Chi di noi non si è mai trovato impantanato in
un ufficio pubblico dirottato da uno sportello
all’altro, da un piano all’altro - fra lunghe
attese e dopo aver fatto e rifatto la fila più
volte - per avere un chiarimento su un atto
amministrativo incomprensibile o per ottenere
una certificazione assolutamente indispensabile.
Per anni, e non che oggi la cosa sia del tutto
finita, abbiamo visto naufragare i diritti del
cittadino in un mare misterioso che ha visto lo
Stato-padrone riaffermare ogni volta la sua
incondizionata supremazia, utilizzando
leggi e procedure note solo ai burocrati.
Dagli anni ’90 in poi c’è stata
un’inversione di tendenza, un passaggio epocale,
almeno in termini virtuali. Si è passati da una
concezione autoritativa della Pubblica
Amministrazione ad una gestione partecipativa
sempre più vicina al cittadino, più rispettosa
dei suoi diritti e delle sue aspettative.
Rivoluzionando ideologicamente una cultura
ultrasecolare, lo Stato ha dismesso mezze
maniche e palandrane e si è data una nuova
organizzazione imponendola anche ai suoi
impiegati e dirigenti, non più titolari di un
rapporto di supremazia speciale nei confronti
del cittadino utente.
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Possiamo dire che la Pubblica
Amministrazione ha messo un vestito nuovo
per offrire un’immagine di affidabilità,
trasparenza e pubblicità, per erogare un
servizio di qualità al cittadino che da
destinatario passivo dell’attività
amministrativa si è trasformato in cliente
attivo, con una propria visibilità e
dignità. |
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Non è stato facile modificare una mentalità
secolare ma bisogna riconoscere che il
legislatore ha voluto perseguire fermamente
questo obiettivo determinando una vera e propria
rivoluzione culturale che ha ribaltato la regola
del segreto con quella della trasparenza. Il
“palazzo” ha perso la sua secolare
impermeabilità, il suo mistero ed è diventato
una “casa di cristallo”. Alla regola del segreto
si è sostituita quella della conoscenza e della
trasparenza.
Punto di riferimento di questo mutamento può
essere considerata la legge 7 agosto 1990 n.241
(modificata dalla recente legge 11.2.2005 n.15)
e, nel suo ambito, la parte che regolamenta il
diritto di accesso. Stabilisce infatti l’art.22
che chiunque abbia un interesse giuridicamente
rilevante ha diritto di accesso agli atti della
pubblica amministrazione “al fine di assicurare
la trasparenza dell’attività amministrativa e di
favorirne lo svolgimento imparziale”.
Per diritto di accesso si intende il diritto
degli interessati di prendere visione e di
estrarre copia di documenti amministrativi che
li riguardano.
Con il termine “chiunque” si intende un
cittadino italiano, uno straniero, un apolide,
un’associazione, un gruppo di privati, i
mass-media purchè abbiano un interesse
giuridicamente rilevante collegato al documento
di cui si chiede l’accesso, interesse che non
deve significare evidentemente semplice
curiosità.
Dal diritto di accesso va distinto il diritto di
prendere visione degli atti del procedimento per
partecipare alla sua definizione. Il primo,
previa richiesta motivata, si esercita dopo che
il provvedimento è stato emesso,ha per oggetto
l’esame dei documenti ed è diretto a controllare
che tutto si sia svolto con trasparenza ed
imparzialità. Il secondo può essere esercitato
solo dal soggetto direttamente interessato ed è
finalizzato a consentirgli addirittura di
partecipare alla istruzione, alla preparazione e
alla elaborazione del provvedimento in maniera
da garantirgli la massima tutela giuridica
contro eventuali abusi, dimenticanze ed
omissioni dell’Ufficio che sta istruendo e
completando la redazione dell’atto.
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Per il momento prenderemo in considerazione
solo il diritto di accesso, la cui domanda,
redatta in carta semplice, va presentata
all’ufficio che è in possesso – o che si
ritiene sia in possesso - dell’atto che si
vuol vedere. |
Se
il cittadino sbaglia ad indirizzare la
richiesta, è compito dell’ufficio ricevente
trasmetterlo all’ufficio competente. Se la
domanda è incompleta, l’ufficio deve invitare il
cittadino a completarla indicandogli le cose da
regolarizzare.
Nella domanda devono essere indicati le
generalità di chi fa la richiesta, gli estremi
più precisi possibili dell’atto che si vuol
vedere,la motivazione dell’interesse per il
quale si fa la domanda. Se ci si limita solo a
richiedere di voler visionare l’atto non si deve
pagare nulla. Se si chiedono fotocopie, si
pagheranno le spese relative alla
fotoriproduzione nonché gli eventuali diritti di
ricerca e visura.
