Ieri sera vado a Cerreto Sannita per
assistere a un bel concerto di un coro gospel in
cui canta un'amica. Siccome era ancora
presto e faceva un freddo cane, entro in
un bar. Su di un tavolo c'è il Mattino,
così do uno sguardo alle lettere al
direttore per vedere se c'è il mio
"pubblico invito" che ho spedito al
sindaco di Marano. No, non c'è; ma
c'è una lettera di Stefano Cattaneo
che chiede perché mai, quando Abu Mazen
è stato in visita in Italia, nessuno gli
abbia chiesto conto della presenza delle
liste di Hamas alle elezioni
palestinesi, dicendo che la cosa sarebbe
come ammettere qui da noi una lista
della camorra. Il giornalista gli ha
risposto che qui da noi spesso nelle
liste, i camorristi ci sono davvero;
facendo vilmente finta di non cogliere
la non sottile differenza fra la
presenza di infiltrati della malavita e
la presenza chiara e palese di una vera
e propria lista della criminalità
organizzata, legalmente accettata.
Questo è l'ennesimo segnale
negativo: c'è chi è disposto perfino a
spalmarsi la merda in faccia pur di
difendere il terrorismo palestinese.
Ormai dove ti giri ti giri, c'è la
presenza di un filo-palestinismo
patologico.
Intanto, a parte i fatti più gravi che
finiscono al tiggì (tipo gli 8
devastatori assassini nella
pizzeria), in Campania c'è un continuo
di episodi, non solo di criminalità
diffusa ma anche di violenza
gratuita, che sta rendendo la nostra
realtà sempre più simile al caos dei
territori palestinesi. Tutto ciò
dovrebbe indurre alla riflessione e alla
ricerca di una soluzione radicale.
Invece che cosa fanno i nostri Sindaci e
Governatori? Inviano delegazioni servili
a fare salamelecchi presso la tomba di
Arafat, si trastullano erigendo moschee
in cui alimentare il cancro
fondamentalista, si sbizzarriscono sui
nomi delle strade. E lasciano che tutto
il resto vada come vuole andare.
Anche le canzonette, come
ritmati comizi, danno il loro
contributo: "Comme song'àvete 'e stelle
a Betlemme... Palestina io sto triste
pe' te...", dalla voce di Enzo Avitabile.
Ognuno cerca di vantare la presenza di
qualche kefia d.o.c. nel proprio gruppo
musicale, in nome di quella falsa
multietnicità che ignora tutte le altre
etnie, compreso la nostra, e che ci
vorrebbe del tutto a 90°.
I
giovani delle periferie (e non solo) in
questo modo si sentono sempre più
accomunati ai "fratelli
palestinesi", alla "resistenza
irachena", ecc..
I
più "istruiti" fra loro si
inferociscono per Sabra e Chatila,
Jenin, Abu Ghraib e Guantanamo; credono
ciecamente a Michael Moore, Luisa
Morgantini, Fulvio Grimaldi; festeggiano
coi palestinesi per il malore di Ariel
Sharon e lo chiamano boia, desiderandolo
morto.
Intanto i meno "intellettuali", quando
sono di buon cuore si dedicano al
Presepe, in cui fanno nascere un Gesù
che nel loro immaginario è palestinese,
magari musulmano di nascita (non sto
scherzando, l'ignoranza è tale!) Ma
quando sono maneschi che cosa fanno? Si
lasciano trascinare dall'istinto,
immedesimandosi del tutto nella nuova
ideologia dominante.
Se
non si dà subito un taglio netto a
questa moda folle e a questa politica
miope, assisteremo impotenti al
precipitare dell'attuale situazione in
scenari raccapriccianti del tutto
ingestibili, sempre più simili a quelli
presenti nei territori palestinesi.
Fulvio Del Deo