20 agosto 2007
Telese, aneddoti di Riccardo Affinito
Riccardo Affinito

 

 

L’episodio che vi racconto è accaduto nelle Terme di Telese,

dint’’e Goccioloni”, verso la fine degli anni 50.

 

Ero in compagnia del mio amico Franco D’Angicco, al secolo Frank, e stavamo spaparanzati al sole, ma con l’occhio sempre vigile a scrutare quello che succedeva intorno a noi.

 

In particolare osservavamo una ragazza: avera più o meno la nostra età e indossava un costume intero di lanetta peraltro in disuso in quei tempi.

 

Prima di proseguire nel racconto, per poter meglio far comprendere quello che successe in seguito, è necessario precisare che il fondo della piscina Goccioloni è composto da sassi sferici levigati, per consentire all’acqua di sorgere. Col tempo, benché a quei tempi la piscina venisse pulita accuratamente, sui sassi si depositava un po di mamma d’acqua che li rendeva scivolosi.

 

All’intrasatte la ragazza si alzò e si tuffò in acqua, dando, come si dice in gergo, na’ bella panzata. Nuotando, restò con la testa sotto finché riuscì a resistere. Quando tentò di riemergere, scivolò e andò con la testa sotto un’altra volta.

 

Presa dal panico, tentava continuamente di riemergere ma continuava a scivolare e a finire sott’acqua. Un po allarmato il mio amico mi disse : Vuó vedé ca chesta anneja dint’’a mmiezu metro ‘e acqua? E così ci tuffammo per andarle in soccorso.

 

Il fatto è che a causa di quel continuo entrare e uscire dall’acqua, le si era abbassata una spallina del  costume e, in pratica, ll’era asciuta na’ zizza ‘a fore.

 

Quando la raggiungemmo lei era completamente in preda al panico e, la prima cosa che fece, gettò le braccia attorno al collo di Franco avvinghiandosi con le gambe attorno alla sua vita.In questa maniera, per una semplice ragione anatomica, la parte scoperta della ragazza venne a trovarsi sulla faccia del mio amico.

 

E’ incredibile come anche in momenti difficili, la mente va per conto suo e, a quella età, sempre da una parte. Sarà che in realtà non avevo mai pensato che quella ragazza potesse veramente affogare dint’’e Goccioloni, fatto sta che la prima cosa che  pensai fu:

 

- Pecché nun songo arrivato primm’io, accussì sta’ sciorta m’attuccava a mme!?

 

 

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Anche questo episodio avvenne più o meno nello stesso periodo.

 

 Ritornavo dalle Terme percorrendo Via Marcarelli, oggi Via Cristoforo Colombo. Qualche metro più avanti, camminava un ragazzo che conoscevo, di un paio d’anni più grande di me, del quale non ricordo il nome.

 

Nel frattempo sopraggiunse un altro ragazzo su una bicicletta, un bell’imbusto che appena riconobbe chi mi camminava davanti, si catapultò dalla bicicletta e raggiuntolo, cominciò a picchiarlo a tutto spiano. Pare che tra i due ci fosse un problema di donne.

 

Per descrivere al meglio la scena che  si sviluppò, ho preso in prestito una strofa de - Lo Guarracino -  una canzone anonima napoletana del 1768:

 

<Tu mme lieve la nnammorata,

e pigliatella sta mazziata>

Tuffete e taffete a miliune,

lle deva paccare a secazzune,

schiaffe, ponie e perepesse,

scoppolune, fecozze e connesse,

scerevecchiune e sicutennosse,

e l’ammacca osse e pilosse.

 

Corsi in soccorso del malcapitato e, dopo breve colluttazione, riuscii a sottrarlo dalle grinfie dell’assalitore il quale, rimontò sulla bicicletta e allontanandosi gli strillò:

 

-         E chesto è niente, ‘e vedé quanno t’acchiappo!!

 

                                 

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Mentre ce stavamo facevamo nu’ tressettiello annanz’’o bar ‘e  Clevenice, passò dentro una  FIAT 1100 un signore di Cerreto che, di professione, faceva il trasportatore.

 

Lo conoscevo perché a quei tempi lavoravo presso una ditta di Cerreto Sannita che produceva laterizi e quella persona, insieme al fratello, si occupava dell’approvvigionamento del carbone che serviva per cuocere i laterizi.

 

Alti ambedue oltre il metro e ottanta, avevano una stazza che incuteva timore solo a guardarli.

 

All’improvviso sopraggiunse l’unico taxi di Telese, (dopo lo storico taxi FIAT 1400 Diesel ‘e Ntonio Monti) che bloccò la 1100 del trasportatore Cerretese mettendoglisi davanti di traverso.

 

Si catapultò dal taxi e si avventò contro il 1100 gridando:

 

-         Arape nu’ poco stu’ finestrino, ca t’aggia parlà nu’ poco!

 

Appena quest’ultimo l’ebbe tirato giù,  abbiaje a  lle vuttà cazzotti addó coglio-coglio pè dint’’o finestrino. Sorpreso e incuriosito, quel signore ‘o guardava ‘a capa a piede e ‘a  piede a capa e mentre s’’o squadrava,  sembrava pensare quella famosa frase del grande Totò:

 

-         I’ penzavo tra me e mme, chi sa questo stupido dove vuole arrivare? –

 

Dopodiché, diede una spallatina allo sportello della sua auto e uscì, non senza fatica data la sua mole. Mani ai fianchi si parò davanti al proprietario del taxi che era sicco-sicco comm’’a nu’ chiuovo e àuto massimo nu metre e cinquantacinque. Parevano Davide  contro ‘o gigante Golìa.

 

-         I’ penzavo: Mamma d’’o Carmine, chisto mó lle chiava nu’ par’’e cazzotti ncapa e  ‘o  ‘ncasa  sano-sano  dint’’asfalto! -

 

E invece l’autista di Cerreto, dopo avergli dato un’ultima occhiata indagatrice, sconsolato gli chiese:

 

-         Dimme na’ cosa… i’ mó… secondo te… addó  t’avessa vàttere!? –

 

 

                               

 

     

Il Cantastorie  Riccardo Affinito


Per intervenire: invia@vivitelese.it