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Finito il tempo in cui le pratiche si
perdevano, si insabbiavano o finivano in un
meccanismo perverso che delegittimava le
attese del cittadino, oggi si ha il diritto
di conoscere in termini molto brevi non solo
l’esito di ogni istanza presentata ma anche
il nominativo del responsabile del
procedimento cioè dell’impiegato che tratta
la pratica.
Per quanto riguarda i termini,
l’amministrazione deve pronunciarsi sulla
domanda di accesso entro 30 giorni dal
ricevimento della richiesta. |
Se
la domanda è accolta, l’ufficio ricevente
comunicherà al cittadino che entro 15 giorni
potrà esercitare il diritto di accesso
indicandogli dove deve recarsi per prendere
visione dell’atto o estrarre le fotocopie.
Decorsi inutilmente i 30 giorni senza che
l’amministrazione si sia pronunciata, il
silenzio ha il valore di rifiuto. Se invece
l’ufficio decide di comunicare per iscritto che
l’istanza è stata rigettata, deve motivare
adeguatamente tale decisione.
Contro il rigetto, entro 30 giorni, si può fare
ricorso al T.A.R. (Tribunale Amministrativo
Regionale) che dovrà pronunciarsi entro i
successivi 30 giorni.
Contro i dinieghi taciti o scritti delle
amministrazioni comunali, provinciali e
regionali, si può ricorrere anche al difensore
civico competente per territorio (se non è
istituito si può ricorrere a quello del
comprensorio territorialmente superiore)
chiedendogli di riesaminare la decisione. Il
difensore civico dovrà pronunciarsi entro 30
giorni scaduti i quali se non c’è stata risposta
il ricorso si intende respinto. Se invece il
difensore civico avrà accolto il ricorso, ne
darà comunicazione all’interessato e alla
pubblica amministrazione.
Nel caso di ricorso al T.A.R., se il giudice
amministrativo accoglierà il ricorso, ordinerà
alla pubblica amministrazione di mettere gli
atti richiesti a disposizione del cittadino che
ne aveva fatto richiesta. Contro le decisione
del T.A.R. si può proporre appello al Consiglio
di Stato entro 30 giorni che si pronuncerà con
la stessa procedura del T.A.R.
Nei giudizi in materia di accesso le parti
possono agire senza l’assistenza di un difensore
mentre l’Amministrazione può essere
rappresentata da un suo dipendente, purchè con
la qualifica di Dirigente.
Il
diritto di accesso è escluso per i documenti
coperti dal segreto di Stato e negli altri casi
individuati ed elencati dalle singole
Amministrazioni.
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Senza entrare nella elencazione della
casistica sottratta al diritto di accesso,
(indicata nell’art.24 della legge) possiamo
dire in linea generale che il Governo può
sottrarre a tale diritto gli atti relativi
alla sicurezza e alla difesa nazionale,alla
politica monetaria del Paese, alla tutela
dell’ordine pubblico ed alla repressione
della criminalità, all’attività di polizia
giudiziaria, alla vita privata di persone
fisiche, giuridiche, enti, associazioni,
imprese, etc… |
Il
diritto di accesso – o comunque la semplice
visione degli atti che interessano - deve essere
comunque garantito quando la conoscenza sia
necessaria per curare o per difendere i propri
interessi giuridici. La pubblica amministrazione
non può negare l’accesso ove sia sufficiente
adottare un provvedimento di differimento, cioè
di rinvio ad altra data della facoltà di accesso
presentata dal cittadino. Differimento significa
rinviare per il momento la possibilità di vedere
gli atti, stante che l’interesse pubblico in
quel momento è prevalente rispetto all’interesse
del privato cittadino.
In
questa sede non si poteva che semplificare e
ridurre nel minor spazio possibile concetti
molto laboriosi e tecnici. Spero però di aver
offerto un piccolo contributo alla conoscenza di
un argomento molto utile nella vita di tutti i
giorni, sintetizzando con un linguaggio semplice
le nozioni essenziali del “diritto di accesso”
con cui il legislatore ha dato priorità alla
tutela dei diritti del privato cittadino. E’
indubbio che l’applicazione della normativa è in
diretta relazione con l’organizzazione dei
singoli uffici e con l’impegno dei dirigenti di
rimuovere tutti gli ostacoli per favorirne la
piena applicazione. Il cittadino deve però
sapere che questo suo diritto gli è dovuto, è
tutelato ed è stato voluto per abbattere la
cortina del mistero che ha caratterizzato
l’esercizio del potere da parte di tanti uffici
pubblici che non sempre hanno operato nel
rispetto della legalità e della trasparenza.
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