7 novembre 2005
Passa per via Arafat il riscatto di una città?
Fulvio Del Deo

 

 

 Gentile Assessore Anna Schiattarella.

Sfogliando la rassegna stampa online dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, scopro che la mia lettera aperta al Sindaco di Marano di Napoli è stata pubblicata sul quotidiano Il Mattino del 1° novembre, unitamente alla Sua risposta (vedi riquadro).

 

Ho 27 anni, sono un medico che da quattro anni si ritrova, negli ultimi tempi anche con amarezza, a essere consigliere comunale a Marano.
Con altri consiglieri (primo firmatario Alfredo Paragliola della Margherita) e militanti dell’Unione Giovani abbiamo proposto di intitolare una strada ad Arafat. Sì, siamo noi gli artefici del misfatto. Siamo noi quelli che hanno fatto tanto arrabbiare il senatore Pellegrino. Vorrei provare a spiegare a lui, all'ambasciatore di Israele e a tutti quelli che si sono indignati, che quasi quasi ci accusano di essere nazisti, le ragioni per le quali un gruppo di giovani ha voluto innalzare a simbolo, nella via dove sorge un liceo, un uomo che ha lottato per la sua terra.
Qualcuno di voi ha idea di cosa significa essere giovani in questa città? Fatevi un giro: all'ingresso di Marano i ragazzi si tolgono il casco. Siamo a Marano, qui non ci sono multe. Agli incroci, fuori dei bar, stazionano le auto in quarta fila. Nessuno parla. Se tocchi il clacson magari ti ritrovi con la testa rotta. Qui i giovani svernano al sole pallido, una pompa di benzina diventa ritrovo. Qui faticano come i pazzi in certe chiese; qui il primo pensiero di chi si occupa di sociale è inventarsi qualcosa per sottrarre i ragazzi al marciapiede. Qui un'associazione di atletica leggera che tiene dentro uno stadio centinaia di ragazzi a correre e saltare vale più di mille comizi e mille slogan. Qui abbiamo bisogno di punti di riferimento come dell'acqua nel deserto.
Abbiamo bisogno del profilo coraggioso di persone che hanno tirato fuori la testa dalla sabbia e hanno lottato. Scegliere una strada, spingere la gente a interrogarsi.
Marano ha intitolato strade a Falcone e Borsellino, ma anche a Madre Teresa di Calcutta, a Che Guevara, a giornalisti martiri della libertà come Ilaria Alpi, Pippo Fava, Walter Tobagi e naturalmente Giancarlo Siani. Persone diverse tra loro. Di loro ci ha interessato il potenziale simbolico: esempi di lotta, di tenacia, di fede, di idealità.
Chi può dire che Arafat non sia stato tutto questo? Un popolo oppresso, il desiderio di libertà, la lotta, il bisogno indomito di avere giustizia. Pensate che Marano non abbia bisogno di tutto questo per liberarsi dall’oppressione?
Dice un proverbio cinese: quando il saggio indica la luna con un dito, lo stupido guarda il dito. Qualcuno ha voluto costruire una faida ebrei-palestinesi sulla nostra scelta simbolica. Ha guardato il dito. Noi pensiamo alla luna. A una Marano libera.
Anna Schiattarella - MARANO

Condivido pienamente il Suo punto di vista su una situazione che accomuna più o meno tutto l'hinterland partenopeo. 

" Qui un'associazione di atletica leggera che tiene dentro uno stadio centinaia di ragazzi a correre e saltare vale più di mille comizi e mille slogan."

Verissimo! Parole sacrosante! Marano ha bisogno di riscatto! Ed è più che giusto che anche il nome dei luoghi in cui si vive richiamino ai valori di legalità, libertà, giustizia, verità.

Ma il problema è proprio questo: risulta quanto meno stridente accostare questi valori al nome di Yasser Arafat; risulta oltraggioso accostare il nome di un criminale ai nomi di persone che hanno pagato con la vita il loro coraggio per un mondo migliore.

Giancarlo Siani è stato mio compagno di banco e Le assicuro che fin da ragazzino credeva in un mondo migliore e soprattutto amava il giornalismo investigativo (apparteniamo alla generazione di Topolino reporter). Non credo che oggi ai suoi familiari possa fare piacere vedere il suo nome accostato a quello di un criminale.

Yasser Arafat ha rappresentato una calamità per il mondo intero, e soprattutto per i Palestinesi. Non ha mai creduto neanche lontanamente agli ideali di pace o fratellanza, di giustizia o di libertà. Non ha mai pensato di mettere a rischio neanche per un istante la propria vita per nessuna ragione al mondo; piuttosto, ha avvelenato le coscienze di un intero popolo, ha indottrinato i giovani all'odio razzista, li ha spinti al cosiddetto martirio (=terrorismo suicida). Ha accumulato ricchezze enormi, speculando sulla tragedia del popolo palestinese, lasciandolo morire di fame nei campi profughi. Chieda anche a loro, signora Schiattarella, cosa ne pensano di Arafat!

Può bastare? Potrei continuare ad elencare ancora per righe e righe le "gesta del grande eroe". E non sono solo cose partorite dalla mia povera testolina di stupido che guarda il dito quando si indica la luna, SONO FATTI DOCUMENTATI.

Qualcuno ha parlato di premio Nobel per la pace come di un marchio di garanzia. Anche Henry Kissinger nel 1973 ha preso il Nobel. Lo meritava, con tutte le porcherie che ha fatto? Siamo in molti a dire di no.

Marano ha bisogno di riscatto quanto ne hanno bisogno i Palestinesi ed è questo che accomuna le due realtà.

Cosa dovrebbe fare adesso, ad esempio, l'Amministrazione Comunale di Betlemme per ricambiare il favore? Dovrebbe intitolare una strada al più grande boss della camorra maranese?

Spero di aver reso l'idea.

Cordiali saluti.

 

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