REPORTAGE
Caiazzo(Caserta)
Il
tredici ottobre del ‘43 in un casolare del Monte
Carmignano l’efferata strage: ventidue civili,
uomini, donne e bambini trucidati dal boia
nazista Wolfang Lehnigk Emden
UNA STRAGE DIMENTICATA
Centinaia di milioni spesi per viaggi favolosi
nella cittadina tedesca gemellata con Caiazzo,
ma dopo sessantuno anni sul luogo dell’eccidio
non esiste un sacrario per ricordare il martirio
della Marzabotto del Sud
Una strage dimenticata, quella compiuta dai
tedeschi in un casolare delle campagne di
Caiazzo, e precisamente nella frazione San
Giovanni e Paolo, la sera del 13 ottobre del
1943.
Ventidue le vittime, 4 uomini, 7 donne, 11
bambini d’età compresa tra i 3 e 16 anni: donne,
uomini, bambini, tutti trucidati con inaudita
violenza per ordine di un giovane sottotenente
della Wermacht –29° Panzer Grenadier Regiment,
identificato per Wolfang Lehnigk Emden.
L’EPIGRAFE DI BENEDETTO CROCE
“Presso Caiazzo/nel luogo detto San Giovanni e
Paolo/alcune famiglie campagnuole /rifugiate in
una stessa casa/furono il 13 ottobre MCMXLIII /
fucilate e mitragliate /per ordine /di un
giovane ufficiale prussiano/ uomini, donne,
infanti/ ventidue umili creature/non d’altro
colpevoli / di aver inconscie/ alla domanda dove
si trovasse il nemico/additato a lui senz’altro
la via/ verso la quale s’erano volti i tedeschi/improvvisario/nelle
umane guerre/ma l’atroce presente
nemico/dell’umanità. Questa l’epigrafe dettata
da Benedetto Croce sulla tomba delle vittime di
Monte Carmignano, –dettata due anni dopo la
strage nel 1945-su di una lapide collocata nel
cimitero di Caiazzo “solo” nel 1968.
La
strage raccontata da FOCUS edizione tedesca
Familiari
delle vittime sul luogo della strage
QUELLA MALEDETTA SERA
Sera del 13 ottobre 1943. Le truppe tedesche
sono arrivate da cinque giorni. La sede di
comando tattico della terza compagnia del 29°
reggimento, terza divisione corazzata granatieri
si trova presso una casa colonica di Monte
Carmignano, nelle vicinanze del fiume Volturno.
Alle ore venti scatta la follia, il ventenne
sottotenente Wolfang Lehnigk-Emden , insieme a
due sottufficiali –Kurt Shuster e Hans Gnass
entra nella masseria e avverte il comandante
della compagnia, che da una casa vicina stanno
facendo segnali luminosi. “Questa gente dovrebbe
essere presa e fucilata-dice Emden: il
comandante Raschke, gli risponde di non volersi
assumere questa responsabilità e si reca alla
sede di comando tattico del battaglione.
Emden a questo punto assume il comando: con
Shuster e Gnass si reca nel casolare da dove
erano partiti i segnali, presentandosi come
inglese, chiedendo loro notizie circa le
posizioni tedesche. E la condanna a morte a
questo punto era scattata per gli sfortunati
civili, rei di aver indicato la sede di comando
tattico della compagnia tedesca.
Le
sette persone, sono condotte alla sede di
comando tattico e fucilate a distanza
ravvicinata(due metri). Emden non pago , si reca
con altri 4 uomini nell’altro casolare E’ la
carneficina. Quindici persone donne e bambini
trucidati con modalità allucinanti: con colpi di
fucile, di pistola –usate addirittura due bombe
a mano.
Corpi amputati e violentati con pioli di legno.
IL
CASOLARE DELLA MORTE
Calda è l’aria , un sole timido batte sulle mura
di tufo della vecchia masseria: visibili ancora
dopo quasi sessanta anni i fori fatti dai colpi
di mitragliatrice.
Tranquillità e inquietudine miscelate nell’aria
ormai contaminata da quella maledetta sera del
13 ottobre del ’43; quella sera sarà scoppiato
l’inferno , quest’aia , da teatro di vita (qui
si erano consumati come di usanza conviti
nuziali)- trasformata da cattivissimi scenografi
a teatro di morte.
Una morte giunta improvvisa, inaspettata,
strazio e crudeltà inimmaginabili: donne e
bambini violentati e mutilati con furia
inaudita, una dinamica dei fatti oscura, che
pone interrogativi che potrebbero aver scatenato
una reazione –risposta cosi dura: ventilato
tradimento o l’uccisione di un tedesco, mai
giustificheranno l’efferata strage della
Marzabotto del sud.
Emden, il boia nazista
QUEL MASSACRO IN PRESCRIZIONE
I
responsabili dell’eccidio furono individuati, ma
riuscirono a farla franca. Carteggi “scomparsi”-
tirati fuori dopo mezzo secolo, per merito di
Josepf Agnone, un’italo americano-che dopo
ricerche durate anni riuscì nel 1993 a fare
arrestare i responsabili della strage.
Nel 1994 a Santa Maria Capua Vetere, un processo
platonico condannò all’ergastolo il boia di
Caiazzo.
