4 giugno 2005

Referendum  punto e a capo

Aldo Maturo

 

 

Le domande che ci verranno poste con i referendum del 12 e 13 giugno  sembrano  una sfida alla natura, una manipolazione della vita. Non si può disconoscere che di fronte ad un simile scenario tecnologico si può restare affascinati o angosciati.

Da qui il solo ed esclusivo motivo di questo intervento che si conclude oggi: aiutare a capire i temi su cui stiamo per essere chiamati a pronunciarci, allungare una mano per poter uscire dal buio e consentire una decisione consapevole e serena. 

 

Nei  quattro passi nei referendum, pubblicati martedì 31 maggio, sono stati esaminati i primi due dei quattro quesiti  referendari, di cui ricordiamo qui i punti più importanti, come i limiti posti dal legislatore alla ricerca clinica sugli embrioni, al divieto di clonazione, alle limitate possibilità di crioconservazione (conservazione degli embrioni in azoto liquido a bassissima temperatura), alle ipotesi di accesso alla Procreazione Medica Assistita (PMA).

 

 Il terzo quesito – contenuto nella scheda grigia – ci pone tutta una serie di domande per sapere se  siamo d’accordo ad abrogare altre parti di alcuni articoli  della stessa legge. Trattasi invero di concetti già esaminati nel precedente articolo – cui si rinvia -  ed in particolare il limite del ricorso alla PMA, previsto solo per le coppie sterili o infertili documentalmente accertate e certificate dai sanitari,  la possibilità di accedere alla PMA solo quando non vi siano altri metodi terapeutici (cioè quando non si sono potute eliminare in altro modo le cause che impediscono la procreazione), la previsione di poter impiantare nell’utero un numero massimo di tre embrioni, l’autorizzazione a crioconservarli solo per accertata impossibilità all’intervento dovuta  allo stato di salute della donna (dimenticando, invero, di disciplinare cosa dovrà succedere in altre ipotesi, come un ripensamento della donna all’ultimo minuto – per il quale tra l’altro non è prevista alcuna sanzione - una causa di forza maggiore, etc..).

Dalla lettura del testo legislativo si rileva che solo le coppie possono ricorrere alla PMA che resta quindi esclusa per i single,i gay e le mamme-nonne. Stante il divieto di crioconservazione (se non per gravi motivi di salute della donna) è esclusa altresì la fecondazione dopo la morte di uno dei due partner.

 

Ma il terzo quesito richiama la nostra attenzione anche su un concetto nuovo riportato dal legislatore, e cioè la parità di diritti di tutti i soggetti coinvolti nella PMA, genitori e concepito. .

 

Il concepito, l’embrione – secondo il legislatore e secondo i fautori del NO - è soggetto di diritto con pari dignità rispetto ai suoi futuri genitori. Diventa “persona” quindi fin dal momento della fusione dei due patrimoni genetici originari visto che la legge gli riconosce il diritto di nascere

 

 

Per i fautori del SI questa dichiarata parità di diritti è smentita successivamente (art.6 comma 3) quando si riconosce che in realtà l’embrione ha una tutela maggiore della madre, perché lei, dicono, non può più rinunciare all’impianto dopo la fecondazione dell’ovulo. La legge infatti dice: “ la volontà può essere revocata da ciascuno dei soggetti indicati nel presente comma fino al momento della fecondazione dell’ovulo”. Il diritto di autodeterminazione della madre, che già dai tempi della legge sull’aborto (194/78) le era stato riconosciuto con la possibilità di scegliere l’interruzione volontaria della gravidanza, cede quindi il passo al diritto dell’embrione. E questo, ritengono i fautori del SI, rappresenta una inversione nella scala dei valori etici, ragion per cui chiedono che questo comma sia abrogato.

