Zi’ Carmeniello ‘o barbiere - 28-07-04 - Riccardo Affinito

 

 

                                          Zi Carmeniello ‘o barbiere

 

Si chiamava Carmine Romano e, insieme a Totonno Di Matteo, detto “ Totonno ‘o barbiere”, è stato il capostipite dei barbieri telesini. Infatti  tutti  “jeveno ‘o masto addò zi’ Carmeniello”.

 

Non ricordo dove abitasse, ma ricordo che esercitava la sua professione

“ ncopp’’e putechelle, “ in un locale situato proprio dirimpetto al campo di bocce  “Scialone”.

 

Indossava quasi sempre una giacca scura,  era piccolo di statura ed aveva i capelli completamente bianchi.

 

Come altri personaggi di cui vi ho parlato, anche “ zi’ Carmeniello “ aveva una naturale vocazione al gioco delle carte ed in particolare “ p’’a scupetta a mano a mano”; e quando trovava  “nu pullastriello“, per incoraggiarlo a giocare sempre con lui, pronunciava la storica frase:

 

-         Ah, ma voi giocate bene!! 

 

“ Ma po’ vinceva semp’isso “.

 

Era anche incline alla cenetta con gli amici, e “ quanno magnava, magnava overamente”. E a questo proposito, vi voglio raccontare un aneddoto successo tanti anni fa, proprio nel corso di una cena tra amici.

 

Dopo vari antipasti e primi piatti, avevano servito del pollo; mio padre, che sedeva proprio vicino a lui, notò “s’era magnato uosso e tutto“ ed allora, fingendo un tono serio gli chiese:

 

-         Don Carmine, ma gli ossi li avete dati al cane?

-         Ma quale cane e cane!? E che ffà,  j’ rummanevo diuno?

 

L’altra grande prerogativa di questo personaggio, è che cantava e suonava l’organo nella vecchia chiesa. La sua voce ed il suo personalissimo modo di cantare sono scolpiti nella mia mente in maniera indelebile. Aveva una voce grave, un po’ quequere, che sembrava uscisse dal naso, e quando cantava

 “ ‘o diasille “, anche se eravamo ragazzini, capivamo subito che la faccenda era seria,  ineludibile,  definitiva:

 

“ ‘E diasille ‘e zi’ Carmeniello, te facevano passà a voglia ‘e murì!”

 

Appena entrati nella vecchia chiesa, sulla destra, c’era una scalinata stretta che conduceva ad un ballatoio sul quale era situato un vecchissimo organo a mantice; per l’esattezza due mantici.

 

Capirete che “‘o pover’ommo” per poter esercitare la sua professione di suonatore, aveva bisogno di due persone  “ ca tiraveno ‘e mantece” e non era facile recuperarli perché, ve lo dice uno che i mantici li ha tirati, “ se faticava assaje!”.

 

E succedeva così che nel bel mezzo di una messa cantata, “ all’intrasatte ce ne fujevemo e ‘o lassavemo senza sciato. Allora zi’ Carmeniello ce curreva appriesso alluccanno :

 

-         Dove andate?, tornate qui, fetentoni, delinquenti, quando vedo a vostro padre vi sistemo io, ecc. ecc.”

 

In realtà non ci acchiappava e la Messa finiva “ meza cantata e meza no”.

 

Eppure quanta nostalgia per quell’organo a mantice, un passaggio obbligato dell’essere telesini! Io credo che quasi tutti i nati negli anni 30 e quaranta abbiano tirato, almeno una volta, “ ‘e mantece a zi’ Carmeniello ‘o barbiere”. 

 


 

 

Ho letto tempo fa su ViviTelese un articolo sulla telesinità scritto da Gino Di Vico.

Non so se questo Gino Di Vico è lo stesso ragazzino che ho conosciuto, figlio di un mio caro amico di nome Vincenzo, ma in ogni caso ha scritto delle cose molto interessanti che condivido pienamente.

Ebbene sì, la telesinità esiste ed io ne sono stato irrimediabilmente contagiato.

 

Tuttavia non tutti la vivono alla stessa maniera, tant’è vero che io conosco molti telesini miei coetani, che hanno vissuto a Telese nel mio stesso periodo ed hanno fatto, più o meno, le mie stesse esperienze, che percepiscono questa appartenenza in maniera completamente diversa, molto più “soft”.

Non hanno contratto la malattia!

 

Dunque io credo che la telesinità sia un fatto soggettivo basato sui sentimenti, ed ognuno la vive a modo proprio.

 

Ma se proprio volessimo considerarla, per un attimo, come un fatto oggettivo e legarla a luoghi o esperienze specifiche, tanto per divertirci un po’, allora il racconto che ho scritto mi suggerisce una prima prerogativa per essere considerati

                                            

                                                  “ TELESINI DOC “:

 

-         Per essere “ TELESINI DOC”  bisogna aver tirato, almeno una volta nella vita, “ ‘e mantece a zi’ Carmeniello ‘o barbiere ”.

 

Naturalmente l’argomento è aperto e mi piacerebbe leggere altri interventi che indichino altre prerogative, anche più recenti: vediamo se riusciamo a creare  

                            

                        “ IL DECALOGO DEL TELESINO DOC ”.

 

Ringrazio Giovanni Ceniccola per la sua amichevole collaborazione.