Quel giorno mi ero deciso ad andare a tagliare i
capelli, rito che un tempo era quindicinale e
che ormai da molti anni si ripete con scansione
bimensile. Ben presto mi avvierò a celebrazioni
semestrali finché le mie visite coincideranno
solo con le grandi feste consacrate. Per
l’economia familiare il dilatarsi dei tagli non
ha apportato alcun beneficio, perché a fronte di
una mia minor frequentazione e di un minor
impegno lavorativo del barbiere, supplisce
l’aggiornamento delle tariffe. Per lui sono un
cliente-tipo, esemplificazione parafrasata del
motto sessantottino “lavorare meno... pagare
tutti” (e di più).
Le barberie degli anni 2000, si sa,
sono ormai “Boutique”, dai nomi inglesizzanti
ed esotici, con vetrine dalle luci accecanti
e pavimenti maiolicati tirati a specchio, che
ti fanno sentire in colpa quando li vedi
puntellati con i tuoi ultimi ciuffetti sale e
pepe, caduti eroicamente sotto il ticchettio
inesorabile di forbici lunghe ed affusolate.
La mente ti riporta alle vecchie e care botteghe
di barbiere, lo storico “Salone”, familiare
luogo di ritrovo, di chiacchiericcio e
sottintesi, miniera inesauribile del gossip
paesano, dove l’aria era quella inconfondibile
della crema da barba al sapore di mandorla,
delle grosse insaponature e dell’ immancabile
spruzzata di dopobarba industriale, con l’amico
barbiere che a Natale ti infilava in tasca il
calendarietto profumato pieno di donnine
prosperose che puntualmente, dietro un platano,
scambiavi o confrontavi con gli amici,reduci dal
giro degli altri barbieri.
Foto Aldo
Maturo 2005
Quel pomeriggio,dunque, ero in attesa, all’ozio
involontario, perché il “Resto del Carlino”, al
solito, l’aveva preso il padre del barbiere, un
nonnetto in pianta stabile che, come il
personaggio di Bellavista, era tutt’uno con la
sedia e ogni giorno, con gli occhiali a
mezz’asta sul naso,forte del rispetto dovutogli
per l’età e la parentela, si “scannerizzava” il
giornale dalla prima all’ultima pagina,
lasciando i clienti a braccia conserte o liberi
di sfogliare riviste vecchie e sdrucite,
accatastate sotto al tavolino. Lo aveva piegato
in due, il giornale, e si aiutava nella lettura
col dito indice, ultimo terminale di una mano
pronta per lo studio anatomico del carpo e
metacarpo. Ogni tanto scuoteva la testa canuta
in segno di disapprovazione, accentuando il
disappunto con un tic fatto di toccatine alla
punta del naso.
Girò e rigirò il giornale più volte, ma
ritornava sempre sulle pagine della politica
nazionale mentre i pensieri gli si leggevano sul
volto come in un libro aperto sul leggìo. Ad un
tratto alzò gli occhi e si accorse che lo
guardavo. Lo sguardo gli si illuminò, aveva
trovato un interlocutore, alzò l’indice e mi
fece segno di aspettare. Tirò su gli occhiali
ormai in miracoloso equilibrio, ripiegò in
quattro il quotidiano e lo poggiò sul tavolino
da dove un cliente in agguato lo afferrò di
corsa. Si passò le dita scarne tra i capelli
tutti bianchi quasi a voler riordinare le idee e
muovendo le labbra inumidite scosse da un
leggero tremolio mi disse : “ Dottò, ei vist’
sa’ fann’ a Roma? (dottore, hai visto che
fanno a Roma?) Ma com’ gli vien’ ‘en ment’
de’ cangià la Costituzion dopo sessant’ann? (Ma
come gli viene in mente di cambiare la
costituzione dopo sessant’anni?) ‘E
po’, sa’ vor dì el “primariato forte? (e poi
cosa vuole dire il primariato forte?) E la
polizia? Sa’ fem’? Ogni region’ ci ’arria esse
‘na polizia? (E la Polizia? cosa facciamo? in
ogni regione ci dovrebbe essere una
Polizia?) Ma sa’ è sta devolution? E il
Welfare? (ma che cos’è questa devolution?E il
welfare?)
E giù, giù, come un fiume in piena. Cercai di
contenerlo, di spiegargli che non era del tutto
così, che dovevamo fidarci del Parlamento, che
il decentramento regionale per molte materie
c’era già da anni.
La discussione, come una scintilla in un mucchio
di sterpaglie, si animò e si allargò mio
malgrado agli altri clienti, con risultati
imprevedibili. Diceva la sua, ogni tanto, anche
un signore che si stava tagliando la barba e
che, prima di intervenire, si premurava di
alzare ogni volta il braccio per bloccare la
mano del barbiere,armata con un affilatissimo
“rasoio a mano libera”.
L’argomento era molto sentito ma la conoscenza
dei problemi era superficiale ed approssimativa.
Il “Cavaliere” era comunque al centro
dell’attenzione e contendeva la palma al “Senatur”,
ma ce n’era per tutti e per tutti i colori.
Foto Aldo
Maturo 2005
Finalmente intervenne il barbiere, da buon
padrone di casa, più preoccupato di non perdere
clienti per colpa della politica che di
proteggere il buon nome o i defunti dei
personaggi chiamati in causa.
“Avete visto che brava l’Italia? – disse
allungando la mano per alzare il volume dello
stereo - I due goal di Pirlo sono stati
favolosi, era ora che vincessimo alla grande”.
Il dado era tratto. La discussione politica si
spense e si riaccese sullo sport, come un
servizio televisivo che “sfuma” per dare spazio
ad un altro.
Lippi, Pirlo,Cassano,Buffon, Gilardino,
Materazzi. Uno per uno, per tutti un giudizio,
un voto in pagella, la descrizione meticolosa
della partita e delle tattiche,una conoscenza
perfetta della materia, mentre Francesco Renga,
in un melodioso sottofondo, cantilenava per
l’ennesima volta le belle parole del suo
sanremese “Angelo”.
Il nonnetto no, non aveva gradito il cambio di
copione. Era arrabbiato, si alzò ed uscì,
lentamente,con passo instabile,senza salutare,
cercando di accendere la pipa e borbottando
frasi incomprensibili.
Dalla vetrina, vedevo sul lato opposto della
strada la lunga batteria di tabelloni
elettorali, pieni di manifesti, di faccioni da
art studio, di slogan. Manifesti freschi di
colla accanto a manifesti mestamente ciondoloni,
tirati giù da una mano ostile, tutti invitanti,
tutti in attesa delle imminenti elezioni, frutto
del lavoro di corposi team elettorali mal
ripagato da uno splendido isolamento e da un
dilagante disinteresse.
Guardavo, pensavo, mentre cominciava a venir
giù una pioggia primaverile, improvvisa e
noiosa, che lavava il marciapiede, spazzava la
strada e bagnava insolente anche i faccioni dei
candidati, sorridenti o impudenti nelle loro
foto manifestamente datate. |