20 dicembre 2005
Campania, feudo "culturale" dell'ANP
Fulvio Del Deo

 

 

Ieri sera vado a Cerreto Sannita per assistere a un bel concerto di un coro gospel in cui canta un'amica. Siccome era ancora presto e faceva un freddo cane, entro in un bar. Su di un tavolo c'è il Mattino, così do uno sguardo alle lettere al direttore per vedere se c'è il mio "pubblico invito" che ho spedito al sindaco di Marano. No, non c'è; ma c'è una lettera di Stefano Cattaneo che chiede perché mai, quando Abu Mazen è stato in visita in Italia, nessuno gli abbia chiesto conto della presenza delle liste di Hamas alle elezioni palestinesi, dicendo che la cosa sarebbe come ammettere qui da noi una lista della camorra. Il giornalista gli ha risposto che qui da noi spesso nelle liste, i camorristi ci sono davvero; facendo vilmente finta di non cogliere la non sottile differenza fra la presenza di infiltrati della malavita e la presenza chiara e palese di una vera e propria lista della criminalità organizzata, legalmente accettata.
 
Questo è l'ennesimo segnale negativo: c'è chi è disposto perfino a spalmarsi la merda in faccia pur di difendere il terrorismo palestinese. Ormai dove ti giri ti giri, c'è la presenza di un filo-palestinismo patologico.
 
Intanto, a parte i fatti più gravi che finiscono al tiggì (tipo gli 8 devastatori assassini nella pizzeria), in Campania c'è un continuo di episodi, non solo di criminalità diffusa ma anche di violenza gratuita, che sta rendendo la nostra realtà sempre più simile al caos dei territori palestinesi. Tutto ciò dovrebbe indurre alla riflessione e alla ricerca di una soluzione radicale.
 
Invece che cosa fanno i nostri Sindaci e Governatori? Inviano delegazioni servili a fare salamelecchi presso la tomba di Arafat, si trastullano erigendo moschee in cui alimentare il cancro fondamentalista, si sbizzarriscono sui nomi delle strade. E lasciano che tutto il resto vada come vuole andare.
 
Anche le canzonette, come ritmati comizi, danno il loro contributo: "Comme song'àvete 'e stelle a Betlemme... Palestina io sto triste pe' te...", dalla voce di Enzo Avitabile. Ognuno cerca di vantare la presenza di qualche kefia d.o.c. nel proprio gruppo musicale, in nome di quella falsa multietnicità che ignora tutte le altre etnie, compreso la nostra, e che ci vorrebbe del tutto a 90°.
 
I giovani delle periferie (e non solo) in questo modo si sentono sempre più accomunati ai "fratelli palestinesi", alla "resistenza irachena", ecc..
 
I più "istruiti" fra loro si inferociscono per Sabra e Chatila, Jenin, Abu Ghraib e Guantanamo; credono ciecamente a Michael Moore, Luisa Morgantini, Fulvio Grimaldi; festeggiano coi palestinesi per il malore di Ariel Sharon e lo chiamano boia, desiderandolo morto.
 
Intanto i meno "intellettuali", quando sono di buon cuore si dedicano al Presepe, in cui fanno nascere un Gesù che nel loro immaginario è palestinese, magari musulmano di nascita (non sto scherzando, l'ignoranza è tale!) Ma quando sono maneschi che cosa fanno? Si lasciano trascinare dall'istinto, immedesimandosi del tutto nella nuova ideologia dominante.
 
Se non si dà subito un taglio netto a questa moda folle e a questa politica miope, assisteremo impotenti al precipitare dell'attuale situazione in scenari raccapriccianti del tutto ingestibili, sempre più simili a quelli presenti nei territori palestinesi.
 
Fulvio Del Deo
 

 

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