Gentile
Assessore Anna Schiattarella.
Sfogliando la
rassegna stampa online dell'Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane, scopro che la
mia
lettera aperta al Sindaco di Marano di
Napoli è stata pubblicata sul quotidiano
Il Mattino del 1° novembre, unitamente alla
Sua risposta (vedi riquadro).
Ho 27 anni, sono un medico che
da quattro anni si ritrova,
negli ultimi tempi anche con
amarezza, a essere consigliere
comunale a Marano.
Con altri consiglieri (primo
firmatario Alfredo Paragliola
della Margherita) e militanti
dell’Unione Giovani abbiamo
proposto di intitolare una
strada ad Arafat. Sì, siamo noi
gli artefici del misfatto. Siamo
noi quelli che hanno fatto tanto
arrabbiare il senatore
Pellegrino. Vorrei provare a
spiegare a lui, all'ambasciatore
di Israele e a tutti quelli che
si sono indignati, che quasi
quasi ci accusano di essere
nazisti, le ragioni per le quali
un gruppo di giovani ha voluto
innalzare a simbolo, nella via
dove sorge un liceo, un uomo che
ha lottato per la sua terra.
Qualcuno di voi ha idea di cosa
significa essere giovani in
questa città? Fatevi un giro:
all'ingresso di Marano i ragazzi
si tolgono il casco. Siamo a
Marano, qui non ci sono multe.
Agli incroci, fuori dei bar,
stazionano le auto in quarta
fila. Nessuno parla. Se tocchi
il clacson magari ti ritrovi con
la testa rotta. Qui i giovani
svernano al sole pallido, una
pompa di benzina diventa
ritrovo. Qui faticano come i
pazzi in certe chiese; qui il
primo pensiero di chi si occupa
di sociale è inventarsi qualcosa
per sottrarre i ragazzi al
marciapiede. Qui un'associazione
di atletica leggera che tiene
dentro uno stadio centinaia di
ragazzi a correre e saltare vale
più di mille comizi e mille
slogan. Qui abbiamo bisogno di
punti di riferimento come
dell'acqua nel deserto.
Abbiamo bisogno del profilo
coraggioso di persone che hanno
tirato fuori la testa dalla
sabbia e hanno lottato.
Scegliere una strada, spingere
la gente a interrogarsi.
Marano ha intitolato strade a
Falcone e Borsellino, ma anche a
Madre Teresa di Calcutta, a Che
Guevara, a giornalisti martiri
della libertà come Ilaria Alpi,
Pippo Fava, Walter Tobagi e
naturalmente Giancarlo Siani.
Persone diverse tra loro. Di
loro ci ha interessato il
potenziale simbolico: esempi di
lotta, di tenacia, di fede, di
idealità.
Chi può dire che Arafat non sia
stato tutto questo? Un popolo
oppresso, il desiderio di
libertà, la lotta, il bisogno
indomito di avere giustizia.
Pensate che Marano non abbia
bisogno di tutto questo per
liberarsi dall’oppressione?
Dice un proverbio cinese: quando
il saggio indica la luna con un
dito, lo stupido guarda il dito.
Qualcuno ha voluto costruire una
faida ebrei-palestinesi sulla
nostra scelta simbolica. Ha
guardato il dito. Noi pensiamo
alla luna. A una Marano libera.
Anna Schiattarella - MARANO |
Condivido pienamente il Suo punto di vista
su una situazione che accomuna più o meno
tutto l'hinterland partenopeo.
" Qui un'associazione di atletica leggera
che tiene dentro uno stadio centinaia di
ragazzi a correre e saltare vale più di
mille comizi e mille slogan."
Verissimo! Parole sacrosante! Marano ha
bisogno di riscatto! Ed è più che giusto che
anche il nome dei luoghi in cui si vive
richiamino ai valori di legalità,
libertà, giustizia, verità.
Ma il problema è proprio questo: risulta
quanto meno stridente accostare questi
valori al nome di Yasser Arafat; risulta
oltraggioso accostare il nome di un
criminale ai nomi di persone che hanno
pagato con la vita il loro coraggio per un
mondo migliore.
Giancarlo Siani è stato mio compagno di
banco e Le assicuro che fin da ragazzino
credeva in un mondo migliore e soprattutto
amava il giornalismo investigativo
(apparteniamo alla generazione di Topolino
reporter). Non credo che oggi ai suoi
familiari possa fare piacere vedere il suo
nome accostato a quello di un criminale.
Yasser Arafat ha rappresentato una calamità
per il mondo intero, e soprattutto per i
Palestinesi. Non ha mai creduto neanche
lontanamente agli ideali di pace o
fratellanza, di giustizia o di libertà. Non
ha mai pensato di mettere a rischio neanche
per un istante la propria vita per nessuna
ragione al mondo; piuttosto, ha avvelenato
le coscienze di un intero popolo, ha
indottrinato i giovani all'odio razzista, li
ha spinti al cosiddetto martirio
(=terrorismo suicida). Ha accumulato
ricchezze enormi, speculando sulla tragedia
del popolo palestinese, lasciandolo morire
di fame nei campi profughi. Chieda anche a
loro, signora Schiattarella, cosa ne pensano
di Arafat!
Può bastare? Potrei continuare ad elencare
ancora per righe e righe le "gesta del
grande eroe". E non sono solo cose partorite
dalla mia povera testolina di stupido che
guarda il dito quando si indica la luna,
SONO FATTI DOCUMENTATI.
Qualcuno ha parlato di premio Nobel per la
pace come di un marchio di garanzia. Anche
Henry Kissinger nel 1973 ha preso il Nobel.
Lo meritava, con tutte le porcherie che ha
fatto?
Siamo in molti a dire di no.
Marano ha bisogno di riscatto quanto ne
hanno bisogno i Palestinesi ed è questo che
accomuna le due realtà.
Cosa dovrebbe fare adesso, ad esempio,
l'Amministrazione Comunale di Betlemme per
ricambiare il favore? Dovrebbe intitolare
una strada al più grande boss della camorra
maranese?
Spero di aver reso l'idea.
Cordiali saluti.