‘A
vigilia ‘e S.Michele
Ripercorrendo i ricordi della mia infanzia, mi è
tornato alla mente questo originale rito
religioso che si celebrava il 7 di maggio di
ogni anno nel mio quartiere, “annanze addó
Sant’Antuniello”. Le organizzatrici erano
zi’ Angelamaria e Luisella. Eravamo negli anni
50.
Zì
Angelamaria era la madre di Antonio Tammaro ed
abitava “ncopp’’a Seneta” nelle proprietà
di mia moglie Angelarosa.La ricordo come una
donna energica e risoluta, dotata di grande fede
cristiana che cercava di trasmetterci riunendoci
nella sua casa ed insegnandoci canti e preghiere
religiose.
Luisella, anche lei dotata di grande fede, era
una donna buona ed onesta dall’atteggiamento
umile e mite, che viveva da sola “ ncopp’’a
Seneta”, nelle proprietà di “zì Pascalino
‘americano”, e si procurava da vivere
facendo i lavori più disparati anche se la sua
occupazione pravalente era quella di lavandaia.
Il
rito iniziava verso le ore 20,00, dopo la
chiusura vespertina dei negozi, con l’accensione
di un grande fuoco. Una volta che il fuoco era
avviato, si ritornava in casa per cenare e dopo
circa un’oretta si ritornava fuori, quando il
fuoco era al massimo.
Alla costruzione del fuoco, che per le sue
dimensioni “era na’cosa seria”,
partecipavano tutti gli abitanti del quartiere,
ognuno con i prodotti più tipici della propria
professione: tavole da imballaggio, fascine di
legno, pigne secche, “seggie vecchie” ecc.,
anche se il contributo decisivo lo dava mio
zio Gigino, che gestendo un forno a legna aveva
sempre a disposizione una scorta di legna in
quantità industriale.
Si disponevano intorno ad esso 12
sedie in forma circolare, che rappresentavano
le 12 stelle che adornano la corona che cinge il
capo della Madonna, e su di esse prendevono
posto le signore più “rappresentative” del
quartiere. Gli altri, “tutt’allerta”.
I
ragazzi e le donne più giovani si disponevano a
circolo dietro le sedie, ma a debita distanza,
in modo che apparisse chiaro che le attrici
della manifestazione erano le 12 donne che
siedevano intorno al fuoco.
La
posizione più comica l’assumevano gli uomini
adulti del quartiere, i quali, per evidenti
ragioni di pace familiare, partecipavano al
rito, ma con un atteggiamanto un po’ defilato,
facendo finta di stare lì per caso: in pratica
“ se mettevano scuorno”. Erano altri
tempi. Non c’è dubbio che oggi la cosa fa un po’
sorridere.
La
manifestazione aveva un grande effetto scenico:
un grande fuoco al centro e tutt’intorno un
circolo di persone in preghiera, dava
l’impressione di una famiglia riunita intorno al
focolare, solo che questa volta la famiglia era
rappresentata da tutto il quartiere.
Una volta esauriti i preliminari, si entrava nel
vivo della cerimonia e zì Angelamaria iniziava
la recita delle preghiere cominciando da quelle
più conosciute per passare successivamente a
quelle più tipiche della cerimonia:
E
12 son le stelle,
Maria s’incorona,
è
scesa dal trono,
e
in cielo se ne va.
Evviva Maria,
Maria evviva,
evviva Maria,
e
Chi la creò.
Alla fine di ogni filastrocca le stelle
diminuivano di una unità, passando a 11, a 10
ecc. e la preghiera si esauriva quando la stella
diventava una sola.
Dopodiché, come atto finale della festa, si
recitava questa preghiera in onore di S. Michele
Dei martiri del cielo,
Iddio Michele onora,
lodato in terra ancora,
il
nome Tuo sarà.
Evviva S.Michele,
l’Angelo più possente,
su
Telese e sulla gente,
S.Michele veglierà.
Queste cose, insieme a tante altre che ho già
scritto, me le ha raccontate mia madre dal
letto della clinica ove era degente, qualche
giorno prima della sua scomparsa.
Benché il sua fisico non reggesse più al peso
degli anni, aveva comunque conservato una mente
vigile e lucida, che le permettevano di
ricordare le persone ed i fatti nei minimi
particolari.
Con lei se n’è andata uno dei più autorevoli
testimoni di quegli anni.
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