19 settembre 2005
Lettera al Direttore di “Liberazione”
Segnalazione di Fulvio Del Deo

 

 

Lettera al Direttore di “Liberazione” Piero Sansonetti.

Da Victor Magiar.

 

        Gentile Direttore,
abbiamo letto, con non poco sconcerto, le  considerazioni che Lei ha sostenuto nell'editoriale del 14 settembre scorso dal titolo “Campagna di stampa contro i palestinesi” a proposito del rogo delle sinagoghe a Gaza dopo l'abbandono degli insediamenti nella Striscia di Gaza.
       
        Nel suo editoriale Lei non descrive ciò che è accaduto, ma si limita ad analizzare testi, titoli e parole di altri giornali, in funzione di un solo fine: osservare che nei confronti dei Palestinesi c'è un pregiudizio. Noi proponiamo un giudizio su quell'atto, non abbiamo letto il suo.
                       
        Si può discutere di molte cose e del modo in cui sono riportate le notizie, si può ironizzare e fare dei distinguo filologici (come Lei ha proposto ai suoi lettori), ma non si può dire che un gatto è un cono gelato: all'indomani dell'abbandono di Gaza da parte degli israeliani, gesto che va nella direzione della pace, alcune folle palestinesi hanno bruciato le sinagoghe che le autorità religiose israeliane hanno vietato di abbattere ai militari. Alcuni militari palestinesi hanno difeso altre sinagoghe, è un buon segno, ma non può permetterci di tacere il resto. Sarebbe come se sul suo giornale per descrivere la società politica israeliana si parlasse solo degli atti della sinistra pacifista israeliana e non della destra che si è opposta alla scelta di Sharon.
 
        Da un millennio bruciare sinagoghe fa parte di una precisa simbologia politica. E' per questo che quell'atto ha colpito l'immaginario di tanti.
Questo atto appartiene alla prassi di una cosa che universalmente si chiama antigiudaismo. Non solo all'interno dell'antisemitismo razzista del XX secolo.
               
        E' vero,  è consuetudine dei movimenti di emancipazione e di liberazione esprimere la raggiunta libertà in gesti e in atti anche violenti. Se ne può capire il loro valore simbolico (solo simbolico e non culturale programmatico) se quel gesto è anche accompagnato da atti politici che dicono di una nuova e vera libertà.
       
        Ma, le chiediamo: distruggere una sinagoga (una moschea, una chiesa) è come distruggere un edificio o un monumento simbolo di un'oppressione? È come distruggere una sede politica o militare, una caserma, una postazione di polizia, un carcere ? Come avrebbero reagito i giornali che lei accusa di razzismo, se gli israeliani nella Striscia di Gaza avessero bruciato una moschea, anche abbandonata. Tutto il mondo avrebbe messo sotto accusa Israele.       
        Noi non siamo per facili paralleli: quei roghi non ci hanno fatto pensare alla tragedia nazista ma certo ci hanno riportato alla memoria (anche personale) dei roghi delle sinagoghe, delle case e delle officine degli ebrei nei paesi arabi, ad una lunga storia di antisemitismo promosso dal nazionalismo panarabo che ha causato la fuga di quasi un milione di ebrei da quelle terre.
       
        Rivedere folle (non individui) bruciare un luogo di culto ha messo in moto la memoria di milioni di ebrei che hanno trovato rifugio in Israele, la memoria nostra di ebrei italiani e di sinistra: francamente ci meraviglia che non abbia mosso la sua.
       
        All'indomani della fuoriuscita da Gaza, il rogo delle sinagoghe non parla agli israeliani di un futuro dialogo.
All'indomani della fuoriuscita da Gaza i palestinesi hanno l'urgenza di esprimere una politica, chiara, che prefiguri la società politica che sorgerà, che anticipi l'ordinamento statale, che chiarisca quale democrazia politica saranno in grado di costruire. E il tempo non è infinito.
       
        Se sulla scena rimangono solo le fiamme delle sinagoghe, il programma e il profilo della "società che verrà" ci sembrano almeno discutibili, se non preoccupanti. Tutto il mondo sa che sopratutto a Gaza si giocherà il confronto più duro tra l'intransigenza guerrafondaia di Hamas e il governo di Abu Mazen, impegnato nel dialogo con Sharon. Noi ci auguriamo che vinca la linea del dialogo, quella che ha ordinato ai poliziotti palestinesi di difendere le sinagoghe.
       
        L'esercizio dell'ironia, l'accusa di razzismo a chi non ha gradito vedere quei roghi, e la mancanza di senso critico per gli atti compiuti dalla dirigenza o dalla società palestinese, non ci sembrano né lo strumento più adeguato per capire né l'aiuto di cui i palestinesi abbiano ora più bisogno.

 
David Bidussa,  Emanuele Fiano,  Claudia Fellus,  Victor Magiar

 

 


 

L'articolo di cui si parla è già presente in vivitelese alla url:



L'Editoriale
IL RITIRO DA GAZA E I NUOVI RAZZISMI
di Piero Sansonetti
apparso su Liberazione del 14 Settembre 2005
 

 

I giornali italiani, quasi tutti, sono impegnati in una campagna politica molto seria contro i palestinesi. Il Corriere della Sera, la Stampa, l'Unità, Libero, il Giornale. E' una campagna studiata bene e costruita in gran parte su notizie manipolate, corrette, mutilate, rovesciate. Ieri sulle prime pagine di ciascuno di questi quotidiani, in bella vista, campeggiava un titolo indignato contro la ferocia antisemita delle "folle" arabe che avevano dato fuoco alle sinagoghe. Si evocavano scenari di stragi e di terrorismo, si giungeva persino - lo ha fatto l'Unità - a paragonare gli abitanti di Gaza ai nazisti di Hitler.