Nel 1995 a Caiazzo, la Marzabotto del Sud ,
piomba come un macigno dalla Germania la notizia
che la Cassazione ha decretato la prescrizione
del reato di strage per l’ex sottotenente della
Werhrmacht che ordinò il massacro di 22
innocenti il 13 ottobre del ’43: una pietra
tombale messa sopra al massacro dalla Cassazione
tedesca.
Reato prescritto , per l’ex
tenentino Emden- divenuto rispettabile
imprenditore-architetto, paradossalmente
presidente del locale comitato per le feste di
Carnevale, “il boia della strage”. Verità
nascoste per troppi, tanti anni. Cinquant’anni.
STRAGE DIMENTICATA
Una strage dimenticata da tutti, caduta
nell’oblio.
La
barbarie ricordata con un gemellaggio con la
città del boia- voluto da un ex sindaco di
Caiazzo- nato per riflettere insieme sulla
guerra, in realtà servito ai delfini
dell’amministrazione comunale per rilassanti
gite in Germania.
Amministrazioni degli ultimi dieci anni , che
oltre i censurabili passaggi televisivi, bell’evidenza
sui giornali, commemorazioni e celebrazioni
promozionali, non sono andate: solo tanta e
tristissima pubblicità, figlia del dolore-
rincorsa per ricordare quelle povere vittime.
Strage dimenticata, perché prima del gemellaggio
con Ochtendung, che ha dato i natali al boia,
prima degli scambi culturali,di cortesia,
ospitalità e doni con i cittadini e borgomastri
succedutisi, le amministrazioni comunali di
Caiazzo, avrebbero dovuto ricordare l’eccidio
con un degno sacrario, un museo per non
dimenticare quel sacrificio umano, da costruire
sul luogo della strage.
Si
deve al parroco di San Giovanni e Paolo, il
solo, unico segno di quel triste evento: una
croce per deporre un fiore.
Un
obbligo morale, quello di ricordare le vittime,
con un monumento anche semplice: un simbolo. Non
il fantomatico museo e parco attrezzato
presente nei mega progetti di amministratori a
caccia di utopie.
Giuseppe Sangiovanni
Con la visione dei microfilm del New York Times
inizia la caccia al responsabile della strage
del 13 ottobre 1943, compiuta in un casolare
delle campagne casertane
AGNONE, IL CACCIATORE DEL BOIA NAZISTA
Un
dossier di 55 pagine, contenente “Il processo di
Algeri”-coperto per 40 anni dal segreto militare
inchioderà Emden
Strage dimenticata, caduta nell’oblio,
rimasta impunita, a sessantuno anni dalla
drammatica sera dell’eccidio, avvenuto il 13
ottobre del 1943, in un casolare di Caiazzo,
in provincia di Caserta, per ordine di Wolfang
Lehnigk Emden giovane sottotenente della
Wermacht-che fece massacrare con violenza
inaudita 22 civili.
Si
deve a Josepf Agnone, italoamericano originario
di Castel di Sasso, la riapertura del caso della
strage di Caiazzo. Con una ricerca minuziosa
durata anni, riuscì all’inizio degli anni
novanta a scovare il responsabile dell’ eccidio.
Migliaia di ore a spulciare negli archivi
americani, visionando documenti e microfilm di
inviati di guerra del New York Times-fino al
1983 coperti dal segreto militare: che lo
condussero alla realizzazione di un dossier,
inviato nel 1988 alla Procura della Repubblica
di S.Maria Capua Vetere. Dal materiale
emergevano la responsabilità dei militari
tedeschi nell’eccidio ed una parziale
identificazione degli autori della strage.
Dossier di 55 pagine riguardante principalmente
il cosiddetto “Processo di Algeri”, ovvero gli
atti di una commissione militare di inchiesta,
guidata dal colonnello Wiliam Clarck, che si
occupò nel gennaio 1944 della strage.
Nel 1994 a S.Maria Capua Vetere un processo
platonico, condanna all’ergastolo Emden: nel
1995 la Cassazione tedesca decreta la
prescrizione del reato e lascia libero il
boia di Caiazzo.
Troppo per i giudici tedeschi, il mezzo
secolo trascorso.
Oltre al danno, la beffa per i parenti delle
sfortunate vittime, cittadini compresi
dell’intera comunità.
Strage dimenticata, perché prima del
gemellaggio con Ochtendung, cittadina
tedesca dove risiede il responsabile della
strage di Caiazzo, prima degli scambi
culturali, di cortesia, di ospitalità con i
cittadini e borgomastri tedeschi- le
amministrazioni comunali di Caiazzo- bene
avrebbero fatto a ricordare l’eccidio con un
degno sacrario, un museo per non dimenticare
quel sacrificio umano: da costruire sul
luogo della strage, sul Monte Carmignano. Un
monumento anche semplice per deporre un
fiore: non il fantomatico museo e parco
attrezzato sbandierato da amministratori
rampanti senza memoria. Gemellaggio nato per
far riflettere le nuove generazioni sulla
guerra, in realtà servito ad alcuni delfini
dell’amministrazione comunale per rilassanti
gite e soggiorni in Germania.
La dinamica non è mai stata chiarita.
Due le ipotesi su cosa avesse fatto scattare
quella furia omicida.
Tra le quali: l’uccisione di un soldato
tedesco da parte dei civili,
o il torto di aver indicato agli americani
la sede del comando tattico della compagnia
tedesca (come recita l’epigrafe dettata nel
1945 da Benedetto Croce)
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