 

Parimenti da abrogare, per i fautori del SI, è la norma che impedisce il ricorso alla PMA ove vi siano altri metodi terapeutici efficaci. Ritengono che una tale limitazione limiti e neghi l’autonomia decisionale dell’individuo in tema di cure mediche. Di fronte ad una malattia per la quale vi sono più possibilità di cure,affermano, non può il legislatore escludere il ricorso ad un tipo di cura solo perché ve ne sono altre a disposizione. Deve poter essere il soggetto affetto da quella patologia a decidere a quale tipo di cura sottoporsi. Analogo dissenso manifestano i fautori del SI per il limite di ricorrere alla PMA solo in caso di accertata e documentata sterilità o infertilità, limite che, come già si è visto nella precedente parte di questo intervento, ritengono ancora una volta riduttivo della libertà di scelta terapeutica riconosciuta a tutte le persone.

 

Il quarto e ultimo quesito – contenuto nella scheda rosa – tratta del divieto di fecondazione eterologa, cioè della fecondazione assistita tramite l’utilizzo di spermatozoi e/o ovociti appartenenti ad un donatore o a una donatrice, quindi non alla coppia. Per i trasgressori è prevista una sanzione da 300.000 a 600.000 euro. Se si ricorre alla fecondazione eterologa, nonostante il divieto, sono previste in aggiunta alla sanzione pecuniaria le seguenti ulteriori limitazioni legali: a) il coniuge o il convivente non può disconoscere la paternità del bambino/a; b) il donatore di gameti (spermatozoi o ovociti a seconda se uomo o donna) non acquisisce alcuna relazione giuridica di parentela con il bambino/a; c) la madre non può chiedere di non essere nominata all’ufficio anagrafe quando denunzierà la nascita del bambino/a; d) il bambino/a è da considerare figlio/a legittimo (o riconosciuto) della coppia.

I fautori del SI chiedono l’abrogazione di tutte queste norme e la possibilità che anche in Italia, come in altri Paesi europei si possa ricorrere alla fecondazione eterologa. Il problema è delicatissimo perché non sono rari i casi in cui una coppia non è in grado di procreare o perchè l’uomo è privo di spermatozoi o perchè la donna non è in grado di produrre ovociti.

Per la attuale normativa questa coppia ha tre scelte:  può rassegnarsi a rinunciare ad avere un figlio, può recarsi in quegli Stati esteri (ove abbia soldi sufficienti) dove la fecondazione eterologa è ammessa, può separarsi e cercare un altro partner che non abbia  problemi a procreare.

         Per i fautori del NO (quelli che non vogliono la fecondazione eterologa) il problema va capito fino in fondo per coglierne tutte le implicazioni etiche. Ritengono che in una coppia con figlio nato da fecondazione eterologa si crea uno squilibrio tra la madre – che è madre biologica ed affettiva – ed il padre, che è solo padre affettivo, con il rischio che un tale squilibrio possa ripercuotersi negativamente nei rapporti tra figlio e genitori.

 

La fecondazione eterologa è ammessa  in Austria, Germania, Inghilterra, Spagna e Svezia. In Francia e Norvegia è ammessa con alcune limitazioni (solo quando la PMA non ha avuto successo) mentre in America è ammessa e  possono ricorrervi anche le donne single.

 

I quattro referendum che abbiamo esaminato stanno dividendo  il Paese per le implicazioni ideologiche che  derivano dal lasciare la legge così come è (se vincono i NO o gli astensionisti)   o abrogarne alcune parti, come chiedono quelli che voteranno SI.

Certo è che il desiderio di avere un figlio per tante coppie è condizione di vita e da tale scelta dipende molte volte anche la prosecuzione del rapporto coniugale.  Per chi vive da fuori il problema non è facile comprendere le paure, i desideri, le vergogne,le aspirazioni alla base del desiderio della coppia. Se questa si sottopone alla Procreazione Medica Assistita significa che ha accettato di sottoporsi ad un percorso complicato sia a livello medico che psicologico ed emotivo.

Ma se è vero che un bambino ha bisogno di affetto, di amore, attenzione e cure è da ritenere che chi lo ha tanto desiderato sarà un buon genitore, indipendentemente dal suo stato civile e dalla tecnica utilizzata per poterlo far nascere. Ed è quello che conta.

 

 

     

Riflessioni di Aldo Maturo


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