22 novembre 2005
Marano, annullata la targa per Nassiriya
Fulvio Del Deo

 

 

 
E ora leggiamo cos'altro ha fatto, l'illustre signore.
 (da Il Mattino del 20/11/05)
 
DALL’INVIATO ENZO CIACCIO
Marano. «Il mio primo atto, quando sono rientrato nelle funzioni di sindaco, è stato quello di annullare la delibera con cui il commissario prefettizio intitolava una strada di Marano ai martiri di Nassiriya. Ho annullato quella delibera perchè per me non esistono martiri a pagamento. Quella gente non doveva morire, ma i martiri non sono loro, che erano lì a pagamento: martire è Yasser Arafat, che si è sacrificato per il popolo palestinese. Perciò gli dedichiamo una strada». Parola - ed è un peccato, davvero - di Mauro Bertini, sindaco di Marano. Parola che nessuno contesta, in quest’aula rigonfia di democrazia che non si accorge di recare offesa al sacrificio di dodici giovani carabinieri (e ai soldati, e ai civili) e ad alta voce invoca il diritto «a essere forsennatamente di parte». Sala affollata, per l’occasione. Spuntano in tanti, con la kefiah addosso. Decine di bandiere palestinesi nel vento assai freddo, che buca le guance e raggela pure qualche idea. Le gigantografie di Yasser troneggiano a grandezza semi-naturale. Mattinata di mobilitazione. L’equidistanza? È un principio da rinnegare. Sebbene tante siano le strade pure se si sceglie di «essere di parte». Ma oggi è il Grande Giorno: si inaugura via Arafat. Finalmente. Doveva esserci anche il vicepresidente del parlamento israeliano, Mohammed Barakeh. Invece non c’è. Doveva esserci almeno qualcuno che rappresentasse Israele. Invece non c’è. In compenso, c’è Fadwa Barghouti, moglie di Marwan, il leader palestinese in carcere in Israele con quattro ergastoli più quarant’anni di prigione. E c’è l’ambasciatore dell’Autorità palestinese in Italia. E c’è - ieratico e appassionato - il vescovo di Gerusalemme, monsignor Cappuccini. E ci sono profughi e leaders delle comunità palestinesi. E ci sono dirigenti di Rifondazione e dei Comunisti italiani. Non c’è Israele. Non c’è. E non c’è nemmeno la gente di Marano. Che invece appare lontana. E distratta. E assente. Nè si vedono i ragazzi delle scuole, tranne qualche drappello già militante per conto suo. Per una vera presenza dei giovani, si spera nel pomeriggio: dalle ore 16 e fino a sera sono previsti Almamegretta e 24 Grana, Daniele Sepe e Marco Zurzolo. Mauro Bertini, sindaco di Marano, chiede se, al momento dell’inaugurazione, sarà possibile improvvisare «una bella rullata di tamburi»: «Altrimenti - fa notare allarmato - quando scopriremo la targa ci sarà troppo silenzio tutt’intorno». Poco più in là, il presidente dei partigiani saluta l’assessore napoletano Raffaele Tecce: «Anche noi siamo ex combattenti - protesta garbato e sottovoce - perchè allora non ci viene mai concesso di viaggiare gratis sugli autobus?». Comincia il dibattito. Ma è a senso unico. Un senso legittimo, che sposa la sofferenza palestinese e fa ben affiorare i contorni di una tragedia orribile e senza fine. Si ricordano gli ottomila prigionieri palestinesi rinchiusi nelle carceri di Tel Aviv. Si annuncia la costituzione di un comitato per la loro liberazione. Il vescovo di Gerusalemme grida commosso parole eque: «I palestinesi sono miei figli. E anche gli ebrei sono miei figli. Da combattere non è l’ebraismo ma la piaga orrenda del sionismo che invade, tortura e uccide». Alle pareti, i maxi-pannelli ricordano le stragi da non dimenticare. Un nome su tutti: Sabra e Chatila. Peccato che nemmeno una briciola di umana pietà venga spesa per i ragazzi israeliani morti ammazzati nelle discoteche del sabato sera. Nè per le massaie israeliane trucidate nei mercatini all’ora della spesa. Di contro, il sindaco Bertini definisce «martiri a pagamento» i caduti di Nassiriya. E poi se la prende col prefetto di Napoli, Renato Profili, reo di avergli spedito di recente due lettere in cui ricorda che, per intitolare una strada a un personaggio, occorre che siano trascorsi almeno dieci anni dalla sua morte. Dice Bertini: «Sono tanto impressionato dall’invito del prefetto che oggi gli rispondo inaugurando via Arafat. Lui farebbe meglio a pensare ai suoi problemi». In serata il vento cresce. Si decide di rimuovere la grande targa, perchè vacilla e sta per volar via. Verrà rimessa lunedì. Vento permettendo.

 
 
Per concludere, propongo una statua che piacerebbe al singor Bertini.

 


 
Un giorno scriverò su "ViviMarano" quel che penso della vicenda riguardante la strada che avrebbe dovuto essere intitolata ai morti di Nassiriya.
A "ViviTelese" mi permetto di scrivere che la "statua" di Arafat proposta dal Signor Del Deo è una vergogna!
 
Grazie per l'attenzione
Gianluca Serafini (Telese Terme)
 

 
Da parte di Fulvio Del Deo:
 
La statua raffigurata nel fotomontaggio in alto non è una mia creazione, me l'ha spedita una gentile signora di Torino che ha letto il mio precedente intervento in cui citavo le "frasi poetiche" di Arafat. Io ho trovato giusto premiare la sua creatività proponendola ai lettori di ViviTelese.

Se il signor Serafini trova una vergogna il fotomontaggio da me inviato, probabilmente condividerà l'operato del sindaco di Marano. Ciò vuol dire che ha una visione del mondo e della realtà molto diversa dalla mia. Essendo egli impegnato in politica, farebbe bene a cercare di capire le persone che lo circondano, per andare incontro ai loro bisogni e ai loro ideali, anziché (come fa il suo collega maranese) per cercare d'imporre con la prepotenza e l'arroganza la propria "verità unica".

So bene che in certi ambienti esistono persone che vivono di miti inviolabilii, ma ciò non vuol dire che le persone pensanti debbano sacrificare la propria libertà di parola per assecondare il capriccio di costoro (vedi l'intervento di Aceto che chiedeva al web-master di censurarmi, di tapparmi la bocca: http://www.vivitelese.it/archivio%202005/osservatore/Aceto.htm).

Purtroppo constato con dolore che in questo Paese, nonostante siano passati 67 anni dalla promulgazione delle leggi razziali fasciste, continua a essere ancora difficile essere Ebrei, nonché amici degli Ebrei. Ed è triste vedere che stavolta chi ci vuole male non indossa la camicia nera, bensì pretende di indossare quegli ideali di socialismo che purtroppo non lo vestono bene perché sono di taglia troppo grande.

 

Mazal tov ushalom

 

 
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