spesso in mezzo a loro c’erano artisti di talento, ma che al massimo erano arrivati a “ Campagnano”.

Le giostre si sistemavano “ncopp’o lavuozzo” e le bancarelle tipiche delle feste patronali si sistemavano sui marciapiedi partendo dal quadrivio fino al ponte del torrente Seneta.

Di sera, percorrendo il viale in mezzo alle bancarelle, ci si incontrava per ammirare lo spettacolo straordinario di luci che illuminavano i rami intrecciati dei platani e per ascoltare le grida dei venditori che recitavano più o meno così:

- magnateve allesse, ca chi s’è magna nun è fesso!

Quello che faceva il gioco delle tre carte e della fune strillava:

- chi guarda coll’occhio, acchiapp’ ‘e capocchie!

E ancora:

- ‘e mellune chin’’e fuoco, mulignane, puparuole!

- ‘o spasso, ‘o spasso, accattateve ‘o spasso!

- ‘a furtuna, ‘a furtuna, signò, jucateve a futruna!

- ‘e castagne…ogne nzerta ciente lire…e chill’amico sempe dorme!

Alla fine della festa, la classica chiusura dei festeggiamenti con i fuochi pirotecnici che si sparavano “ ncopp’’a Seneta, aret’’o vico d’’e Cenzune”.

E alla fine del mio racconto, un caro saluto a Nunziello nel suo classico modo:

Nunzié…, jammo avanti!!