Cronista assolto chiede i danni al
querelante.
Un esempio da seguire! |
17.06.2005 |
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da
www.francoabruzzo.it
Politico senza titolo di studio
lamenta "grave campagna diffamatoria" e
chiede un miliardo di danni. Il giudice
dà ragione al giornalista: "Fatti
storicamente veri . Ironia e sarcasmo
non fanno reato".
COSENZA - Una lezione dalla Calabria. Il
giornalista si è "riservato di agire in
separato giudizio al fine di formulare
una richiesta risarcitoria per i danni
subiti a livello fisico e da immagine".
Questa iniziativa costituisce un
precedente innovativo, che i giornalisti
italiani farebbero bene a seguire,
quando vengono presi di mira
incautamente dalle cosiddette "autorità"
a scopo intimidatorio. |
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Il Tribunale civile (in composizione
monocratica con la dottoressa Rosangela
Viteritti) ha rigettato la domanda di
risarcimento danni (per un miliardo di
vecchie lire) presentata nel 2001
dall'allora presidente dell'Arssa,
Antonio Pizzini contro il giornalista
Guido Scarpino per "una grave campagna
diffamatoria perpetrata ai suoi danni"
attraverso la redazione di "numerosi
articoli (otto in tutto, ndr) accomunati
da un'unica circostanza: la diffusione
reiterata di notizie assolutamente false
e tendenziose". Antonio Pizzini è stato
difeso dall'avvocato Oreste Morcavallo,
mentre il giornalista è stato
patrocinato dall'avvocato Enzo Lo
Giudice. Era stata chiesta la condanna
del giornalista per "i danni arrecati
alla reputazione, al prestigio,
all'immagine e all'onore" del Pizzini.
In una fase successiva, tra l'altro, era
stata chiamata in causa anche la società
Il Mezzogiorno Spa (editrice del
quotidiano "La Provincia cosentina" di
cui Guido Scarpino è redattore), che si
è costituita con l'avvocato Eugenio
Conforti.
Nella sentenza si legge: "Le modalità
espressive utilizzate per descrivere e
commentare fatti, benché appaiono a
volte ironiche e sarcastiche, devono
ritenersi giustificate dall'esimente del
diritto di critica, posto che le
espressioni utilizzate, prendendo spunto
da un fatto realmente accaduto,
costituiscono il frutto di giudizi e
valutazioni personali dell'autore, che
nella qualità di giornalista ritiene di
valutare l'operato e l'attitudine dei
politici locali e dei dirigenti di
organismi pubblici, qual è l'Arssa".
Arssa sta per "Agenzia regionale per i
servizi e lo sviluppo in agricoltura"
(un vecchio carrozzone oggi forte di
appena 400 dipendenti).
E ancora afferma la sentenza: "L'intento
dell'autore - prosegue il giudice in
relazione agli scritti sulla presunta
mancanza di requisiti del presidente
dell'Arssa - sostanzialmente è quello di
rimuovere rilievi polemici sul fatto che
a capo dell'Arssa sia stato posto un
politico che non vanta titoli di studio
(avendo il Pizzini conseguito la
maturità classica) ovvero esperienza
professionale (essendo egli impiegato
della Telecom) attinenti allo scopo
sociale dell'ente predetto e non già
quello di esprimere giudizi sulla
persona del presidente, che non è stata
affatto interessata ed attaccata con
l'attribuzione di fatti disdicevoli".
La dottoressa Viteritti rileva infine
che il giornalista "non ha remore" a far
pubblicare articoli "interamente a
difesa della figura del Pizzini",
sottolineando, infine, che gli scritti
censurati rispondono ai requisiti di
verità sostanziale dei fatti, continenza
e interesse pubblico della notizia.
"Tenuto conto delle esaustive
motivazioni in ordine ad ogni punto
della domanda rigettata, le quali
appaiono incontrovertibili ed
insuscettibili di riforma, accogliendo
in pieno la tesi prospettata
dall'avvocato Lo Giudice", il
giornalista si è "riservato di agire in
separato giudizio al fine di formulare
una richiesta risarcitoria per i danni
subiti a livello fisico e da immagine".
Questa iniziativa costituisce un
precedente innovativo, che i giornalisti
italiani farebbero bene a seguire,
quando vengono presi di mira
incautamente dalle cosiddette "autorità"
a scopo chiaramente intimidatorio. |
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