Molti pensano che per essere contro il
TAV sia necessario essere Valsusini...
sbagliato! Ad esempio in Val Ceronda,
una zona poco conosciuta (Valdellatorre
località Brione) verrà posizionato
l'inizio del tunnel, con tutto quello
che ne consegue (montagne di detriti,
migliaia di camion, pulviscolo
pericoloso etc..).
Magari, Voi che state leggendo questa
pagina, possedete una casetta in Valle
di Susa oppure abitate semplicemente a
Torino dove il pulviscolo inquinante (si
legge anche amianto...) potrebbe
ricadere.
Oppure siete affezionati al lago del
Moncenisio che probabilmente sparirà
utilizzato per smaltire le scorie...
Oppure sapete che, in previsione del
passaggio dell'Italia all'energia
nucleare, a suo tempo vennero
individuate le risorse d'uranio
necessarie nel massiccio dell'Ambin.
Oppure sapete che la percentuale di
malattie tumorali in Valle di Susa è già
ampiamente sopra la media nazionale.
Oppure Vi ricordate semplicemente di
quante montagnole di detriti sono
rimaste dopo lo scavo delle gallerie
dell'Autostrada.
Oppure sapete che la Valle di Susa,
larga appena un chilometro e mezzo,
attraversata dalla Dora Riparia, unisce
l'Italia all'Europa per mezzo
dell'Autostrada del Frejus con relativo
tunnel, della Ferrovia internazionale a
doppio binario anche qui con relativo
tunnel, e delle Statali 25 del
Moncenisio e la 24 del Monginevro che
scavalcano le Alpi coi propri colli.
Oppure credete semplicemente che fra 20
anni il TAV potrebbe essere un'opera
ormai inutile.
Oppure sapete che il Gottardo aprirà il
suo tunnel molto prima, e quindi il
traf.co merci si stabilirà lì.
Oppure sapete che il preventivo, in
attesa di adeguamenti, si aggira sui 16
miliardi di euro (30 mila miliardi di
vecchie lire...) per 20 anni di lavori
con 500 camion impegnati giornalmente,
contro il miliardo previsto per il
potenziamento della linea attuale (stime
Ferrovie italiane e francesi).
Oppure sapete che la società che
progetterà i complessivi 200 km di
gallerie è la Rocksoil di proprietà
della famiglia del ministro Lunardi.
Oppure sapete che, attualmente, il
trasporto merci sulla tratta
internazionale è utilizzato solo al 38%
della sua potenzialità mentre sono state
soppresse quasi tutte le corse
giornaliere del TGV per scarsità di
richiesta da parte dei passeggeri.
Oppure sapete che lo scavo che si vuole
intraprendere a Venaus non è un
carotaggio, bensì una struttura di
supporto lunga 10 km e larga 6 metri.
Oppure sapete che il vicequestore Sanna,
guidando l'attacco notturno del migliaio
di poliziotti in assetto di guerra
contro un'ottantina di persone di tutte
le età acccampate al freddo per
difendere la salute ed il diritto,
spronava i suoi uomini (sotto effetto di
sostanze eccitanti) al grido di:
"Uccidilo, uccidilo!". E, dopo
l'occupazione militare del territorio,
non venne permesso alle ambulanze di
soccorrere i feriti, ma gli stessi
furono soccorsi dai barellieri a piedi.
Indegnità mai commessa nemmeno nelle più
truci battaglie.
Come vedete i motivi per essere contro
il TAV sono molti.
Bebbe Grillo
«Ho sbattuto contro un muro
di gomma»
ROMA - «La mia relazione sulle
infiltrazioni della camorra nella Tav fu
discussa in Commissione tra il '95 e il
'96, ma fu osteggiata da tutti i 'soloni'
dell'Antimafia, da Violante a Bargone,
ad Ayala. Ma anche An avanzò molte
riserve, perché non si sarebbero
prodotte prove sufficienti per certe
denunce... Feci presente che tutto
nasceva da un rapporto dello Sco e che
noi non dovevamo processare nessuno, ma
in conclusione la relazione non fu mai
votata. Non si volle votare.» Ferdinando
Imposimato riassume così la situazione
in Commissione parlamentare antimafia,
sul finire della passata legislatura. Il
muro di gomma sull'Alta velocità,
insomma, a suo giudizio, fu subito
alzato in Parlamento. Ma fu solo
silenzio o ci fu dell'altro? «Non c'è
dubbio che muro di gomma ci fu, ma anche
dell'altro. Cominciarono ad arrivare
gravi minacce nei mei confronti, quando
la procura di Napoli prese a richiedere
ed ottenere l'arresto di molti titolari
delle ditte che io avevo indicato nella
mia relazione come infiltrate dalla
camorra. Arrivavano, insomma, le
conferme con i mandati di cattura
spiccati a Napoli, sulla base delle
dichiarazioni di alcuni 'pentiti' del
calibro di Pasquale Galasso e Carmine
Alfieri. E di molti altri». Di quali
ditte si trattava? «Erano stranamente le
stesse che erano state interessate alla
ricostruzione del dopoterremoto nell'Irpinia,
su cui aveva indagato la commissione
Scalfaro, e avevano poi lavorato alla
autostrada Roma-Napoli. Era da qui, dai
lavori della terza corsia dell'A1, che
mi ero interessato delle infiltrazioni
della camorra nei grandi appalti
pubblici. Poi, scopersi anche che dietro
imprese apparentemente sane c'era
ugualmente la camorra, che le acquistava
quando erano in fase di decozione, di
prefallimento insomma, e se ne serviva
come schermo per coprire relazioni
sporche. Tutto questo descrissi in una
prima relazione, affidando poi
l'approfondimento dell'inchiesta alla
Polizia, allo Sco diretto allora da Rino
Monaco». Poi, la sua relazione che fu
osteggiata e non votata. Scaduta la
legislatura e ricoperta dalla polvere,
però, le indagini di Napoli confermano
la sua relazione e allora il Parlamento
la rispolvera... «No, restò lettera
morta. E io dovetti in pratica darmi per
vinto. Avevamo denunciato non solo le
irregolarità che c'erano state negli
appalti, ma anche il fatto che la legge
stessa era carente, perché, per esempio,
le ditte fornitrici non avevano
l'obbligo di esibire il cosiddetto
certificato antimafia...». E il Pds non
la ricandidò per il Senato? «No, ero
stato eletto come indipendente nello
loro liste fin dall'87 e fui di nuovo
incluso in lista nelle ultime politiche
del '96. Ma non fui rieletto, perché ci
fu un vero fuoco di sbarramento da parte
delle ditte appaltatrici che avevo messo
sotto accusa. Rientrai, allora, in
magistratura e fui destinato alla terza
sezione penale della Cassazione. Ma mi
sono dimesso 7-8 mesi fa, perché non mi
sembrava corretto di fare politica
vestendo la toga di giudice». E ha
continuato nelle sue indagini? «Sì,
tutto il materiale sulla Tav era rimasto
a San Macuto, dimenticato. Io ne ho
portato con me una parte e mi sembrava
un peccato che andasse disperso quel
lavoro importante che era stato fatto».
di Lucio Tamburini