 

Se avete la pazienza di leggerli, trascriviamo alcuni dei titoli di questi cinque giornali e poi vi mostriamo come gli stessi episodi sono stati raccontati dal New York Times, giornale che, probabilmente lo sapete, nessuno al mondo mai ha potuto accusare di essere contro Israele o addirittura - peccato ancor maggiore - di essere amico dei palestinesi.

 

Il Giornale: "Festa a Gaza: al rogo le sinagoghe". Libero: "I palestinesi festeggiano: a fuoco le sinagoghe".

 

Il Corriere: "Festa e violenza a Gaza, sinagoghe bruciate".

 

L'Unità: "Gaza torna ai palestinesi, la folla dà fuoco alle sinagoghe abbandonate".

 

La Stampa: "Gaza, assalto alle sinagoghe".

 

Questi titoli (tranne quello di Libero) sono tutti in prima pagina, in una posizione centrale, a molte colonne e caratteri molto grandi. Poi ci sono i titoli interni. Alcuni raccapriccianti. Per esempio questo (la Stampa): "Le folle palestinesi irrompono a Gaza: bruciate le sinagoghe". Cosa vuol dire "le folli palestinesi irrompono a Gaza"? Evidentemente il titolista della Stampa non sa che Gaza è in Palestina e i suoi abitanti sono palestinesi. Dire che i palestinesi irrompono a Gaza è come dire: "Folla di romani irrompe a Roma"; oppure: "Folla di giornalisti della Stampa irrompe alla Stampa... "

 

Il New York Times - giornale sempre attentissimo al medioriente - tratta la vicenda di Gaza con minore enfasi. Un titolo piccolo in fondo alla prima pagina, che dice: "Gli abitanti di Gaza vengono alla luce e setacciano gli ex insediamenti israeliani". Nessun riferimento a Sinagoghe, fuoco, orde (termine usato dal Giornale in un sottotitolo), folle, devastazioni, irruzioni, nazisti. Il titolo dice solo che dopo anni nei quali era loro proibito avvicinarsi a certi luoghi di Gaza ora i palestinesi circolano liberamente, si mostrano, "setacciano" tra i resti dell'occupazione. La foto pubblicata dal New York Times non è di una Sinagoga bruciata ma di un edificio abbattuto dagli israeliani prima del ritiro.

 

Poi nell'articolo, molto dettagliato (per l'esattezza, nell'ultima parte dell'articolo) il giornale americano riferisce anche degli incendi davanti a due sinagoghe (su 19) e spiega bene come sono andate le cose: "Israele aveva raso al suolo tutti gli altri edifici nei "settelementes" (le colonie occupate) e in accordo con l'autorità palestinese avrebbe dovuto radere al suolo anche le sinagoghe, ma all'ultimo minuto ha scelto di non distruggere le sinagoghe perché un certo numero di conservatori israeliani aveva osservato che sarebbe stato sbagliato per degli ebrei distruggere le sinagoghe. E così sono state lasciate in piedi ed esposte ai vandalismi".

 

Il New York Times racconta che davanti a due di esse sono stati appiccati degli incendi, mentre altre erano circondate dalla milizia palestinese che ha impedito a gruppi di "combattenti armati" di avvicinarsi. Le Sinagoghe saranno abbattute nei prossimi giorni, secondo l'accordo raggiunto tra israeliani e palestinesi, così come sono stati distrutti (dagli israeliani) tutti gli altri edifici costruiti dai coloni per dar via alla ricostruzione di Gaza.

 

Vi sembra appropriato, di fronte a questi fatti, parlare di terrorismo, o addirittura - con raccapricciante vena polemica - paragonare gli incidenti di lunedì alle infamie naziste e agli anni atroci dell'olocausto? Naturalmente non lo è. E sarebbe da ciechi non osservare che il nostro è l'unico paese dell'Occidente con un fronte di stampa molto ampio e compattamente schierato su posizioni antipalestinesi, così faziose, così preconcette, così feroci (basta leggere l'editoriale di Piero Ostellino dell'altro ieri, del quale hanno parlato con grande lucidità ieri Luisa Morgantini sul nostro giornale e Sandro Viola su Repubblica) da far temere il crearsi, in Italia, di una vera e propria area "razzista".

 

P. S. Se l'autorità e il popolo palestinese avessero deciso unilateralmente, a prescindere dagli accordi con gli occupanti israeliani, di lasciare in piedi una o due sinagoghe - simbolo di una religione che è rispettabile come tutte le altre religioni e che non può essere identificata con l'esercito invasore o con il suo governo - avrebbero dato una prova di tolleranza e di ampiezza di vedute straordinaria. La maggioranza degli italiani, però, non lo avrebbero forse mai saputo, perché non credo che i nostri giornali lo avrebbero annunciato con rilievo.

 

 

questo articolo è apparso su Liberazione del 14 Settembre 2005
 

 

 

     

Segnalazioni di Fulvio Del Deo


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